
Flash: Correre in verticale
Dopo aver capito come Flash riesce ad afferrare i proiettili in volo, facciamo un salto in avanti nel tempo di un paio di decenni per “incontrare” il Flash più famoso di tutti, Barry Allen, il secondo personaggio della DC Comics a vestire il manto del velocista scarlatto.
Fa il suo esordio su Showcase #4 dell’ottobre del 1956, creato da Robert Kanigher e Carmine Infantino. La storia d’esordio inizia con una postazione militare che, osservando il radar, rileva un punto che si muove a una velocità altissima, oltre il muro del suono, solo che questo oggetto non si sposta in aria, ma sulla terra.
Subito dopo ecco che viene presentato il protagonista del serial: Barry Allen è uno scienziato che lavora nella polizia, in pratica, senza i poteri, sarebbe un personaggio perfetto per CSI.
In un momento di riposo sta leggendo Flash Comics #1, l’albo su cui ha esordito Jay Garrick, senza immaginare che pochi minuti dopo un fulmine avrebbe colpito l’armadietto dei composti chimici del laboratorio, facendogli perdere i sensi. La combinazione di quelle sostanze insieme con l’energia del fulmine permise allo scienziato, come Barry scoprì uscendo dall’ufficio, di acquisire il potere della supervelocità. Le sue prime imprese sono legate alla scoperta dei suoi stessi poteri: riuscire a correre più veloce di un’automobile o afferrare al volo il contenuto di un vassoio che sta per cadere a terra.

da Showcase #4
Tutta questione d’attrito
Mentre nel secondo caso funziona lo stesso ragionamento dei moti relativi che abbiamo visto per i proiettili, nel caso della corsa bisogna ricordare che questa è possibile solo grazie all’attrito. Questa è una forza che si oppone al moto e che dobbiamo vincere tutti quanti per poterci muovere. E in realtà senza questa forza non potremmo muoverci: basta pensare a cosa accade quando, in inverno, mettiamo un piede su dell’acqua ghiacciata. In quel caso sperimentiamo in maniera più o meno dolorosa il principio di inerzia.
Non è un caso che John Broome e (sempre) Carmine Infantino nella seconda storia di Showcase #8 idearono Capitan Gelo, storico avversario di Flash, che lo metteva in difficoltà proprio grazie alle sue pistole congelanti che creavano sotto i piedi del velocista scarlatto uno strato di ghiaccio che gli impediva di aderire al terreno e quindi di muoversi a supervelocità.

da Showcase #8
Dal punto di vista matematico, l’attrito è definito come
dove è la costante di attrito (si distingue tra statico e dinamico) e
è la componente della forza peso perpendicolare al moto. Si fa questa distinzione perché, nel caso in cui ci muovessimo lungo una salita, la forza peso perpendicolare sarebbe inferiore rispetto al nostro peso in pianura proprio a causa della pendenza1 e quindi anche l’attrito sarebbe via via più piccolo all’aumentare della pendenza fino a diventare nullo lungo una parete verticale.
Però nella storia d’apertura di Showcase #8, sempre di Kanigher e Infantino, vediamo Flash correre lungo il muro esterno di un grattacielo per muoversi verso l’alto. Come ci riesce?
Senza piedi (o quasi)

da Showcase #8
E se deve superare un grattacielo?
In effetti il nostro Barry Allen, per poterlo superare, non può poggiare il piede sulla parete, perché altrimenti non avrebbe la trazione per issarsi, ma deve avere già in partenza la velocità necessaria per compiere un salto in alto superiore al grattacielo stesso, oltre che la forza muscolare per modificare il moto da orizzontale a verticale. Dimenticandoci di questo piccolo dettaglio, se proviamo a fare i calcoli, la velocità necessaria per superare, per esempio un palazzo alto 200 m, è di 63 m/s, ovvero poco più di 220 km/h, abbondantemente alla portata di Flash.
Quindi in realtà Flash non avrebbe alcuna necessità di correre lungo la parete di un grattacielo: allora i movimenti dei piedi lungo la parete, più che un errore di fisica, consideriamolo una “licenza poetica” dei disegnatori!
Allora perché facciamo più fatica a muoverci in salita? Essenzialmente perché la nostra energia viene spesa per vincere la gravità e passare a un livello di energia potenziale inferiore ↩