Roberto Battestini ritorna alla sua storia familiare, scrivendo una saga che attraversa il tempo e le generazioni alla ricerca di una “tara” quasi genetica, ovvero il ripetersi intergenerazionale del crimine, del sangue e soprattutto della sofferenza, anche se non voluti: la Bibbia, il ricordo, l’indagine sul proprio passato e su quello dei padri e, naturalmente, il disegno concorrono a questa epica e intima storia di dolore e rinascita. E se di ritorno si scrive è perché l’autore ha già affrontato la propria storia familiare nei fumetti Fratelli e A caro sangue (rispetto a quest’ultimo, Abbà Padre si pone come prosecuzione), ripercorrendo e trasfigurando in metafore narrative e figurative il proprio vissuto.
Roberto è infatti il minore dei fratelli della Banda Battestini, organizzazione criminale che imperversò con rapine e crimini in Abruzzo e nelle Marche negli anni Ottanta. Con la sua opera, l’autore presenta il fardello di questa eredità dentro la famiglia, dentro sé stesso e nelle relazioni con il mondo.
Si può perfino affermare, volendo trovare una formula sintetica che ne spieghi il lavoro di scrittura autobiografica, che Battestini riesce ad allargare il focus narrativo rovesciando il cannocchiale: per vedere lontano bisogna vedere dentro sé stessi, attorno a sé stessi, in un crocevia narrativo che, mentre resta fisso sulla propria storia (con la s minuscola), abbraccia la Storia (questa volta con la S maiuscola) della cronaca e persino dei padri veterotestamentari.
Battestini, nel suo Abbà Padre (la cui anteprima, insieme ad alcune tavole si possono leggere e vedere qui), racconta la genesi del proprio dolore, da legarsi alle difficili esperienze maturate in famiglia e soprattutto nella relazione col padre, e lo fa scrivendo una storia che abbraccia tre generazioni di padri, dal bisnonno Eligio al nonno Pasquale, al padre dell’autore e protagonista della vicenda.
La saga familiare parte dalla nascita del bisavolo, nel 1870, e arriva fino agli anni più recenti del 2000. La scansione degli eventi significativi e delle epoche è mostrata proprio nelle prime pagine del fumetto in una sorta di tabellone che ricorda il “gioco dell’oca”, ma il lettore non deve farsi ingannare. In realtà la ricostruzione dei ricordi fatta dall’autore non segue un’ordinata scansione del tempo, ma procede per salti temporali, anche rapidi, e per analogia, cioè per un dato, un elemento anche minimo che crea un collegamento fra una sequenza e un’altra.
L‘ordine della narrazione somiglia più al flusso di coscienza che non al metodico lavoro di uno storico e risponde a un impulso emotivo e personale anziché alla necessità di allineare gli eventi: questa considerazione si basa anche sull’affermazione dello stesso narratore, che dice in diversi momenti del fumetto di aspirare alla felicità, il cui desiderio è, in sostanza, il leitmotiv dell’indagine e della faticosa ricostruzione del passato familiare. In questo senso, la narrazione (intesa nel significato che ha in un fumetto, cioè nella trama che nasce dall’intreccio di scrittura e disegno) assolve a uno scopo conoscitivo e salvifico: se conosco il motivo fondamentale della rabbia di mio padre – sembra dire il narratore – posso andare alle origini del mio dolore di figlio e, quindi, conquistare quella felicità che mi spetta in quanto essere umano.
Capire i padri per capire sé stessi e per dare un senso al dolore: possiamo racchiudere in questi tre passaggi l’energia che muove il racconto.
Del resto, la comparsa del personaggio letterario Zeno Cosini, con chiaro riferimento a La coscienza di Zeno di Italo Svevo (pag. 182) rivela la presenza di uno scrittore che ha fondato la propria narrativa sul flusso di coscienza, il quale a sua volta rimanda direttamente all’Ulisse di James Joyce, opera simbolo di questa tecnica narrativa.
Quindi, la storia è simile a una catena in cui ogni anello è una micronarrazione in sé compiuta, ma la sequenza degli elementi permette di ri-leggere ogni anello in un più grande disegno narrativo.
Il racconto, quindi, fa affidamento a diverse figure tratte tanto dal mondo letterario quanto da quello biblico, fino a comprendere elementi e personaggi della cultura pop(olare): ritroviamo Dante Alighieri, Jean Paul Sartre, un lontano riferimento a Tarzan, tramite la storia di una scimmietta di nome Cita. Ma, se questi autori e personaggi offrono il materiale adatto a rappresentare certi momenti, quindi sembrano funzionare come campionari di metafore anche visive (si pensi all’effetto anche figurativo dell’inferno dantesco), i personaggi e le vicende bibliche offrono uno strumento interpretativo ancora più profondo e rielaborato con maggiore partecipazione: ne è prova la scansione dei capitoli del fumetto (Genesi, Esodo, Profeti, Apocalisse, Kol Nidrei), i cui titoli offrono una chiave di lettura dei fatti narrati e del loro significato complessivo.
Ma ne è prova anche l’uso dei personaggi tratti dal mondo veterotestamentario. Ad esempio, viene raccontata la storia di Abramo e Isacco, ma con una significativa variazione: Abramo non sacrifica il figlio, bensì lo uccide per un eccesso di rabbia, con la conseguenza che Dio ora non può intervenire proprio perché Abramo ha deciso di non sacrificarlo. La mancanza dell’intervento salvifico di Dio (che, in quanto tale non può non potere) è da imputare al mancato sacrificio da parte di Abramo: per una crudele e paradossale logica del destino, il non aver avuto la forza – o forse la sicurezza necessaria – di sacrificare il proprio figlio secondo la volontà di Dio, ha condotto alla sua reale morte. Sembra che l’autore voglia dirci che bisogna compiere la volontà di Dio, anche quando incomprensibile, perché Dio possa intervenire con un’azione salvifica.
Sul piano delle citazioni popolari, colpisce trovare Fonzie, tratto da Happy Days, che compare come personaggio al quale il protagonista vuole assomigliare per avere quelle risorse necessarie per uscire dalla sua personale grotta di dolore (nella storia la grotta rappresenta il luogo da cui il narratore vorrebbe uscire, quindi una sorta di trappola o di limite che ne impedisce una vita libera e felice). Mi permetto di usare un verbo così forte e “poco imparziale” (colpisce) per sottolineare la varietà di contenuti che l’opera di Battestini accoglie, dando spessore ora ai fatti narrati, ora ai personaggi citati: c’è un gioco di metafore e di focalizzazioni, di cui sembrano strumenti ottici privilegiati proprio personaggi e citazioni, i quali aiutano chi racconta e chi legge ad avere un riferimento chiaro e materico dei concetti espressi.
Il tema della fede, come si può ben vedere dal ricorso a figure della Bibbia è vitale all’interno del fumetto: Abramo e Isacco, re Davide, il ruolo della croce e quello della sofferenza sono ineludibili per una lettura profonda delle pagine e della biografia di Battestini. In particolare, se ai personaggi del Vecchio Testamento è affidato un ruolo esemplificativo delle vicende narrate, a quello della croce del Cristo e al tema della sofferenza necessaria per attingere a una vita felice è conferito un ruolo cardine: la stessa immagine della crocifissione ricorre in diverse pagine, trasfigurata sulla base dei personaggi e dei luoghi che interessano la narrazione in un dato momento. Il problema stesso della sofferenza, intesa anche come sacrificio volontario torna con insistenza. Alla fine della lettura sembra che il narratore voglia dirci che è impossibile vivere senza soffrire, ma è auspicabile riconoscere il valore del sacrificio come atto volontario. Non casuale la comparsa della storia di Giobbe, come metafora dello scontro con la propria coscienza. La sofferenza ha diversi livelli di dolore, ma anche diversi campi di manifestazione: può derivare da altri, può non dipendere da nessuno e arrivare dalla vita stessa, può nascere dalle nostre azioni. In quest’ottica, il perdono diventa non una meta finale, ma un cammino, da farsi attraverso l’inevitabile via della croce: forse, cercare nel proprio dolore, è un modo per dare un senso al dolore ricevuto in eredità e non richiesto e poter così prendere la propria croce con consapevolezza e farne strumento di cambiamento in meglio.
La fede, del resto, è tema ricorrente anche nella produzione generale di Battestini e diverse sue opere sono incentrate su tematiche cristiane. Potrebbe sembrare scontato, ma è importante richiamare un dato: l’autore vive un cammino di fede, in particolare neocatecumenale. La sua è quindi una testimonianza autentica, di prima mano, non una ricostruzione a freddo, mossa da un interesse antropologico: è una fede viva, fatta di conquiste e inciampi. Segno tangibile (forse, per un fumetto sarebbe più opportuno scrivere “visibile”) di questo rapporto autentico è proprio la restituzione della sofferenza, delle resistenze e dei dubbi che ne precedono e ne seguono il percorso.
Sul versante artistico, il fumetto presenta un disegno che poggia non sul tratto delle linee, ma sull’uso del colore: scene e personaggi sembrano ricavati per mezzo di pennellate e non attraverso la chiusura dello spazio vergata da uno stilo. Ne vengono fuori sequenze in cui i corpi e gli oggetti di scena scivolano nell’ambiente che li circonda anziché emergerne, in favore di raffigurazioni ricche di sfumature e di giochi di ombre e chiaroscuri.
Il disegno è tendenzialmente frontale, sebbene non manchino vignette disegnate con prospettive audaci e inusuali. Eppure, il fumetto restituisce un’impressione bidimensionale, ma non in un’accezione negativa: la carta e la sua superficie sono sfruttate appieno e forse questa impressione è motivata dal focus narrativo, concentrato su persone, stati d’animo, dialoghi e problemi il cui spazio scenico è il primo piano: insomma, ciò che avviene è lì davanti a chi legge, sulla scena e non sullo sfondo. Per quanto riguarda lo stile, il disegno è cartoonesco eppure serio, espressivo in alcuni passaggi ma mai esagerato: anche quando trasfigura i corpi in scheletri – tendenzialmente per sottolineare la mortalità o la sofferenza di un soggetto – o quando ricorre a soluzioni cromatiche più espressionistiche – l’uso del rosso sullo sfondo, un’unica tinta sfumata per coprire un’intera vignetta di un solo colore e lasciare in trasparenza le scene disegnate – l’autore mantiene salda ed equilibrata la coerenza stilistica del fumetto.
In alcune sequenze iniziali si vede il protagonista all’opera: gli strumenti, le tavole mostrate possono forse essere lette come un omaggio o una prova del proprio lavoro. Il dettaglio delle mani, degli attrezzi da lavoro, del taccuino portano l’importanza del disegno, e della scrittura di un fumetto in particolare, direttamente nella storia. Questa citazione del proprio lavoro non può servire un puro gusto estetico, ma assume una valenza programmatica, anche per la posizione incipitaria di queste sequenze, con le quali in pratica si apre la narrazione dopo un prologo dai toni fantastici e metaforici: raccontare e farlo attraverso il disegno, quindi per mezzo di un fumetto, fa parte del cammino del protagonista. Il suo modo per riannodare i fili con la propria storia passa per un lavoro di scrittura e di creazione figurativa.
In conclusione, il fumetto di Battestini racconta la ricerca della felicità: questa indagine deve passare per i padri, compreso anche il Padre Celeste. La storia procede per giustapposizioni e non per sequenze ordinate e questa scelta narrativa richiede un lettore collaborativo, che deve prestare attenzione agli elementi sparsi, collegarli e attivarne il senso. Questa sinergia con l’intelligenza del lettore si fa più acuta nei momenti in cui si mostrano le vicende narrate attraverso un episodio biblico: conoscere il passo di riferimento, insieme ai dati acquisiti durante la lettura del fumetto, è necessario per sollecitare le possibili letture di questi aneddoti riscritti dall’autore nella più ampia storia raccontata nell’opera.
Quindi, l’ampiezza temporale del racconto dimostra quanto sia necessario per un figlio fare i conti con i propri padri; mentre il racconto, che qui assume la forma del fumetto, ci parla della necessità di rielaborare in una forma narrativa il dramma e dargli così un nuovo senso o del nuovo senso restituire testimonianza per mezzo del racconto.
Abbiamo parlato di:
Abbà Padre
Roberto Battestini
Neo edizioni, 2023
240 pagine, brossurato, colori – 24,00 €
ISBN: 9791280857064
Roberto Battestini, il fumetto, la vita e la fede