Antinea, regina di Atlantide
Mentre ormai mancano poche ore all’uscita in tutta Italia di Topolino #3179, numero speciale per Lucca Comics&Games 2016 con la prima parte della parodia Duckenstein di Bruno Enna e Fabio Celoni, con l’occasione dell’uscita della recensione della seconda parte de Il raggio di Atlantide di Casty, scritta dall’amico Andrea Bramini, ho pensato di scrivere una piccola nota di accompagnamento.
La storia di Esperia
A differenza della versione tradizionale del mito di Atlantide1, secondo cui tutte le prime civiltà umane sono da considerarsi colonie atlantidee, Casty costruisce la parte storica sulla tesi che, in realtà, Atlantide aveva fondato una serie di colonie ben prima della sua distruzione. Ne Il raggio di Atlantide incontriamo proprio una di queste colonie, Esperia, che altro non è se non l’antico nome dell’Italia.
Per quel che riguarda la scomparsa della civiltà atlantidea, Casty sposa l’ipotesi della catastrofe cosmica avvenuta intorno al 9500 a.C. e divulgata in Cataclysm!: Compelling Evidence of a Cosmic Catastrophe in 9500 B.C (1997) di D. S. Allan e J. B. Delair2 che avrebbe alterato il clima del pianeta, ponendo le basi per le leggende legate al diluvio universale.
Tin Hinan, regina dei Tuareg
Una delle protagoniste, per quanto non in carne e ossa, di questa terza puntata della ricerca del mitico continente perduto intrapresa da Eurasia Tost insieme con Topolino e Pippo, è la regina di Atlantide, Antinea, personaggio ideato dallo scrittore francese Pierre Benoît per il romanzo L’Atlantide3 del 1919.
La bella regina è un personaggio forte, quasi mistico e vendicativo. La sua missione è quella di far innamorare e poi far morire giovani uomini provenienti dall’esterno, una sorta di vendetta contro i conquistatori che seducono e poi abbandonano le regin di regni lontani:
Avete veramente dimenticato fino a che punto le belle regine barbare dell’antichità hanno avuto a lagnarsi degli stranieri che la ventura spinse alle loro rive? (…)
Quei signori usavano largamente della bellezza della regina e delle ricchezze. Poi, una bella mattina sparivano. E la delusa poteva dirsi ben fortunata se l’amico, avendo ben segnato il posto, non ritornava con navi e truppe di occupazione.
Era tempo che i figli di Iafet saldassero alle figlie di Sem quei formidabili conti di offese. Ed ecco che è sorta una donna (…) ella chiama a sé gli uomini più giovani e più valenti. (…) Di quei giovani audaci, ella prende quello che possono dare.
Presta il suo corpo, ma con l’anima li domina.
Fino alla morte:
Muoiono tutti d’amore quando vedono che il loro tempo è finito e che Cegheir-ben-Cheikh parte alla ricerca di altri. Parecchi sono morti dolcemente, con grosse lacrime negli occhi. Non dormivano e non mangiavano più.4
La caratterizzazione della regina ricordò al critico letterario Harry Magden quella de La donna eterna di H. Rider Haggard, romanzo in due parti uscito tra il 1886 e il 1887. L’accusa di plagio da parte del critico spinse Benoît a intentare una causa che però perse.
D’altra parte la più che probabile fonte per le due protagoniste dovrebbe essere Tin Hinan, mitica regina dei Tuareg, popolo di cui Benoît conosceva bene usi e costumi.
Da quel poco che si sa sulla figura storica, sembra che:
Tin Hinan sarebbe stata una nobile donna musulmana, giunta nella regione dell’Ahaggar provenendo dal Tafilalet (una regione del sud del Marocco) in compagnia di una ancella, Takama, in un’epoca in cui la regione era ancora abitata dagli Isebeten, il popolo che precedette su queste terre gli odierni Tuareg. Questi Isebeten erano molto ingenui e primitivi, praticavano l’idolatria e parlavano un dialetto berbero considerato “rozzo” dai tuareg.
L’aspetto particolare della storia di Tin Hinan risiede, però, nel suo ruolo guida all’interno della comunità:
Contrariamente agli usi delle altre popolazioni islamiche la società tuareg dava grande spazio alle donne, che non si velavano (a differenza degli uomini), che avevano una libertà di costumi impensabile, e oltretutto erano titolari del diritto di trasmettere il potere ai capi supremi (amenukal) per via matrilineare.
L’Antinea di Marco Gervasio
Un altro autore disneyano prima di Casty ha utilizzato Antinea: in Fantomius d’Egitto, su Topolino 3142, Marco Gervasio realizza una vera e propria parodia del romanzo di Benoît5 bella ed evocativa anche grazie alla usuale colorazione retrò della serie, in questo caso particolarmente efficace.
Antinea compare giusto in una manciata di vignette, dove si dimostra particolarmente intrattabile!
Forgiata dal libro del 1882 Atlantis, the Antediluvian World di Ignatius Donnelly ↩
Per avere un’idea di quanto questa tesi sia stata considerata da un punto di vista scientifico, suggerisco di dare un’occhiata su 10th millennium BC su en.wiki. Ad ogni buon conto vi segnalo anche un estratto da The Mayan Code: Time Acceleration and Awakening the World MInd di Barbara Hand-Clow ↩
Per chi volesse leggerlo, segnalo la traduzione in inglese del 1920 Atlantida ↩
Passi tratti dall’articolo L’Atlantide di Pierre Benoît ↩
Il riferimento a Totò sceicco, film del 1959 di Mario Mattioli, citato da Salimbeti, secondo me è molto meno evidente a causa della coincidenza della trama della storia di Gervasio con il romanzo di Benoît ↩