Nel febbraio del 2011 mi sono laureato in Scienze Umane e Filosofiche, facoltà di Scienze della Formazione all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, discutendo una tesi dal titoloWatchmen. Rivoluzionare il fumetto riflettendo sull'uomo.
Ho pensato di pubblicare sullo Spazio Bianco un capitolo di quella tesi, precisamente quello che tocca la componente morale del dramma creato da Alan Moore, che io individuo come uno dei punti nevralgici dell'opera.
Il gran finale di Watchmen contiene le risposte ai misteri che si sono accumulati durante la storia. Essendo la trama strutturata come un giallo o un thriller classico, con tanto di omicidio subito all'inizio, pur con tutti gli inserti supereroistici e con le varie riflessioni politiche, sociali e filosofiche, era necessario arrivare al capitolo finale scoprendo il motore degli strani eventi che hanno dato il via alla storia.
Chi ha ucciso il Comico, e perché? C'è stato un complotto dietro alle accuse che hanno portato il Dottor Manhattan a lasciare la Terra? Chi ha teso la trappola a Rorschach facendolo finire il prigione?
Durante le indagini di Rorschach stesso e di Gufo Notturno, i due vigilanti arrivano alla conclusione, per quanto sconcertante, che dietro tutti questi avvenimenti si cela proprio il loro vecchio compare Ozymandias, alias Adrian Veidt.
E qui si apre il vero cuore morale di Watchmen. Nonostante durante il corso di tutta la storia Alan Moore sa offrire numerosissimi spunti di riflessione filosofica, idee psicologiche, domande sulla vita, cenni metafumettistici e tante citazioni, ritengo che il clou dell'opera stia proprio nel finale, quando tutti i nodi vengono al pettine. E non per la scoperta del colpevole, bensì per le motivazioni che stanno alla base del suo complesso piano.
Ozymandias è sicuramente un uomo narcisista, ma non ha costruito il suo impero finanziario solo pensando a se stesso; per quanto istintivamente è l'elemento del gruppo di ex-eroi che attira meno simpatie, bisogna riconoscergli che insieme a Manhattan ha usato i suoi soldi per investire nelle ricerche tecnologiche che hanno migliorato la vita delle persone.
E anche il terribile piano attuato è stato frutto della volontà di fare del bene. Come visto nel primo capitolo, Veidt ha riunito scienziati e scrittori per dar vita a un mostro orribile, una specie di polipo gigantesco capace di uccidere milioni di persone col solo effetto di onde psichiche. L'ha poi teletrasportato a New York provocando la morte istantanea del mostro e di milioni di newyorkesi. Prima di questo ha preparato adeguatamente il terreno, però, eliminando chi aveva il potere di impedirgli l'esecuzione del piano (Manhattan), chi aveva scoperto tutto (il Comico) e i suoi collaboratori al progetto.
Freddo, risoluto, calcolatore.
L'individuo comune, leggendo solo questa descrizione, sarebbe portato immediatamente a inorridire, e a odiare l'autore di tali orrori.
Ma Ozymandias non è un “cattivo da fumetto”, come dice lui stesso: non ha compiuto un simili atroce atto per conquistare il mondo o per sadismo, l'ha fatto per salvare il pianeta.
La giustificazione del personaggio è lucida, chiara, logica: proprio il Comico, con la sua proverbiale ironia cinica, alla fantomatica riunione degli Acchiappa-Crimini aveva evidenziato come un gruppo di persone in costume potesse anche solo pensare di cambiare in meglio il mondo, limitandosi a catturare qualche criminale di tanto in tanto. Da lì Veidt è rimasto ossessionato dal modo adatto per agire in grande scala, per poter estirpare il male alla radice. E il male ormai da anni si chiamava guerra fredda, con il costante e sempre più pressante pericolo dello scontro atomico, l'Apocalisse.
Stabilito questo, il rimedio logico era quello di fare in modo che i due blocchi contrapposti, USA e URRS, trovassero un valido motivo per venirsi incontro e cessare il periodo di opposizione ferrea reciproca. Ozymandias si chiede cosa può funzionare in tal senso, e la risposta logica è: un pericolo così grande e così mostruoso da rappresentare una minaccia su scala mondiale. Di fronte a tale nemico comune, le due maggiori potenze mondiali avrebbero stabilito una tregua per forza.
Da lì la preparazione del piano architettato nei minimi dettagli, in modo insospettabile.
Ecco, di solito è qui che le risposta morale degli astanti vacilla. Perché adesso c'è una motivazione buona e condivisibile, quindi il giudizio da dare al riguardo si fa più arduo.
Ozymandias è il cattivo?
Forse negli atti, ma non nelle intenzioni: lui si proclama paladino di un “eroismo meno ovvio”, dietro le quinte ha agito in modo logico a un problema, aveva i mezzi per farlo e lo ha fatto, calcolando ogni imprevisto e ogni problema e cercando di sentire su di sé il peso di tutte le vite sacrificate.
Ma il nocciolo della vicenda, per lui, è quantitativo: cosa sono milioni di persone sacrificate, di fronte alla salvezza dell'intero mondo? E' un sacrificio accettabile, secondo logica.
Il punto della questione sta ovviamente proprio qui: nella descrizione della situazione ricorre la parola “logica” proprio per evidenziare che sotto questo aspetto le azioni di Veidt sono ineccepibili. Dimostra di essere probabilmente davvero l'uomo più intelligente della Terra e organizza il più grande scherzo della Storia, la barzelletta definitiva e ultima per il Comico che aveva scoperto il piano e che non aveva retto il peso di questa situazione.
Ma logico non sempre è sinonimo di giusto. Giusto inteso come moralmente giusto, come eticamente corretto e accettabile. E in questo caso non lo è.
Pur con tutte le buone intenzioni di Veidt, infatti, agire come lui ha fatto significa salvare un'umanità in cui non si crede. Altrimenti si sarebbe reso conto che quello che conta non è la quantità ma la qualità, che ogni singolo essere umano è dotato di dignità e di diritto alla vita, e che il sacrificio anche di un solo uomo per favorirne altri non è mai accettabile.
Il filosofo Hans Jonas ci viene incontro proprio su questo tema: parlando del tema del progresso medico e della validità dell'uso di uomini per cure sperimentali, Jonas afferma che nessuno può chiedere all'individuo sacrificarsi in ordine di un bene superiore o destinato a un gran numero di persone, perché si rientrerebbe in una visione di sacrificio unilaterale che si pone al di fuori del contratto sociale, che prevede che l'individuo limiti le proprie libertà non solo per favorire gli altri ma anche se stesso di riflesso. Sacrificando la vita inevitabilmente il sacrificio porterà dei vantaggi solo a terzi.
Ovviamente il discorso cambia se la persona decide autonomamente di sacrificarsi per un ideale o per motivi altruistici, in quel caso la decisione è moralmente accettabile.
Ovviamente non è questo il caso del progetto di Veidt di un nuovo mondo unito. Lui si ispira direttamente ai miti già ricordati, ai faraoni e ad Alessandro Magno, che non si facevano scrupoli a sacrificare la vita dei sudditi per costruire la grandezza dell'Egitto o il sogno di un impero che unisse tutto il mondo conosciuto.
Guardando ancora alla filosofia Veidt potrebbe trovare un valido contraltare in Hegel, che riteneva che per l'attuazione del bene comune fosse possibile, e spesso necessario, l sacrificio del singolo il quale non era dotato di significativa importanza sociale. Ozymandias come novello condottiero si pone alla testa di questo nuovo ordine mondiale che vede la fine delle ostilità: e i telegiornali di tutto il mondo sembrano dargli ragione! Ma questo, ripetiamo, non è un valido argomento a giustificazione dell'atrocità commessa.
La stessa accusa vale per il cattivo di un altro fumetto, che una decina di anni dopo sarà mosso pressappoco dalla stessa logica di Ozymandias. Sul numero 4 della testata PKNA – Papernik New Adventures (Terremoto, scritto da Francesco Artibani e disegnato da Francesco Guerrini, Walt Disney Italia), Paperinik si scontra contro il professor Fairfax, che vuole distruggere l'intera costa ovest di Paperopoli tramite un terremoto artificialmente indotto, provocando sì la morte di un numero enorme di innocenti ma per poter ottenere una nuova immensa distesa di terreno dagli abissi marini. Sotto il nome di Progetto Pangea il professore ha quindi pianificato freddamente l'uccisione di milioni di persone per favorirne, in futuro, miliardi.
Ma questo atto, così come quello di Ozymandias e così come chi sacrifica esseri umani per sperimentare medicine e cure che favoriranno malati futuri ma non avranno nessun riscontro sul paziente che subisce l'esperimento (per citare ancora Jonas) non è ammissibile.
Un'altra cosa da evidenziare è il peso della responsabilità: Veidt ammette di sentirlo su di sé, ma in realtà con quale diritto un uomo decide la morte di altre persone, al di là del motivo? Con che autorità un individuo può osare scegliere deliberatamente per l'annientamento di altri esseri umani? Il fatto dà da pensare, è terribile immaginare qualcuno che possa ergersi a Dio e agire di conseguenza secondo le sue decisioni.
È interessante osservare le reazioni degli altri protagonisti: di fronte al tremendo atto di Ozymandias domina istintivamente lo sconcerto, ma davanti al fatto compiuto l'unica soluzione possibile è quella di diventare in qualche modo complici di Veidt, tacendo al mondo la verità. Se infatti il mondo sapesse che quel mostro non è un alieno o chissà che altro (con chissà quanti altri suoi simili pronti ad attaccare) ma il prodotto di una mente umana, Ozymandias verrebbe sì incriminato ma la morte di tutta quella gente sarebbe stata inutile, perché si tornerebbe al clima di guerra fredda, probabilmente inasprito.
Pur a malincuore, tutti accettano questa tesi: tutti tranne Rorschach, il quale non è intenzionato a scendere a compromessi nemmeno stavolta. La sua personale etica gli vieta di vedere le zone grigie, e questo lo porta a vedere molto semplicemente in Veidt un assassino che come tale va denunciato al mondo e punito. Eppure si intuisce che sotto sotto, in un recondito angolo della sua mente, sa che la scelta giusta da fare è un'altra: ma non può cedere, vorrebbe dire mandare all'aria anni e anni di ideologia. Deliberatamente si fa uccidere da Manhattan, unico modo per preservare la sua integrità morale e per non condannare il mondo allo stesso tempo.
Infine, c'è da sottolineare il messaggio finale di Alan Moore.
Egli non pone un accento deciso sulla condanna delle azioni di Ozymandias, lasciando al lettore il suo personale giudizio. Non giustifica e non punisce, insomma, ma mostra come tutto sommato l'idea di Veidt sia in fondo un'utopia: non nascerà un mondo migliore dal disastro creato, e la stabilità immediata non è da considerare per forza come duratura
. Posare insomma le fondamenta di un nuovo ordine mondiale su una grossa menzogna è pericoloso, e l'autore ce lo vuole mostrare nell'ultima vignetta, che offre uno splendido finale aperto: un ragazzo sempliciotto e sottopagato della redazione di un quotidiano è incaricato di pescare dal contenitore denominato “archivio mitomani” un contributo da inserire nel giornale. E in quell'archivio c'è il diario di Rorschach, che il vigilante aveva inviato alla redazione prima di partire verso il covo di Ozymandias e che contiene tutti i dettagli sulle sue indagini. L'ultima vignetta lo inquadra con la mano tesa verso il mucchio di scritti, tra cui spicca il diario… il ragazzo pescherà proprio il lavoro di Rorschach, scoperchiando il vaso di Pandora sulla colpevolezza di Veidt? Oppure la sua mano pescherà qualcos'altro?
Ancora una volta Moore afferma l'importanza della decisione umana, affidando le sorti mondiali all'individuo apparentemente più inadatto di tutti; in fondo, quello potenzialmente più sacrificabile, almeno secondo i parametri di Hegel. E questo forse dà un giudizio da parte di Moore sull'azione di Adrian Veidt.
La grandezza di Watchmen sta dunque anche in queste profonde riflessioni sul mondo e sull'uomo. Le quali sono collegate ad altrettanti riflessioni sul potere, su come ognuno si rapporta ad esso e su come esso abbia varie incarnazioni e venga usato in modi diversi a seconda di chi lo detiene.
In tutto questo risalta la grandissima attualità del lavoro di Moore: nonostante la precisa collocazione storica e i molteplici riferimenti alla guerra fredda e quindi a un certo tipo di politica, grazie alla realtà alternativa descritta e soprattutto a temi così universali e sempre validi Watchmen può essere letto, compreso e goduto anche oggigiorno, ed esso saprà comunicare continuamente i suoi importantissimi messaggi sugli esseri umani, i loro difetti, le loro depressioni, le loro meschinità e le loro possibilità di riscatto.
art for art's sake!
20 Marzo 2013 a 14:39
Mi sembra che tutto ruoti attorno al problema di giustificare il male cioè far credere di agire per un “bene superiore”… un pò come per l’uso della bomba atomica..le elucubrazioni filosofiche servono a poco..
Andrea Bramini
20 Marzo 2013 a 22:23
Le elucubrazioni filosofiche non sono mai inutili, servono a ragionare sulle cose per tentare di arrivare al loro cuore più vero. Questo non vuol dire giustificare, ovviamente, ma semplicemente andare alla radice di una scelta o un atto. Watchmen tra le tante cose che offre ci mette anche a confronto con una delle domande più antiche: quanto è giusto sacrificare la parte per il tutto? E’ più importante l’unicità di un singolo individuo o la quantità di persone che continueranno a vivere meglio?
art for art's sake!
21 Marzo 2013 a 17:23
Ti faccio un esempio che forse puoi capire, credi che il messaggio della chiesa cattolica avrebbe avuto lo stesso significato se Cristo avesse sacrificato un altro (magari che non avesse alcuna voglia di morire..) invece che se stesso? Solo Hitler (o al limite gli Americani) potrebbe pensare che il problema uccidere/non uccidere stia nella quantità di gente che si sacrifica, o nella presunzione di sapere cosa è meglio per il mondo.. si vede poi i risultati che queste politiche hanno in concreto.. (anche perchè, una volta che il mio geniale piano è fallito, non solo quelli rimasti in vita vivranno peggio, ma non ci sono le sfere del drago che riportano in vita quelli che ho ammazzato..). Oppure se ci riesci trovami una sola volta in cui sacrificare degli innocenti ha reso il mondo migliore.. aspetto con ansia..
Andrea Bramini
30 Marzo 2013 a 21:28
Non vedo per quale motivo dovrei trovare esempi in cui sacrificare persone ha reso il mondo migliore, sempre che ne esistano… il problema qui trascende la riuscita del “piano”, e va ad analizzare se tale azione, indipendentemente dalla sua riuscita, sia eticamente sostenibile oppure no. Io ritengo di no ma, come ho citato nel mio pezzo, nel passato non sono mancati illustri filosofi che hanno sostenuto invece che in vista di un bene superiore si potessero fare dei sacrifici analoghi. Certo, erano altri tempi, ma suppongo che sia una sirena piuttosto ammaliante quella che suggerisce all’orecchio che sacrificarne 100 per salvarne milioni sia accettabile. Non è solo fiction, solo perché ne parlano opere di fiction, è un problema etico-filosofico reale che vede anche posizioni contrapposte, e che si ritrova spesso nelle discussioni inerenti alla sperimentazione medica o al sovrappopolamento mondiale. Consiglio a questo proposito di recuperarsi la miniserie televisiva inglese “Utopia”, 6 episodi trasmessi su Channel 4 un paio di mesi fa, che affronta il tema in maniera interessante.
In sostanza: la mia opinione è che ogni singolo individuo sia un valore di per sé insostituibile e che non può essere barattato in favore del resto dell’umanità o di un bene superiore. Ciò non toglie che il quesito filosofico può porsi, che tratta di tematiche universali e determinanti, arrivando anche a toccare in modo determinante il rischio del potere (non solo politico, anche scientifico e tecnico come nel caso di Veidt) che può arrivare a far credere a chi ce l’ha di poter decidere per tutti… temi che mi pare interessante sviscerare nella mia tesi di laurea.
art for art's sake!
2 Aprile 2013 a 14:59
Sacrificare una minoranza per il (presunto) bene di una maggioranza è sbagliato ok?
E non ti cito nessun film perchè storia l’ha dimostrato, infatti non devi cercare casi in cui sia stato utile sacrificare esseri umani, semplicemente xkè non esistono.. volevo solo chiarire un punto, cioè che si tratta di un falso problema etico,ma più semplicemente di un errore di logica che si verifica quando prendi una persona, la metti una situazione estrema e poi sbarri tutte le vie di uscita, e gli proponi la peggiore soluzione, quella più tragica e disumana inducendo la persona a credere che quella sia la migliore soluzione possibile..ma è solo un “trucco mentale”, che però funziona alla grande xkè la mente umana è facile da raggirare (potrai notare che tutte le opere di fantasia che trattano questo tema sono strutturate esattamente così e questo è un fatto).
Facendo infine un distinguo tra realtà e finzione posso concederti che nella finzione (e SOLO nella finzione) la disquisizione filosofica possa avere un suo perchè, ma ciò che possiamo concederci su carta non dovrà mai essere giustificato nella reatà proprio perchè (come dimostra anche Watchmen) la mente umana ci casca troppo facilmente..
Poi io personalmente (penso si sia capito) credo che queste idee vadano condannate e basta, perchè c’è il rischio altissimo che qualcuno ci veda una reale giustificazione..
Anche se in definitiva mi pare che diciamo le stesse cose, solo che io sono un pò più pragmatico..
Andrea Bramini
3 Aprile 2013 a 00:25
Anch’io sono convinto che stiamo sostenendo al stessa cosa, in fin dei conti :P
Sono abbastanza d’accordo con questo tuo ultimo intervento, comunque. Mi permetto di puntualizzare solo che la filosofia sostanzialmente si muove sempre nella “finzione” (virgolettato, intendendo con questo termine il campo immateriale della discussione e del pensiero), partendo comunque da problemi e istanze che provengono dal reale. In realtà, infatti, basta che io possa pensare alla legittimità o meno di una soluzione come quella ideata da Ozymandias (e direi che è dimostrato che ci si possa pensare, lo fa Alan Moore per primo e schiere di altre persone che hanno letto l’opera e ci hanno scritto/riflettuto) perché questa sia un’opzione. Criticabile, esecrabile, difficilmente perseguibile nel concreto reale, ma è pur sempre materia filosofica che va al di là dell’effettivo pericolo che si realizzi l’evento su cui si ragiona, o uno simile. E non c’entra la giustificazione, visto che Moore non giustifica nessuno (e con “nessuno” intendo le azioni di molti personaggi di “Watchmen”) e io con lui, ma si tratta di fare una filosofia critica e argomentata.
Io capisco cosa intendi quando dici “credo che queste idee vadano condannate e basta”, ma sono anche convinto che se una tesi viene argomentata assume un valore maggiore. Fare filosofia etica (in senso accademico, e più modestamente analizzando “Watchmen”) significa tentare di mostrare il motivo per cui questa tesi è vera, attraverso argomentazioni, confutazioni e risposte alle confutazioni.
Io, nel mio piccolo, ho cercato di farlo nella mia tesi di laurea, di cui questo pezzo è un estratto.
Umberto
10 Gennaio 2017 a 22:08
Articolo molto interessante. Mi è piaciuto anche il riferimento a PKNA. Ricordavo perfettamente quella storia, che mi colpì molto nel definire il territorio della logica ben diverso da quello della giustizia.
Il dilemma etico di Watchmen è quanto mai attuale, se non su scala globale, quantomeno nella vita di tutti i giorni. Tra pochissimo tempo avremo in giro sulle strade veicoli totalmente automatici, e presto ci saranno casi in cui le intelligenze artificiali di queste auto potrebbero dover decidere in una situazione di sicuro incidente, se fare una manovra che uccide gli occupanti dell’auto, salvando i pedoni che casualmente stanno passando nei dintorni o il contrario.
Decisione tutt’altro facile da prendere: ad esempio, è più etico salvare una madre con un bambino che passeggiano, o una famiglia di adulti che guida l’auto? I casi sono tantissimi… Molte universtià hanno provato a risolvere il problema ingaggiando filosofi etici e creando commissioni per discuterne. Il MIT ha creato un programma che somministra domande all’utente per capire cosa farebbero le persone in questi casi.
L’esercizio di riflessione a cui un’opera come Watchmen porta è quindi non solo interessante, ma anche utile per capire il nostro modo di pensare e in definitiva farci riflettere di più sulle nostre scelte, ché anche quelle apparentemente più innocue come votare ad un referendum hanno enormi conseguenze (sto pensando ad esempio al nucleare, in cui si sceglie no ad una fonte energetica per paura di un incidente ambientale catastrofice, senza soppesare lo stillicidio quotidiano dell’inquinamento – e delle malattie – prodotto degli idrocarburi).
Andrea Bramini
13 Gennaio 2017 a 17:25
Senza ombra di dubbio uno dei tanti pregi di “Watchmen” è la sua grande attualità, ancor oggi e anche in futuro. Perché al di là del contesto storico particolare in cui è ambientata, e al di là del genere supereroistico di cui è rivestito, parla direttamente dell’uomo e, come dici tu, delle scelte che fa, di come ragiona.
Certo, Ozymandias non è esattamente il prototipo dell’uomo comune, ma proprio il suo essere “l’uomo più intelligente del mondo” permette di scatenare il ragionamento piuttosto sbigottito nel lettore: se lui ha optato per questa soluzione, dev’essere proprio la migliore e più funzionale, a rigor di logica.
È l’insidia che Alan Moore suggerisce al lettore, prendendo veramente poco posizione, ma mettendo tutti i fatti sul tavolo: sarà anche la soluzione migliore, ma è la più giusta? Ha senso salvare l’umanità se il costo è una buona parte di essa e, non ultimo, l’umanità stessa di chi ha concepito questo piano e di chi lo avalla?
Gli esempi che fai sulla tecnologia sono assolutamente calzanti: le macchine ragionano in modo logico, e di conseguenza non è detto che la soluzione fornita da un’intelligenza artificiale in un caso di emergenza sia quella migliore dal punto di vista morale, o anche solo in quel particolare contesto e con quelle particolari condizioni. Per questo anche ricorrere ai filosofi comportamentali non assicura comunque di aver risolto il problema: perché gli scienziati dovrebbero studiare un infinito numero di variabili a cui sottoporre il codice delle macchine, e applicare a tutte le variabili la conclusione a cui giungerebbe il ragionamento umano.
Temi sicuramente complessi perché complessa è la materia: testi come “Watchmen” contribuiscono a porsi l’interrogativo, ed è già molto :)
Ti ringrazio infine per aver dato nuova attenzione a questo mio vecchio pezzo :)
Fraws
31 Maggio 2017 a 13:55
Sig. Andrea sarei interessato a leggere la sua tesi integralmente,se ciò fosse possibile.
La ringrazioso in anticipo
Marco
3 Maggio 2018 a 03:23
film meraviglioso (fumetto pure credo, anhce se nn l’ho mai letto purtroppo); continuo a guardarmelo ogni tanto perchè prende davvero tanto! Ho letto l’articolo e l’ho trovato molto interessante e ben fatto, complimenti. Un unico commento aggiuntivo che faccio è che spesso vengono sottovalutati i personaggi più comuni come il comico o (mi sfugge il nome) colui che viene barbaramente ucciso alla fine da manhattan, che nella loro semplice schiettezza rappresentano al meglio la reazione caratteriale portata all’eccesso dalla società nella quale vivono: sono personaggi molto più veri e che esprimono un ulteriore messaggio, secondo me, rispetto a tutti i pipponi filosofi scaturiti da manhattan e ozymandis e compagnia bella nel finale (che rispetto e ho apprezzato molto). Cioè vedere il soldato americano super cattivo che massacra i civili con il fucile senza che il governo gli chieda niente ma lo fa per puro piacere, che ama la violenza, e non si fa problemi di questo (perchè lui crede che la vita sia violenta e la società dove vive lo sia ancora di più), apparte che lo reputo fantastico come personaggio e lo apprezzo da morire xD (fumettisticamente parlando), ma ciò mi fa riflettere molto… idem per l’altro personaggio, talmente intransigente da chiamare vigliacco chi non trucida i criminali. Cioè sono “buoni”(!?) che a forza di combattere il male, o forse senza che ce ne sia stato il bisogno, hanno talmente introiettato dentro di sè i “valori” della società in cui vivono (violenza, sopraffazione, occhioxocchio dentexdente) da diventare delle grottesche caricature belle e divertenti quanto terribili che non avrebbero avuto posto nella società voluta da Ozymandis… Ma sono più vere e autentiche loro di tutti gli altri! =) Per questo mi piacciono. E per questo devono morire, secondo me, nella storia. Inoltre sono figure cariche di critica insita verso quella società che ozymandis vuole salvare a tutti i costi. Sono contraddizioni nate dalla società che Ozymandis vuole salvare, ma che deve distruggere per riuscire a farlo. Per citare il COmico “E’ tutto così dannatamente complicato…”
la redazione
3 Maggio 2018 a 13:40
Marco, non diremo nient’altro se non, pacatamente: “CORRI A LEGGERE IL FUMETTO!”
;-)