
Topolino #3336: Il cavatappi quadridimensionale
E’ da metà maggio che attendo la pubblicazione della storia uscita su Topolino #3336. Mi aveva anticipato buona parte della trama Roberto Natalini, che Roberto ha ideato insieme con Artibani(4) e che era passato a Milano per una conferenza presso il dipartimento di matematica. L’oggetto della conferenza erano gli ultimi sviluppi in un campo di ricerca aperto da Alan Turing nella parte finale della sua vita: la morfogenesi. Il cavatappi quadridimensionale, però, non c’entra un bel niente con questo argomento, ma è ben altra la base scientifica della storia.
Il modo migliore per spostarsi nel mondo
La storia, in soldoni, è semplice: i Bassotti rubano un’invenzione, il cavatappi del titolo, che permette loro di passare dalla terza alla quarta dimensione e quindi di entrare nei luoghi più protetti della nostra realtà, come banche, gioiellerie e, soprattutto, il deposito di Paperon de Paperoni. Che ovviamente viene puntualmente svaligiato. L’invenzione viene trafugata a Phil Gallis, matematico vincitore della prestigiosa medaglia Sfilz, che si unisce ai paperi per recuperare il maltolto e, ovviamente, la sua invenzione.
Come intuibile, Phil Gallis è l’alter ego disneyano di Alessio Figalli, che, come mi aveva anticipato Roberto di persona, ha fornito ben più di una semplice consulenza alla storia (infatti viene accreditato della supervisione) scritta da Francesco Artibani. Figalli, che ha ottenuto la medaglia Fields nel 2018, è un esperto di trasporto ottimale. Come spiega nell’intervista, il trasporto ottimale è uno dei campi più noti della matematica applicata: il suo obiettivo, infatti, è quello di capire quale è il modo migliore per trasportare materiali da un posto a un altro. La prima applicazione della matematica ottimale risale a Gaspard Monge. Diventato insegnante della Scuola Normale della Repubblica nel 1794, divenne matematico e ingegnere dell’esercito sotto Napoleone Bonaparte, cosa che gli causò non pochi problemi dopo la caduta di quest’ultimo. Iniziatore della geometria descrittiva, sotto Napoleone si occupò di un problema molto più pratico: il trasporto ottimale del materiale edilizio per la costruzione delle fortificazioni.
In era moderna, invece, ebbe un ruolo fondamentale nella teoria del trasporto ottimale il matematico russo Leonid Vitalievich Kantorovich, premio Nobel per l’economia nel 1975. Come intuibile dal premio vinto, Kantorovich applicò il trasporto ottimale al campo dell’economia, in particolare al trasporto delle risorse. Oggi, invece, come ricorda Figalli, il trasporto ottimale viene applicato in campi tra i più disparati, come la meteorologia o il trattamento delle immagini. Oppure il trasporto di materiale dalla terza alla quarta dimensione!
Geometria dimensionale
Ed è proprio la geometria quadridimensionale ad avere un ruolo molto più fondamentale del trasporto ottimale nella storia di Artibani e Figalli. In particolare i grandi e non citati protagonisti di questo campo sono, evidentemente, Albert Einstein e Hermann Minkowski. La relatività di Einstein, infatti, racconta di un universo costituito dal punto di vista geometrico da quattro dimensioni. Il modello, infatti, interpreta il tempo come una quarta dimensione geometrica, cui noi, esseri di tre dimensioni, non possiamo accedere, pur intuendone la presenza grazie allo scorrere del tempo. A fornire una prima rigorosa rappresentazione geometrica dello spaziotempo della relatività fu proprio Minkowski nel 1907. Il suo lavorò si sviluppò a partire dalla relatività speciale e in effetti ebbe una certa influenza negli sviluppi successivi della relatività generale, che dal punto di vista matematico è esplicitamente una teoria non euclidea quadridimensionale (e scusate per tutte queste parolacce!).
In questo caso, se quadridimensionale è abbastanza semplice da comprendere, proviamo a chiarire quel “non euclidea”. La geometria euclidea è quella del piano, in cui, se disegniamo un triangolo, la somma degli angoli interni è pari a 180°. Se, però, disegniamo su una superficie curva un triangolo sufficientemente grande, possiamo notare come la somma degli angoli interni non è più 180°, ma ha un valore maggiore su una sfera (superficie chiusa) e uno inferiore su una sella (superficie aperta). Quando accade qualcosa del genere (o quando altri assiomi della geometria euclidea non sono più validi) si parla di geometria non euclidea.
Cosa potrebbe accadere se fossimo in grado di accedere alla quarta dimensione geometrica? Molto probabilmente avremmo molto spazio per stipare oggetti tridimensionali. Tra l’altro, in questo caso, il tempo non scorrerebbe per noi viaggiatori di un universo quadridimensionale e potremmo rientrare in quello tridimensionale in qualunque istante, anche lo stesso del nostro ingresso nell’universo a dimensione superiore(1). Uno dei sistemi per accedere alla quarta dimensione è costruire un tesseratto: ne avevo già scritto in occasione dell’articolo su La dimensione delta di Romano Scarpa. Inoltre Archimede Pitagorico ne aveva costruito uno nel 1998 ne L’inutile ricerca di Paola Mulazzi e Francesco Guerrini.
Il cavatappi quadridimensionale, invece, funziona più come un wormhole: come abbiamo visto, questi può essere considerato come una porta verso un altro universo, ma anche come un passaggio verso la quarta dimensione. D’altra parte i wormhole potrebbero essere degli ottimi mezzi per viaggiare nel tempo(3), e forse non è un caso che il denaro esce dal cavatappi come un liquido che sgorga in maniera incontrollata da un rubinetto esploso. Prima di scrivere le ultime righe sulla storia, però, permettetemi di approfondire il più velocemente possibile l’ultima curiosità matematica.
Geometria piatta, forma curva
Uno dei problemi matematici più interessanti sull’universo è quello relativo alla sua forma. Fondamentalmente l’universo che osserviamo è una superficie tridimensionale immersa in uno spazio quadridimensionale: l’equivalente di un foglio di carta, che è bidimensionale (trascurando il suo spessore), nel nostro universo tridimensionale. Ora, secondo i dati estratti dalla radiazione cosmica di fondo, sembrerebbe che la geometria del nostro universo sia piatta (o euclidea)(2), andando un po’ a confliggere con il fatto che la radiazione cosmica di fondo proviene da tutte le direzioni, quindi con una simmetria sferica o comunque curva. Un modo per risolvere la faccenda è immaginare che la forma dell’universo sia quella di una superficie tridimensionale curva ma con geometria piatta. E una forma geometrica di questo genere è la bottiglia di Klein, che è esattamente la forma del cavatappi di Phil Gallis.
La bottiglia di Klein venne scoperta dal matematico Felix Klein. Questa è una superficie non orientabile immersa in uno spazio tridimensionale che ha la proprietà di possedere una sola faccia: in pratica una bottiglia di Klein non ha interno, o non ha esterno. Dipende dai punti di vista!
Una bottiglia di Klein può essere costruita deformando opportunamente un tubo cilindrico in modo tale da mettere in collegamento l’interno del tubo con il suo esterno. Questo suggerisce un’altra curiosa proprietà della bottiglia di Klein: è una superficie che interseca se stessa, il che implica che non può essere utilizzato un solo tubo per costruire una bottiglia di Klein.
Ovviamente questo non vuol dire che il nostro universo ha la forma di una bottiglia di Klein (né che costruire una bottiglia di Klein ci permetta di costruire una porta verso la quarta dimensione: come ricorda Phil Gallis, per ogni trasporto ci vuole dell’energia), ma che è sicuramente possibile, dal punto di vista matematico, che l’universo possegga una forma curva e una geometria piatta. Alcune di queste forme sono state escluse, ma ce ne sono altre che potrebbero soddisfare alla richiesta poc’anzi espressa.
Viaggiatori della quarta dimensione
La storia di Artibani e Natalini, come ormai tutte le storie della serie di Topolino Comics&Science, presenta un’ottima gestione tra i momenti di spiegazione scientifica espliciti all’azione e alla meraviglia pure in una storia di stampo fantascientifico come Il cavatappi quadridimensionale. Peraltro tale modo di scrivere ha, secondo me, positivamente influenzato lo stile stesso di Artibani, come mostrato in altre occasioni negli ultimi anni ogni volta che lo sceneggiatore romano ha utilizzato la scienza nelle sue storie. Ottima, come al solito, la caratterizzazione dei paperi, ma lascia un po’ perplessi proprio Phil Gallis. Quest’ultimo viene caratterizzato come una sorta di Archimede Pitagorico e l’unica motivazione che giustifica la sua presenza è l’omaggio allo stesso Figalli. Forse, anche a costo di gestire un personaggio in più, sarebbe stato più sensato affiancargli proprio Archimede come esecutore materiale del progetto di Phil Gallis. A parte quello che potremmo comunque considerare un difetto veniale che non incide sulla piacevolezza della storia, quest’ultima risulta efficace in ogni sua parte, sia per quel che riguarda le informazioni che fornisce, peraltro parzialmente approfondite nell’intervista a Figalli che precede la storia, sia per quel che riguarda il ritmo narrativo.
A dare forma alla sceneggiatura di Artibani troviamo Paolo Mottura. Il disegnatore, in questo caso, si deve esibire in una prova non semplice, quella di rappresentare la quarta dimensione per abitanti della terza. La sua scelta è allora quella di creare un ambiente che ricorda in parte quelli generati al computer, ad esempio in videogiochi come il classico Tron, in parte le illustrazioni dalle geometrie impossibili di Maurits Cornelis Escher.
Altre scelte efficaci sono la rappresentazione della porta quadridimensionale aperta, costituita da linee cinetiche che si muovono verso l’infinito, o le pagine del ritorno delle monete all’interno del deposito di Paperone. Particolarmente spettacolare la splash page conclusiva di quest’ultima scena che richiama al lettore più “datato” Il deposito oceanico di Marco Rota, che ritorna sulle pagine di Topolino sul numero in edicola settimana prossima.
Solo un paio di incertezze con la tuba di Paperone, che compare all’improvviso in una scena in cui non dovrebbe esserci e scompare in una scena in cui dovrebbe essere presente. Anche in questo caso due difetti veniali in una storia come al solito ottimamente interpretata da Mottura, che tratteggia Phil Gallis come un simpatico galletto, in barba all’opinione diffusa in una equivoca canzone sulla scarsa intelligenza dei gallinacei!
La recensione del numero in edicola verrà pubblicata domenica su DropSea
- Aprire il discorso su istanti precedenti al nostro ingresso ci porterebbe ai paradossi temporali. In questo caso si potrebbe limitare l’ingresso a istanti precedenti semplicemente legando l’ingresso all’accensione del cavatappi: non si può rientrare prima che questo risulti acceso. ↩
- Uso il condizionale essenzialmente per un motivo: la discrepanza tra la costante di Hubble misurata con la radiazione cosmica di fondo e quella misurata utilizzando le stelle dell’universo osservabile suggerirebbe un universo molto più complicato di così, quindi la stessa informazione sulla piattezza dell’universo potrebbe non essere così corretta. ↩
- Morris, Michael; Thorne, Kip; Yurtsever, Ulvi (1988). Wormholes, Time Machines, and the Weak Energy Condition. Physical Review Letters. 61 (13): doi:10.1103/PhysRevLett.61.1446. ↩
- A causa di un disguido, segnalato anche da Artibani su Twitter, l’accredito a Roberto del soggetto della storia è andato perso. Basandomi sui crediti ufficiali in fondo alla prima pagina della storia, pur rimandendo stupito dell’assenza di qualunque riferimento ai contributi di Roberto, ho di fatto accreditato la versione ufficiale. Ho provveduto a correggere, dopo la segnalazione, e mi scuso con Roberto e Francesco per l’errore commesso in questo articolo. ↩