Nel mezzo del cammin: Topolino e Dante Alighieri
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Nel mezzo del cammin: Topolino e Dante Alighieri

Mi rendo conto di aver trascurato un po’ il Cappellaio Matto. Recupero però un po’ di terreno con un articolo omnicomprensivo dedicato alla storia dedicata recentemente da Topolino a Dante Alighieri. L’articolo è la somma delle quattro parti uscite tra settembre e ottobre su DropSea (parte 1, parte 2, parte 3, parte 4).
L’occasione per il recupero è l’uscita della puntata di CosmoBrain dedicata proprio a Dante Alighieri cui sono stato ospite.

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Il pranzo toscano dei paperi prima di affrontare il viaggio dantesco

Il centounesimo canto, che conclude quella trilogia italiana di cui Alex Bertani aveva parlato in una delle sue prime conferenze stampa da nuovo direttore di Topolino.
Questa nuova storia a puntate, infatti, riporta i paperi in Italia, questa volta sulle tracce di Dante Alighieri. Il team di Paperopoli si riunisce con quello di Adalbecco Quagliaroli per cercare un fantomatico centounesimo canto scritto dal sommo poeta, disneyzzato per l’occasione in Dante Anatrieri.
I disegni, assegnati come già avvenuto per Leonardo Da Vinci e Raffaello Sanzio ad Alessandro Perina, vengono in questo caso affiancati dai testi di Alessandro Sisti. Quest’ultimo riprende i personaggi introdotti da Enna per le storie precedenti, aggiungendo alla combriccola un dantista amico di Quagliaroli e, giusto per complicare un po’ la faccenda, manda in giro per la Toscana anche la sorella di Adalbecco, Peppina.

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I paperi arrivano a Forlì

La storia risulta scorrevole e con alcuni punti interessanti. Sisti, inoltre, non rinuncia, per fortuna, al racconto dei problemi politici di Dante: d’altra parte l’attività politica del poeta è una parte fondamentale della sua biografia. Unico elemento che lascia parecchio perplessi è l’introduzione dei "retrocchiali", dei visori ideati da Archimede che, settati con le giuste informazioni temporali, permettono di osservare quanto avveniva in epoche storiche differenti. Il grosso problema nell’introduzione di questo elemento è la sua esplicita rottura con il genere, quello del romanzo storico, che dovrebbe essere il riferimento de Il centounesimo canto. La storia del passato, infatti, nei romanzi storici o è mostrata tramite flashback o attraverso la ricostruzione grazie alla ricerca e al ritrovamento di documenti perduti (e ovviamente inesistenti, visto che di un romanzo stiamo parlando), che poi era la base delle due storie precedenti scritte da Bruno Enna.

In viaggio con Dante

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Dante Alighieri in un dipinto di Sandro Botticelli
Ritenuto il precursore della nascita della lingua italiana, Alighieri ha vissuto una vita piuttosto interessante e politicamente molto impegnata. In questo senso la sua Commedia è non solo un’opera religiosa, ma anche politica, a testimonianza della forte influenza della religione cattolica sul territorio italiano dell’epoca. E proprio la parte politica della storia di Dante è quella che Sisti ha cercato di mettere in evidenza nel Centounesimo canto. La storia, infatti, segue le mosse di un Dante in esilio da Firenze a causa delle lotte intestine tra le fazioni dei guelfi bianci e dei guelfi neri (nello specifico Dante era un bianco). Nel suo peregrinare, il poeta giunse a Ravenna, città dove morì il 14 settembre del 1321, nonché la città in cui si svolge parte dell’episodio conclusivo.
Il viaggio nel corso delle quattro settimane ha portato il gruppo in città come Forlì, dove Dante soggiornò nel corso del 1304, da dove si spostò successivamente verso Bologna nel 1305 e quindi Padova nel 1306. Proprio quest’ultima è la seconda tappa del viaggio dei paperi. Sede di una delle università più antiche del mondo, è stata anche la "casa" di Galileo Galilei per una parte consistente della sua vita, dal 1592 al 1610. Ed è proprio qui che Dante incontra uno dei suoi migliori amici, il pittore Giotto, mentre sta ultimando la pittura della Cappella degli Scrovegni.
Dante, però, nel corso delle sue peregrinazioni non si ferma. Continua, infatti, a spostarsi fino ad arrivare a Verona, sede della terza tappa, presso la corte di Cangrande della Scala. Quello veronese è un soggiorno relativamente lungo, durato cinque anni, dal 1310 al 1315. A legare i due era un profondo rispetto e una sincera amicizia, tanto che il poeta esaltò le qualità di Cangrande nel XVII Canto del Paradiso per bocca del suo avo Cacciaguida degli Elisei.
Come anticipato, i cacciatori dell’ultimo tesoro letterario dantesco si spostano da Verona a Ravenna, dove Dante giunse nel 1318 al servizio di Guido Novello da Polenta, per il quale ricoprì un ruolo non molto diverso da quello di ambasciatore, cosa che lo portò ancora a viaggiare, come ad esempio alla volta di Venezia, come vediamo nel corso del primo tempo del quarto episodio del Centounesimo canto. Per gli storici non è ben chiaro il motivo dello spostamento da Verona a Ravenna, ma, visto che i rapporti con la città scaligera rimasero comunque molto buoni, l’ipotesi formulata dallo storico Augusto Torre di una missione politica suggerita da Cangrande potrebbe non essere sbagliata.

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Dante in partenza in missione verso Venezia

Due parole sulla storia

Nel complesso, nonostante Sisti non sia riuscito a trovare nulla di meglio di un espediente tecnologico, i retrocchiali, per far (ri)scoprire la storia di Dante ai paperi, la storia riesce a raccontare l’esilio dantesco in giro per l’Italia, mostrando anche un aspetto poco noto del poeta, quello del combattente. La storia, poi, che vede i paperi alla ricerca di un manoscritto perduto, è anche quello che ha rischiato di essere la Divina Commedia: il manoscritto originale dell’opera è, infatti, andato perduto e quella che leggiamo oggi si basa su 700 copie dell’originale distribuite tra il XIV e il XV secolo(1).
Ad ogni buon conto, nonstante le perplessità sui retrocchiali, la storia è risultata piuttosto convincete. Sisti ha anche mantenuto il prologo storico presente nelle storie di Bruno Enna, anche se in questo caso non erano centrate sul personaggio storico approfondito nel corso delle quattro puntate, ma sui suoi nemici fiorentini. Lo sceneggiatore, poi, si è divertito nell’usare tracce della lingua dell’epoca, che con il confronto con la traduzione nelle didascalie mostra in maniera evidente le origini della nostra lingua (le battute, in effetti, non erano incomprensibili).
Nel complesso la storia è risultata un po’ più serrata come ritmo, e con un soggetto alla Dan Brown, grazie alla presenza di un fantomatico ultimo guelfo, minaccia che, però, come si scopre nel finale, era molto meno pericolosa del previsto. In questo senso la scelta di Sisti risulta molto più efficace del classico complotto in storie di genere, perché contribuisce a celebrare degnamente il vero protagonista della storia.
Inoltre i disegni di Perina risultano, come già negli altri due omaggi della trilogia italiana, sempre efficaci sia nella descrizione visiva delle ambientazioni storiche, sia nel rappresentare i personaggi con efficacia e coerentemente con quanto avviene nel corso della storia.
Ultima curiosità è il nome legato alla più famosa opera dantesca: l’aggettivo Divina alla Commedia fu Giovanni Boccaccio, lo stesso che trasformò Durante di Alighiero degli Alighieri nell’oggi universalmente noto Dante Alighieri(1)!


  1. Curiosità su Dante Alighieri ↩︎ ↩︎

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