Topolino #3342: Inverno cosmico
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Topolino #3342: Inverno cosmico

Si conclude l’avventura cosmica di Paperino e famiglia nello spazio alla ricerca dell’inverno rubato dagli abitanti del pianeta Kefred. Dopo aver visto nell’articolo precedente le possibilità della vita sottozero esaminando il satellite di Giove Europa e una particolare e ipotetica struttura artificiale come una sfera di Dyson, oggi vedremo un po’ cosa influenza l’alternanza delle stagioni sulla Terra.

Qua e là sugli esopianeti

Prima di scendere in dettagli scientifici, vediamo brevemente cosa accade in questo secondo episodio. I due sceneggiatori, Pat e Carol McGreal, una volta entrati nel vivo della storia, risultano più efficaci nella gestione delle informazioni, dei personaggi e del ritmo narrativo.
Archimede Pitagorico elabora una soluzione per riportare Kefred sulla sua orbita originaria utilizzando un particolare motore alimentato da un misterioso e non meglio specificato elemento raro, che si trova solo nel ghiaccio. Lasciata da parte questa perplessità, che sarebbe stata facile aggirare utilizzando l’energia nucleare, dopo un primo tentativo fallito a causa dell’incompetenza del capo scienziato di Kefred, i paperi vanno su tre pianeti ghiacciati relativamente vicini al pianeta per raccogliere quantità di tale elemento sufficienti per un secondo tentativo.
I tre pianeti presentano ambienti leggermente differenti e anche forme di vita diverse. Qui, Quo, Qua incontrano un mostro gigante a metà strada tra un drago e un caprone con muso da maiale alla ricerca di compagnia; Paperone si trova su un mondo di acqua sottozero ricca di iceberg, ma con delle sirene incantatrici; infine Paperino in un desertico mondo di neve dove vivono dei vermoni bianchi famelici. Mentre i riferimenti abbastanza classici a fantasy e Omero sono abbastanza usuali, un po’ meno usuale è il riferimento a Dune di Frank Herbert, ma in ogni caso questa risulta forse la parte migliore di tutta la storia, inclusa la prima parte, anche grazie agli ottimi disegni di Massimo Fecchi.
In questo caso, oltre alle ovvie influenze di Albert Uderzo e Giorgio Cavazzano, emergono anche alcuni tratti che sembrano ispirati a un altro maestro italiano del passato, Giovan Battista Carpi, evidenti in particolare nella sequenza dedicata a Qui, Quo, Qua. Interessante, poi, come lo scorrere del tempo da parte di Fecchi venga mostrato attraverso le deformazioni che la cupola cristallina esterna di Kefred subisce dal calore del suo sole che si fanno via via sempre più evidenti. Unica perplessità prettamente scientifica è il pianeta ricco di anelli accanto a Kefred: solitamente strutture di questo genere si trovano su un unico piano all’incirca ortogonale all’asse di rotazione di un pianeta e non sparpagliati su diversi piani, anche se è indubbio che tale scelta è particolarmente scenografica.

L’alternanza delle stagioni

Sul nostro pianeta esistono quattro stagioni principali: primavera, estate, autunno e inverno. Mentre primavera e autunno sono stagioni intermedie di passaggio, estate e inverno sono i due estremi in temperature. Le stagioni, poi, sono opposte in funzione dell’emisfero: quando in quello nord, come il nostro, è inverno, come ora, in quello sud è estate e viceversa. La stagione, però, non dipende esclusivamente dalla posizione della Terra lungo la sua orbita: quando al nord è inverno e al sud estate, siamo in perielio, ovvero nella posizione più vicina al Sole, mentre quando le due stagioni estreme si alternano siamo in afelio, ovvero nella posizione più lontana dal Sole, mentre primavera e autunno si trovano nelle posizioni intermedie. La vera differenza, infatti, la fa l’inclinazione dell’asse terrestre, che è di 23°27′ rispetto alla perpendicolare al piano di rotazione, detto eclittica.
Restiamo in inverno, la stagione attuale, per capire come l’inclinazione dell’asse influenza il clima. In questa stagione, infatti, proprio a causa dell’inclinazione, il polo Nord, più lontano dal sole rispetto al polo Sud, si ritrova in un periodo di buio perenne che dura sei mesi. La durata dell’oscurità diventa via via sempre inferiore man mano che si scende fino all’equatore e più giù fino ad arrivare al polo Sud, che si trova in una situazione di luce perenne della durata di sei mesi. La quantità di luce e la durata di esposizione alla fine influenza anche le temperature locali e dunque la circolazione dell’aria e il tempo atmosferico localmente. Se l’asse terrestre fosse stato, invece, perpendicolare all’eclittica, il pianeta non avrebbe sperimentato alcuna stagione e il clima sarebbe stato costante e non variabile, probabilmente limitando anche la variabilità biologica presente sulla Terra.
Ad ogni buon conto la sparizione improvvisa di grandi masse d’acqua, liquida o sotto forma di ghiaccio, non contribuirebbe in maniera automatica all’aumento delle temperature, almeno non ai livelli estivi visti nella prima puntata de Il furto galattico dell’inverno, ma indubbiamente influenzerebbe la temperatura media del pianeta con un riscaldamento globale generalizzato, senza dimenticare l’importanza dell’acqua non solo per la regolazione della temperatura, ma per la vita stessa.

La recensione del numero in edicola verrà pubblicata questa sera su DropSea

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