Alberto Corradi è un poliedrico autore, che non si ferma mai e suddivide la sua inesauribile energia in numerosi progetti. Autore di fumetti, illustratore, graphic designer, curatore, traduttore, redattore: queste sono solo alcune delle definizioni che gli si possono attribuire e, in mezzo a tutto questo, dal 2011 al 2016 ha curato per il Treviso Comic Book Festival la mostra-evento principale della manifestazione dedicata a un paese straniero ospite. L’anno scorso è stata la volta della Gran Bretagna con Land Escapes: visioni & evasioni dal Regno Unito, co-curata col giornalista e storico del fumetto Paul Gravett. Considerati i nostri reciproci interessi e le passate collaborazioni, ho pensato di scambiare quattro chiacchiere via Skype per domandargli come era andata questa esperienza targata 2016, nonché per chiedergli di presentarci e parlarci degli autori selezionati.
A che quota siamo arrivati con questa mostra organizzata per il Treviso Comic Book Festival?
Questa è la sesta (e l’ultima ad avvalersi della mia direzione artistica). In precedenza ci siamo focalizzati su Svezia, Nuova Zelanda, Danimarca, Portogallo, l’anno scorso sull’Olanda, con Joost Swarte e la retrospettiva dedicata a Peter Pontiac, purtroppo scomparso pochi mesi prima, e quest’anno…
La Gran Bretagna…
Sì, il Regno Unito, rappresentato nella sua quasi interezza. L’unica parte che resta fuori è l’Irlanda, mentre tutte le altre sono presenti. Dalla Scozia al Galles, dal Kent al Leicestershire…
Com’è nata la decisione di scegliere il Regno Unito, terra di numerosi autori di fumetti, dopo avere selezionato dei paesi che, pur presentando disegnatori di alto livello, non sono i primi luoghi che vengono in mente quando si pensa al fumetto?
Il desiderio di realizzare una mostra sulla Gran Bretagna, mantenendo le caratteristiche di tutte le esposizioni che avevo organizzato in precedenza, c’era già da un po’. Volevo utilizzare gli Spazi Bomben della Fondazione Benetton Studi e Ricerche con il consueto taglio trasversale che do a questi eventi, ovvero una visione a 360 gradi che spazia dall’underground fino al mainstream, generando però tutti i collegamenti che toccano i singoli autori. Questo aspetto, tra l’altro, è stato sottolineato molto bene da Paul Gravett durante la conferenza che si è svolta nella mattinata di domenica 25 settembre: Paul ha indirizzato in modo egregio la discussione con gli ospiti inglesi (Dave McKean, Tula Lotay, Gary Spencer Millidge, Chris Reynolds e Hunt Emerson) proprio su questo punto. Io ho fornito lo spunto perché il tessuto vivo connettivo che collega la storia del fumetto anglosassone è tale che si intreccia con le vite di tutti gli autori che abbiamo selezionato per Land Escapes, elemento che si è disvelato attraverso la mostra e nelle parole degli autori durante la conferenza.
Molti lettori italiani tendono a confondersi e ad affermare – un errore che ho sentito fare molto spesso – che un personaggio come Judge Dredd è americano, mentre è inglesissimo, così come lo è la sua gestione: la Fleetway ha venduto i diritti di tutti i personaggi di «2000AD» alla Rebellion, che continua a mantenere la base in Inghilterra. Negli Stati Uniti invece, oltre agli sporadici team-up come quelli con Batman o Aliens, esiste un mensile pubblicato dalla IDW che realizza e pubblica materiale nuovo, appositamente creato per il mercato americano.
Gli italiani non hanno mai avuto una visione complessiva della storia del fumetto inglese e di che cosa fosse: molto materiale è passato per le mani dell’editoria italiana, ma tanti lettori sono sempre stati convinti che determinati disegnatori inglesi fossero in realtà americani. Una cosa che mi ha fatto molto piacere è che sia al vernissage che alla conferenza molte persone si sono congratulate, ringraziando perché ignoravano che la storia del fumetto inglese fosse così radicata e connessa con il mercato mondiale ed europeo.
Nel complesso, tutti gli autori in mostra offrivano una bella panoramica di quella che si può considerare la scena britannica. C’era il fumetto indipendente e il mainstream con Brian Bolland, Sean Phillips e Gary Erskine… se vuoi, possiamo includere nel mainstream – anche se per me non lo sono – anche David Lloyd e Bryan Talbot. Talbot ha iniziato con l’autoprodotta «Brainstorm Comix», mentre Lloyd adesso ha il suo progetto editoriale, Aces Weekly, che produce e presenta il prodotto d’autore proprio come si faceva una volta in Inghilterra, permettendo agli stessi autori di sostentarsi senza rimetterci economicamente, visto che il guadagno finisce a loro.
Detto questo, aggiungo che tra le tavole presenti a Land Escapes non c’era traccia di super-eroi.
Toglimi allora una curiosità. Sarà che qui a Edimburgo le fumetterie non sono eccezionali, sarà che le fiere del fumetto che ho visto sono una pallida copia di quelle italiane, ma l’idea che mi sono fatto è che il grosso della produzione degli autori inglesi sia suddiviso tra il mercato americano e la rivista «2000AD» che, nonostante tutto, è sempre un prodotto mainstream. A differenza di paesi come il nostro, sembra che in Gran Bretagna non sia molto diffuso l’interesse a realizzare un fumetto diverso. Infatti gli altri autori… anche quelli piccoli… tendono a fare storie di genere. In quello che mi dici, invece, sembra che ci siano degli elementi diversi, rispetto alla suddivisione tra Stati Uniti e «2000 AD» che vedevo io.
È un mondo molto complesso quello a cui ti riferisci, che appare magari in alcune convention o in certi negozi di fumetti. Però, per fare un esempio, ci sono eventi come la fiera di Bristol o quella di Birmingham, dove probabilmente la presenza di pubblico è meno rilevante rispetto agli happening a cui siamo abituati in Italia, ma in cui l’autoproduzione è presente e il ricambio degli autori è molto vivace.
Non sempre si tratta di disegnatori mainstream, sebbene alle volte capita che ce ne siano. Basti pensare a Kate Brown, una delle autrici indipendenti più giovani presenti a Land Escapes: ha disegnato vari libri che hanno riscosso un ottimo successo ‒ tra l’altro, anche finanziati da un organo come l’Arts Foundation ‒, ha vinto concorsi, e via dicendo. C’è un’attività che da noi non esiste riguardo il finanziamento di alcuni libri o concorsi, che Paul Gravett menziona nel testo introduttivo che accoglieva i visitatori della mostra. Anche il Comica Festival ha messo in moto una sinergia atta a finanziare storie brevi raccontate in formato striscia, come anche Fish + Chocolate, uno dei libri di Kate Brown: grazie a quei fondi è stato possibile pubblicare la prima tiratura di 300 copie…
E a ben pensarci i super-eroi a Land Escapes erano presenti su due tavole: una copertina di Animal Man di Bolland e una da un numero della serie Young Avengers che Kate, pur provenendo dal mercato indipendente, ha illustrato per la Marvel con il suo stile che ibrida il fumetto anglosassone con quello di ispirazione manga; a conferma di questa sua inclinazione, si potevano ammirare in mostra due tavole della nuova storia Fee Fie Foh, disegnata per la Kodansha e presente nell’antologia Attack on Titan Anthology.
Ho l’impressione che questo mondo di autori sia più seguito all’estero che nella stessa Gran Bretagna. Hunt Emerson mi raccontava di aver partecipato alla convention di Birmingham, dove al suo incontro, a cui erano presenti anche altri autori, è intervenuto pochissimo pubblico. Per cui molti di loro sono rimasti colpiti dalla sala gremita in occasione della conferenza il giorno dopo il vernissage inaugurale di Land Escapes, e ne erano felicissimi, senza contare che solo nei primi due giorni della mostra si sono registrati oltre 1.200 visitatori.
Chris Reynolds non veniva invitato a un festival da vent’anni ed era entusiasta di una simile risposta di pubblico, come anche Gary S. Millidge, che ha ripreso da poco la serie Strangehaven all’interno della rivista «Meanwhile»…
Sì, ho visto… purtroppo però la testata sembra essersi già interrotta.
Sai bene com’è la situazione. Lui, come tanti, lavora per committenti molto grossi, svolge lavori di grafica, per cui fatica a dare continuità al suo lavoro su Strangehaven. Avrebbe bisogno, per sua stessa ammissione, di un finanziamento solido per lavorare un anno, un anno e mezzo e chiudere la serie. Anche perché ormai manca poco, mi diceva. In questo momento la rivista è ferma, però bisogna vedere cosa potrà avvenire in futuro… [NB. Durante la revisione di questa intervista, è stata diffusa la notizia che all’inizio del 2017 la rivista «Meanwhile» dovrebbe riprendere la pubblicazione con un nuovo formato e una nuova foliazione.]
Ci sono stati grandi exploit del fumetto autoprodotto inglese negli anni Zero. Per esempio, una delle riviste di più lunga durata, «Sturgeon White Moss», che veniva prodotta dall’editrice indipendente Sylvia Farago, ha avuto il merito di essere stata una delle prime ad aver proposto il lavoro di Tom Gauld. Era una pubblicazione molto bella, e lei una persona molto in gamba: era riuscita anche a pubblicare Sof’ Boy di Archer Prewitt e altri autori della Drawn & Quarterly. È tutto inserito profondamente nella storia del fumetto britannico, ed è per questo che continua a esistere una forte presenza di creatori come Stephen Collins, Tom Gauld, o la stessa Posy Simmonds, che lavorano per testate giornalistiche, una su tutte: «The Guardian». Per cui, da un lato c’è l’autoproduzione, che è ancora presente e viva, e dall’altro lato c’è tutto questo mondo variegato.
Ho l’impressione, e non vorrei dire una castroneria per cui prendila cum grano salis, che alcuni libri autoprodotti siano distribuiti anche nel circuito di grandi gruppi come Barnes & Nobles o Waterstones, mentre case editrici come Harper & Collins e Jonathan Cape continuano a produrre cose interessanti attingendo proprio da questo universo. Credo che questi fattori contribuiscano a mantenere accesa la scintilla del fumetto indipendente in Gran Bretagna anche presso il pubblico dei frequentatori delle librerie di varia, oltre all’apporto di manifestazioni emergenti come l’ELCAF e il Comica Festival.
Paul Gravett ed io abbiamo selezionato diciotto autori che riassumono quasi quarant’anni di storia. A detta di Paul, poi, questa è stata la più grande mostra mai dedicata al fumetto inglese sul Continente, a parte quella organizzata ad Angoulême, mi pare di aver capito, nel 1986 o giù di lì… comunque non oltre i primi anni Novanta. C’è stata di recente un’esposizione a Monaco di Baviera, ma non ampia come la nostra, e poi diverse personali, come quelle di Dave McKean a Milano all’inizio degli anni Zero e, successivamente, a Napoli. La notizia della mostra ha avuto un’ottima eco anche sugli operatori del settore in madrepatria.
Com’è nato il tema della mostra, Land Escapes, che trovo abbia un titolo molto bello, con un gioco di parole raffinato e intrigante?
La Fondazione Benetton ha sempre avuto come obiettivo la ricerca del paesaggio, per cui una mostra contestuale a questo tema si adattava benissimo a quello che è lo spazio fisico della galleria della Fondazione. Finora non c’era mai stata l’occasione, mentre in questo frangente, ragionando sul paesaggio e su quello che è il materiale disponibile sia del fumetto del Regno Unito che degli autori selezionati, avevamo di fronte una prospettiva enorme.
L’ho suddivisa in tre aree tematiche (Countryside, Città, Alberi) e a ogni autore abbiamo chiesto dei materiali che avessero delle caratteristiche specifiche. Abbiamo inviato una lista delle tavole e illustrazioni che ci interessavano: alcuni ci hanno fornito in linea di massima quanto richiesto, altri avevano già venduto gli originali per cui hanno proposto delle alternative, mentre altri ancora ci hanno fatto pervenire direttamente le loro scelte. In tutte le tavole esposte si trovano città, sia tradizionali, composte di cemento e mattoni, sia fisiche, cioè “città di carne”.
Per esempio, Gary Erskine è stato gentilissimo e ha concesso in prestito una meravigliosa doppia tavola da Transmetropolitan, letteralmente una città di corpi, perfettamente in linea con la mostra. È stato ulteriormente gentile perché nella selezione ha inserito anche una tavola del 1986 tratta da Knights of Pendragon, il primo fumetto che ha pubblicato per la Marvel UK. Il suo è stato uno degli esordi più celebri, ed è la prospettiva di una città futuribile con dei mega palazzi che esplodono. Ormai comincia a sbiadire perché inchiostrata con il pennarello, ma resta una tavola potente ed è interessante che nella nostra mostra sia presente questo taglio trasversale tematico, per l’argomento della mostra, e storico, per l’importanza che ha avuto per l’autore e per il fumetto britannico.
Diciamo che il titolo Land Escapes mi è stato suggerito da una riflessione su tutti gli autori che volevamo invitare, selezionati attraverso il confronto avuto con Paul.
Quando le cose si sono finalmente concretizzate e abbiamo avuto gli autori qui, si sono create delle situazioni molto belle. Una quantità di lettori e disegnatori sono andati da Chris Reynolds, l’autore di Mauretania, per ringraziarlo. È stato un momento magico quando Alessandro Baronciani, quasi tornato ragazzino, mi si è avvicinato chiedendomi se c’era Chris Reynolds, gliel’ho confermato e presentato. Durante quell’incontro, Alessandro gli ha detto che se aveva iniziato a fare fumetti era perché aveva letto Mauretania, e Chris era ovviamente felicissimo della cosa…
Su Chris Reynolds sembra esserci una rimozione. Poco tempo fa è stato pubblicato The Mammoth Book of Cult Comics, un libro antologico curato da Ilya sulle gemme nascoste e dimenticate del fumetto underground britannico, e lui non è presente.
Come dicevo poco fa, erano vent’anni che nessuno lo invitava a un festival, e ti consiglio di andare sul suo sito e leggere Chris Reynolds: an appreciation, la bellissima introduzione di Seth (autore di La vita non è male, malgrado tutto, Coconino Press), che avrei voluto tradurre per la mostra. Seth ragiona sul fatto che Chris Reynolds è uno dei più grandi e sottovalutati autori di fumetto della storia mondiale ed è stato un antesignano, troppo in anticipo sui tempi. Sicuramente quello che traspariva da parte degli altri artisti presenti a Treviso era la stima, anche da parte dello stesso McKean. Ma allo stesso tempo non fatico a capire perché lui sia stato in un certo senso “dimenticato”, in quanto fisicamente distante dal mercato editoriale. Adesso ha una vasta produzione che posta in rete sul suo sito, ma a mio modesto parere il prodotto, per quanto sempre interessantissimo, forse risente della mancanza di un dialogo regolare con una struttura editoriale e con un redattore. Chris è stato gentilissimo: mi ha fornito in digitale tutto il Mauretania pubblicato in passato dalla Penguin, per cui alla fine ho stampato una sequenza di quattro tavole unitamente ad alcune delle storie migliori apparse sul sito.
Tu e Paul avete selezionato gli autori seguendo determinati criteri: c’è qualche disegnatore che avresti voluto avere ma che per ragioni diverse – logistiche, precedenti impegni già presi, ecc. – non siete riusciti a coinvolgere?
La selezione originale che avevo stilato era un po’ diversa e la lista finale è nata proprio da questo continuo confronto e scambio di opinioni. Sono contento, per esempio, che Paul abbia suggerito il nome di Kate Brown, un’autrice che già conoscevo ma che in quel momento non avevo ancora preso in considerazione perché stavo ragionando su altre cose. Lui ha spinto, facendo bene, verso determinate direzioni. Sono stato molto felice di aver presentato al pubblico ben sei autrici: Gemma Correll, Tula Lotay, Posy Simmonds, Kate Brown, Anna Berry e Carol Swain.
Colgo la palla al balzo e ti chiedo allora di presentarci queste autrici.
Andando in rigoroso ordine alfabetico, abbiamo Hannah Berry, che è un vero e proprio vulcano di attività: autrice di fumetti, illustratrice, scrittrice e podcaster. Oltre ad aver collaborato a diverse antologie, sta finendo il suo terzo graphic novel, in uscita il prossimo anno, mentre il primo è stato pubblicato in Italia qualche anno fa con il titolo Una morte sospetta (Guanda).
Kate Brown ha una spiccata passione per il manga, come si può notare dallo stile con cui ha illustrato storie come The Spider Moon o il suo adattamento di Sogno di una notte di mezza estate. Famosa per il già citato graphic novel Fish + Chocolate, ha serializzato una lunga storia nel settimanale per ragazzi «The Phoenix» e ha disegnato il sesto numero di Young Avengers, su testi di Kieron Gillen.
Gemma Correll è una scrittrice e illustratrice famosa soprattutto per le sue strisce e le sue vignette su cani e gatti, pubblicate in italia da Logos, Giunti-Demetra e Fabbri. Al momento, pubblica due serie digitali più una su carta per «Open Skies», la rivista della compagnia aerea Emirates Airlines.
Tula Lotay ha collaborato a un paio di testate della DC Comics e della Image, ma soprattutto ha realizzato un numero incredibile di copertine. L’opera che l’ha resa famosa è la riscrittura di Warren Ellis Supreme: Blue Rose (RW Lion), e al momento sta realizzando una nuova storia su testi dello stesso sceneggiatore britannico. Al disegno affianca anche l’attività di direttrice del festival Thought Bubble [thoughtbubblefestival.com], una delle manifestazioni fumettistiche britanniche più interessanti, che ha luogo a Leeds.
Posy Simmonds è senza dubbio l’autrice di fumetti britannica più famosa, grazie ad alcuni bellissimi romanzi a fumetti, adattati in maniera egregia anche al cinema, come Gemma Bovery (Hazard Edizioni) e Tamara Drewe (Nottetempo), e originariamente pubblicati a puntate sul quotidiano «The Guardian». Questi due libri non sono state le sue uniche collaborazioni con il celebre quotidiano, poiché l’autrice aveva iniziato a lavorare per loro addirittura negli anni Settanta, soprattutto con tavole autoconclusive che satireggiavano il mondo letterario.
Infine, abbiamo Carol Swain, inglese di nascita ma gallese di adozione che, dopo essersi autoprodotta la serie Way Out Strips, ha collaborato con alcune testate e ha pubblicato alcuni graphic novel per Fantagraphics Books, di cui l’ultimo, Gast, è uscito un paio di anni fa.
E proseguendo con gli autori…
Brian Bolland, come diversi altri fumettisti presenti a Land Escapes, non ha certo bisogno di presentazioni: l’amicizia con Dave Gibbons lo aiutarono a ottenere i primi lavori per «2000AD», ma poi la sua bravura e la sua precisione lo fecero notare sia dagli addetti ai lavori che dai lettori di tutto il mondo. Conosciuto soprattutto per le sue splendide copertine per serie come Wonder Woman, The Invisibles o Animal Man, è anche il disegnatore di Batman: The Killing Joke (RW Lion), la famosa storia sul Joker scritta da Alan Moore.
Stephen Collins è il bravissimo autore inglese de La gigantesca barba malvagia (Bao Publishing), che collabora su base settimanale per il «The Guardian Weekend Magazine» con una striscia che mescola l’allegoria sociale e le metafore della vita, parzialmente raccolta nel volume Some Comics (Jonathan Cape).
Hunt Emerson è uno dei più importanti autori dell’underground britannico degli anni Settanta e Ottanta. Nei primi anni Novanta la rivista «Comix» della Franco Cosimo Panini aveva pubblicato due delle sue opere più importanti: L’ultima tentazione di Casanova e Città Bocca, quest’ultima successivamente riproposta dallo Sciacallo Elettronico. Tra i collaboratori più famosi con cui ha lavorato, possiamo nominare ovviamente Alan Moore, per cui ha realizzato una storia presente in una celebre antologia che adattava a fumetti parti dell’Antico Testamento.
Gary Erskine è un autore eclettico in grado di passare con disinvoltura da storie profondamente legate al tessuto fantastico anglosassone, come il personaggio di Dan Dare o I Signori del Caos (Star Comics), al mondo super-eroistico, con Authority, al franchising di film importanti come Terminator o Star Wars.
Tom Gauld è un fumettista scozzese dall’umorismo sottile che collabora regolarmente sia con l’onnipresente «The Guardian» che con altre riviste, come «The New Yorker»; a questo affianca anche l’attività di raffinato illustratore di libri per ragazzi, come per esempio lo splendido The Iron Man di Ted Hughes. Le sue opere sono state raccolte in diverse antologie, e lo scorso autunno è uscito il suo ultimo graphic novel, Mooncop, per la canadese Drawn & Quarterly.
Se ti chiami David Lloyd e hai disegnato quell’opera colossale che è V for Vendetta (RW Lion), rischi di finire schiacciato per sempre. Fortunatamente, la tempra di Lloyd è decisamente di acciaio e ci ha regalato collaborazioni preziose a testate come Hellblazer (RW Lion), Storie di guerra (Planeta De Agostini) o Global Frequency (Magic Press). In tutto questo ha trovato anche il tempo per realizzare il graphic novel Kickback e per dirigere la rivista di fumetto digitale «Aces Weekly».
Devo forse ricordare chi è Dave McKean? È l’illustratore, fumettista, fotografo, animatore, regista… in poche parole, l’artista che ha legato indissolubilmente il suo nome a Neil Gaiman non solo grazie a Sandman, ma anche a libri come Casi violenti (Edizioni BD), Mr. Punch (Edizioni BD) e Signal to Noise (Edizioni BD). Oltre a queste opere, ha disegnato per Grant Morrison una delle storie più celebri di Batman, Arkham Asylum (RW Lion). Come autore completo ha realizzato il colossale Cages (Magic Press), e recentemente ha pubblicato il graphic novel Black Dog: The Dreams of Paul Nash (Dark Horse), dedicato al pittore Paul Nash.
Gary Spencer Millidge è l’autore di una delle serie più interessanti del panorama britannico, e cioè Strangehaven. Alfiere dell’autoproduzione, riprende atmosfere che riecheggiano serie televisive cult come Il prigioniero e Twin Peaks, e realizza un ipnotico fumetto, profondamente intriso della cultura inglese, e di cui speriamo di vedere un giorno la conclusione per scoprire tutti i segreti di quello strano villaggio che dà il nome alla serie omonima.
Sean Phillips inizia a lavorare sulla testata «Crisis», per poi spiccare il volo e pubblicare quasi esclusivamente per il mercato americano. Ha lavorato sia con le “Big Two” (Marvel e DC Comics) che con la Image. È ormai più di un decennio che collabora con Ed Brubaker a storie dal taglio decisamente noir, come La scena del crimine (Magic Press), passando per Sleeper (Magic Press), Incognito (Panini Comics), Criminal (Panini Comics), Fatale (Panini Comics), The Fade Out (Image) e arrivare alla recente Kill or be killed, in corso di pubblicazione sempre presso la Image.
Probabilmente non saranno molte le persone che hanno sentito parlare di Chris Reynolds, ma tutti gli altri non sanno che questo “oscuro” disegnatore è stato tra i più seminali degli ultimi trent’anni, grazie a una testata e un graphic novel, Mauretania, pubblicato in patria da Penguin e in Italia da Feltrinelli. La sua destrutturazione del fumetto e rielaborazione del linguaggio è una delle operazioni più radicali che siano state realizzate a livello mondiale.
Basterebbe la celebre scena della dilatazione temporale in Le avventure di Luther Arkwright (Comma 22) a consegnare Bryan Talbot alla storia del fumetto, ma fortunatamente per noi lettori ha realizzato tanti altri bei libri, come La storia di un topo cattivo (Comma 22) e il ciclo steampunk Grandville (Comma 22). Recentemente ha iniziato anche a collaborare con la moglie Mary, realizzando finora tre libri di taglio storico decisamente interessanti.
Infine, c’è Andi Watson. Dopo alcuni studi artistici, inizia a pubblicare a fumetti negli Stati Uniti alternandosi tra la Slave Labor e la Oni Press. Tra le storie più interessanti, possiamo senz’altro ricordare Breakfast After Noon (Black Velvet Editrice), Geisha e Slow News Day. Attualmente, si dedica soprattutto a un pubblico di adolescenti, con titoli come Princess Decomposia and Count Spatula (First Second), Princess at Midnight (Image) e Gum Girl (Walker).
Ora, ritornando agli autori che ti sarebbe piaciuto avere…
Guarda, avrei voluto Jamie Hewlett. Non tanto per Tank Girl, ma perché rientrava perfettamente nelle finalità della mostra. Nel progettuale presentato e accettato da Fondazione Benetton, che poi ha portato al loro patrocinio, ho inserito tra i vari samples una sua illustrazione, parte di una splendida serie a tema arboreo, calzante con l’argomento dell’esposizione. Fossimo riusciti a coinvolgerlo, forse sarebbe rimasto piacevolmente sorpreso dalla proposta e magari avrebbe accettato l’invito perché io volevo i suoi alberi, non Tank Girl. Poi ovviamente se ci avesse proposto anche una Tank Girl e sullo sfondo degli alberi o un paesaggio di quartiere non gli avrei certo detto di no!
Quello che tendo a fare sempre è cercare il prodotto rappresentativo degli autori che porto in mostra, ma che riesca anche a offrire un taglio inconsueto, qualcosa di inaspettato anche per il lettore più smaliziato. Voglio offrire una visione diversa rispetto a quello che uno si immagina o si aspetta. L’appassionato di Hewlett si attende Tank Girl o i Gorillaz, mentre puntavo alle tavole di Hewligan’s Haircut e alle illustrazioni arboree. Magari qualche panoramica o qualche fotogramma da, per dire, Clint Eastwood dei Gorillaz, ma non Tank Girl.
Un altro esempio: i visitatori arrivati per vedere Gary Erskine hanno riscoperto I signori del caos, che è stato il suo primo lavoro pubblicato in Italia, e si sono resi conto che Erskine è il disegnatore di Dan Dare (Magic Press), scritto da Garth Ennis. Dan Dare è praticamente sconosciuto in Italia e anche quel libro forse non ha avuto una grande visibilità. Moltissimi spettatori sono rimasti colpiti da queste tavole di Erskine e dalla loro peculiarità, dato che gli esecutivi sono su acetato. Di conseguenza, assieme ai miei assistenti abbiamo montato con la massima cautela questi layer trasparenti su sfondo bianco per renderli leggibili, e poi li abbiamo incorniciati con un passepartout, in modo da valorizzarli ulteriormente.
Ah, e mi sarebbe piaciuto molto avere anche Alan Davis e Kevin O’Neill.
Quindi possiamo dire che gli altri tre autori che avresti voluto avere alla mostra sono questi…
In realtà, ce n’è un altro: Luke Pearson. Il Treviso Comic Book Festival gli aveva già dedicato una personale, però sarebbe stato bello averlo, per la completezza di quello sguardo verso il futuro di cui parlavamo prima. La voce più forte che si è fatta sentire negli ultimi cinque anni in Gran Bretagna, ricollegandoci al precedente discorso della produzione indipendente, è la Nobrow, e da alcuni anni a questa parte sono ospiti fissi del TCBF con mostre e performance. Ormai Nobrow è una presenza associata a Londra con l’ELCAF, cioè l’East London Comics & Arts Festival, una manifestazione frequentatissima non solo perché è nella capitale ma anche perché, penso, è un’espressione dei tempi attuali, mentre altre storiche realtà vivono su un modello del passato. Dei festival inglesi ho visitato solo quello di Bristol ma ricordo che quando ci andai nel 1996 era praticamente costituito da due stanze interne all’edificio attiguo alla stazione ferroviaria…
Ci sono andato anch’io con smoky man qualche anno dopo e non era tanto diverso.
Da quello che ho recepito riguardo alla già citata convention di Birmingham, dev’essere una situazione affine.
La cosa che mi sembra aver notato è che ci sono, stranamente, moltissimi festival, ma alla fine sono quasi tutti delle manifestazioni minori. Sicuramente quello più ambizioso è l’ELCAF…
Scusa se ti interrompo, ma se parliamo di festival, bisogna citare anche il Thought Bubble, diretto da Tura Lotay, che invece è super-frequentato e molto amato.
Oltre a quello, credo che ci sia anche quello ai Lakes che, almeno a livello di ospiti, sembrerebbe piuttosto grosso; a Glasgow dovrebbe esserci una manifestazione piuttosto importante, però non ho informazioni precise. Quella invece che c’è qui a Edimburgo si trova in un hotel, è dedicata molto alla pop culture, con qualche prop da film, ed è fondamentalmente concentrata in un grosso stanzone, dove la metà dello spazio è dedicato al merchandising, e l’altra metà ai fumetti, con diversi autori o piccoli editori, che hanno la particolarità, nella maggior parte dei casi, di portare illustrazioni e posterini da autografare… Ritornando a noi, un po’ l’hai già accennato, ma puoi raccontare com’è nata l’idea della mostra e la collaborazione con Paul Gravett?
Conosco Paul da molto, c’è un rapporto di reciproca stima e conoscenza, e da tempo esistevano i presupposti logici che hanno portato all’evento di quest’anno. La struttura della mostra comprende una panoramica storica del paese ospite, per cui tendo sempre a stimolare molto la presenza di autori mai pubblicati in Italia, oltre a quelli già noti, e a fornire un contesto, per cui il visitatore ha la percezione dell’evoluzione di un mercato, di un ambiente culturale e artistico, e non solo la visione passiva di opere esposte che sono la semplice riproposizione dei prodotti già editi in Italia.
Se in precedenza ci sono stati storici del fumetto o giornalisti di settore che di anno in anno hanno redatto la storia del fumetto della nazione ospite, quando non ero io stesso ad occuparmene, in questo caso è stato fatto un passo ulteriore: portare direttamente uno storico del fumetto all’interno della mostra. Tra l’altro, Paul era già entrato in contatto con il festival nel 2014, quando avevo curato il libro-catalogo sul fumetto portoghese Quadradinhos: sguardi sul fumetto portoghese, una co-produzione Mimisol Edizioni, Chili Com Carne e TCBF, patrocinato da DGLAB e Instituto Portugués do desporto e juventude: ne era rimasto entusiasta e lo aveva incluso tra i migliori libri della sua lista personale del 2014 su “The Blog at the Crossroads”. C’è da aggiungere anche che Paul assieme a Peter Stanbury sono i co-direttori del londinese Comica Festival, una manifestazione molto simile al TCBF: sono attivi tutto l’anno, non solo durante il festival, per cui basta andare sulla loro pagina FB per vedere l’elenco di eventi, convegni, riunioni e discussioni su quello che è il fumetto, tenuti costantemente da Paul e Peter. Sono due entità che hanno sempre vissuto in parallelo non solo perché sono stati co-editori di «Escape magazine», ma anche perché sono co-direttori di Escape Books, la casa editrice che pubblica graphic novel e ha una serie di attività mirate alla diffusione del fumetto fuori e dentro la Gran Bretagna.
Dal punto di vista tecnico, e non solo, Paul è sicuramente uno dei più importanti critici a livello mondiale… forse il più importante… ma è anche l’ambasciatore del fumetto britannico in giro per il mondo. Era stato invitato al Komikazen Festival di Ravenna di Gianluca Costantini ed Elettra Stamboulis diversi anni fa. Poi era presente nel 2013 a Napoli quando il Comicon invitò Dave McKean, Simon Bisley e Melinda Gebbie. La forza di Paul è di essere una persona estremamente curiosa e assetata di informazioni, cosa che sicuramente ha stimolato l’interazione per la curatela della mostra: instancabile, energico e vivace su quella che è la scena internazionale del fumetto. Lo trovi ovunque, è sempre presente, per cui le sue testimonianze diventano dei reportage che posta sul suo blog. Tutto questo lo aiuta a comporre il mosaico di quello che costituisce il fumetto mondiale: i suoi saggi, a parte quelli focalizzati su una singola nazione, sono sempre stati opere in grado di creare collegamenti interessanti e acuti. Per molti aspetti, i nostri modi operandi sono simili.
È stata quindi una cosa naturale…
Decisamente sì. La maggior parte delle volte che mi ritrovo in un festival internazionale, mi giro e Paul Gravett è lì: Angoulême, Stoccolma, Lisbona, Napoli… Paul ha risposto subito con entusiasmo: è stato molto propositivo, abbiamo avuto una lunga conversazione su Skype, abbiamo fatto un brainstorming a febbraio-marzo, abbiamo ragionato su tutto, abbiamo messo giù le idee e abbiamo valutato le possibilità effettive su quali e quanti autori portare. Paul era un po’ dubbioso sul numero: all’inizio ragionavo su 23-24 autori, poi siamo arrivati a 18 e ho notato che lo stesso Paul, quando abbiamo a messo a fuoco tempistiche e progetto, ha concordato che all’interno delle dinamiche dello spazio messo a disposizione dalla Fondazione Benetton, un numero così alto di autori… perché 18 autori non sono pochi… era fattibile.
Sono decisamente tanti!
Considera che nelle mostre precedenti il numero degli autori presenti non ha mai superato i 13-14 partecipanti. Avere 18 disegnatori significa che abbiamo esposto, tra originali e riproduzioni in digitale, quasi 160-170 tavole: una “creatura” che presenta ovviamente tutta una serie di problematiche.
Premesso che gli autori che avete scelto sono tutti estremamente interessanti, degni di essere approfonditi e letti, per cui li consideriamo tutti sullo stesso livello… ma se tu dovessi fornire, considerando la disponibilità e la reperibilità sul territorio italiano, un’introduzione a lettori che non conoscono nulla del fumetto britannico, quali sono le tre opere o i tre autori di cui suggeriresti la lettura?
Come hai detto correttamente, consiglierei la lettura di tutti gli autori, anche quelli che non sono stati pubblicati in Italia o che non lo sono da tempo. Il punto è che la mostra è stata l’occasione di mostrare quello che non si è ancora visto, ma che è vitale ricordare per costruire un percorso storico. Considerato il loro numero, è dura scegliere tre libri da recuperare. Se lo trovate a un prezzo accessibile, sicuramente Mauretania di Chris Reynolds. Nel 1992 uscirono Mauretania per Feltrinelli e pochi mesi prima lo statunitense Re in incognito di James Vance e Dan Burr (per Granata Press, attualmente nel catalogo Salda Press), due graphic novel fondamentali, alla pari di Maus, ma che sono un po’ scomparsi, sebbene Re in incognito, che per me è un capolavoro, sia stato ristampato in questi ultimi anni. Mauretania è un’opera seminale che dovrebbe essere in qualche modo recuperata. Per quanto riguarda i libri stampati in italiano degli altri autori… beh, direi McKean e, con tutto il rispetto per i lavori realizzati con Neil Gaiman, ritengo che Cages con le sue 500 pagine sia un’opera importante da leggere. Scelgo inoltre uno degli autori che ho voluto tantissimo e che è stato squisito durante la conversazione, cioè Bryan Talbot con Le avventure di Luther Arkwright e La storia del topo cattivo. Permettimi di aggiungerne un quarto: al di là del fatto che l’abbiamo fatto noi due, e che io l’ho tradotto e ne ho curato l’edizione, suggerisco Breakfast after Noon di Andi Watson.
Benissimo…
Potrei naturalmente continuare… potrei dire Strangehaven, potrei dire I signori del Caos, o Critical Mass, il ciclo di “Hellblazer” di Paul Jenkins e Sean Phillips, di cui abbiamo esposto quattro tavole stupende. Sempre restando con John Constantine, abbiamo esposto anche una riproduzione molto bella di Brian Bolland e una splendida illustrazione di Gary Erskine realizzata per “Vertigo presenta”, se non erro. Constantine è un personaggio totalmente “made in UK”: creato da Alan Moore su Swamp Thing, Jamie Delano l’ha scritto per molti anni e poi l’ha passato agli sceneggiatori che sono venuti dopo di lui, per cui mi sembrava corretto creare questa specie di “effetto eco”.
Come vedi, ce ne sarebbe di roba da consigliare.
Infatti… per concludere, questa mostra avrà una vita da qualche altra parte o è stata opzionata da qualche altra manifestazione?
Non c’è stata nessuna richiesta in questo senso. Diciamo che va bene così, non c’è nessun problema. Anzi, dal punto di vista della gestione degli originali, forse è la cosa migliore perché muovere un valore assicurativo di quel genere non è semplice, e passare tutto a un’altra organizzazione sarebbe stato complesso, anche se senz’altro interessante.
Comunque, una cosa che ci siamo detti Paul ed io è che, considerando il titolo della mostra, Land Escapes, e il fatto che lui è stato l’editore con Peter Stanbury di “Escape magazine” e attualmente di “Escape Books”… abbiamo proprio raggiunto la quadratura del cerchio!