16 è la storia di un quarantenne schiavo del porno online, un disperato che ha perso tutto nella vita e trova ormai conforto nel piacere solitario della masturbazione. Scivolando negli abissi del deep web, attirato da video di sesso estremo, vede (o crede di vedere) in uno snuff movie la figlia morta anni prima in un incidente stradale. Fu proprio quella perdita a provocare il suo progressivo distacco dal mondo, la fine del suo matrimonio e il vuoto che caratterizza la sua vita ora.
Questa visione diventa così la speranza non solo di ritrovare la figlia, ma anche di rimettere insieme la sua esistenza. Per inseguire questo obiettivo decide così di immergersi in un mondo sporco e violento, scendendo sempre più a fondo i gironi della perversione umana, alla ricerca di una verità probabilmente più complessa di quanto sia pronto ad accettare.
Quella scritta da Alex Crippa dietro a una inquietante copertina di Mauro Muroni è una storia per stomaci forti: la violenza non è ostentata certo in maniera efferata o compiaciuta ma al contempo viene mostrata senza filtri e senza sconti. Spesso viene fatto ricorso a inquadrature atte a coprire i particolari peggiori e vengono privilegiate vignette piccole focalizzate sui dettagli piuttosto che mostrare l’insieme.
Espedienti che non stemperano la crudezza delle scene, ma riescono addirittura ad amplificarle con la suggestione del non mostrato, creando così una sensazione di disagio palpabile, di orrore molto più terribile di qualunque mostro perché, per quando sia difficile ammetterlo, plausibile
Al disegno si alternano due autori1. Il segno sottile in chiaro scuro di Marco Patrucco, realistico e algido, opera in evidente contrasto con le scene più crude, aumenta il senso di distacco e accentua l’orrore; il tratto più sporco e materiale di Stefania Caretta da un lato pare sottolineare la mancanza di umanità dei personaggi con volti che sembrano sul punto di scivolare nella caricatura, dall’altra spezza quel lucido distacco alla Miguel Angel Martin che caratterizza la prova di Patrucco.
Nonostante alcuni snodi dell’intreccio risultino, per quanto necessari, un poco didascalici, il racconto procede in maniera lineare e solida, sottolineando l’amoralità di quanto accade tra le pagine del fumetto e riuscendo a mantenere una parvenza di umanità in un protagonista che sceglie di diventare un mostro per amore (o per disperazione).
Una figura tragica la cui sorte sembra segnata, invischiata in un percorso doloroso fatto di tappe sempre più sofferte anche per il lettore, con momenti in cui si ha voglia di girare pagina rapidamente e dimenticare, ma capace di suscitare un’empatia e un coinvolgimento lontani dalla banale morbosità voyeuristica.
Quella raccontata dagli autori è una realtà orribile che il racconto non fa niente per far apparire migliore, popolata di uomini senza morale e senza pietà, di colpe senza redenzione e di soprusi senza vendetta. Questa ambientazione rende peculiare quello che al netto di tutto è un racconto di vendetta dalla struttura classica e ben strutturata.
Qualcuno potrebbe obiettare, come spesso accade in questi casi, sulla legittimità e sulla necessità di raccontare certe storie, di porre un riflettore sull’orrore dell’essere umano, sulle storture della morale imposta. Sono polemiche forse comprensibili dal punto di vista emotivo ma fuori fuoco. C’è un mondo orribile là fuori e nasconderlo non lo farà scomparire, così come ci sono storie che possono raccontare quel mondo, perché le storie esistono a prescindere dalla nostra morale e dalle nostre convinzioni.
Questo non significa scendere a patti con l’orrore né, tantomeno, giustificarlo, ma questo tipo di racconti possono avere una funzione esorcizzante. Una funzione che il genere horror ha da sempre ricoperto: indagare e rappresentare ciò che è nascosto nell’animo umano.
Abbiamo parlato di:
16
Alex Crippa, Marco Patrucco, Stefania Caretta
Edizioni Inkiostro, 2017
88 pagine, brossurato, bianco e nero – 16,00€
La motivazione di questo avvicendamento è quantomeno interessante, e potete leggerla nella nostra intervista ad Alex Crippa ↩