
A casa prima del buio di Francesco Moriconi ed Emiliano Albano è la biografia di Kristof von Hofmann, direttore d’orchestra beniamino del regime nazista. Protagonista di concerti di grande rilevanza anche propagandistica, nel 1943 abbandonò il Reich per gli Stati Uniti, dove continuò la sua fortunata carriera fino al 1952, quando, in seguito a un’accusa di omicidio, tornò in madrepatria per affrontare il processo e si suicidò, prima della cui conclusione, il 7 febbraio dello stesso anno.
Dopo la sua morte, la sua fama si è volatilizzata: se ancora oggi provate a cercarlo su un motore di ricerca internet, troverete un numero di risultati grandemente inferiore rispetto a suoi contemporanei, al tempo considerati pari o inferiori a von Hofmann, quali Herbert von Karajan o Wilhelm Furtwängler, che avevano continuato a dirigere nel Reich fino alla fine della guerra. Moriconi stesso racconta che le sue ricerche sul personaggio sono state stimolate dalla lettura di Imperatori della musica, di Lars Doork, poi affiancato dal diario di von Hofmann e da Per la mia educazione, biografia di Ester Weil, la ragazza ebrea che il musicista nascose o tenne prigioniera (a seconda delle versioni) a casa propria nel 1942, dopo la cattura dei suoi genitori.

Il fumetto è accompagnato da un imponente apparato editoriale, composto da introduzioni, postfazioni, interviste e note che offrono retroscena, precisazioni e fonti documentali su eventi, protagonisti e situazioni mostrate nelle tavole. Pubblicato originariamente sul settimanale Lanciostory (Fig. 1), è uscito, sempre per Editoriale Aurea, fra il 2017 e il 2021 in tre volumi brossurati, detti “Movimenti”, intitolati rispettivamente Andante – Sarabanda, Scherzo e Marcia al supplizio.
L’opera: elementi
A casa prima del buio è costruito come sequenza di scene di varia lunghezza, ognuna a formare un capitolo, introdotta dalla pagina sinistra con titolo e citazione di due brani musicali. La successione non è strettamente cronologica, soprattutto nell’ultimo volume, nel quale lo scioglimento di molte delle trame porta il racconto a oscillare fra il 1952, il 1942 e il 1951.
Visivamente, l’approccio è naturalistico e sfrutta un bianco e nero ricco di campiture e tratteggi, senza sfumature. I primi piani e i ritratti prevalgono rispetto ai campi medi e lunghi e i particolari sono molto curati per volti e corpi, mentre ambienti e scenari hanno un livello di dettaglio variabile, in base al fuoco (narrativo) dell’inquadratura e della scena. La resa delle fattezze dei personaggi, del loro abbigliamento, dei luoghi, degli edifici, degli oggetti e dei mezzi mira all’aderenza storica ed è sempre basata sulla documentazione iconografica del tempo. Contraltare della cura ritrattistica di ogni vignetta è l’instabilità della rappresentazione dei volti dei personaggi, che in alcuni casi cambiano all’interno della stessa scena.
In generale, risulta interessante e ben apprezzabile l’accresciuta padronanza da parte di Albano della costruzione della tavola e della resa dei dettagli e della figura umana. Lo stile grafico rimanda direttamente agli anni ’70 del secolo scorso, mentre la fluidità dei dialoghi e la velocità della narrazione – data dalla costruzione delle scene che suddividono in molte immagini brevi intervalli di tempo – sono marche pienamente contemporanee.
Attorno a von Hofmann, sempre indiscusso riferimento di ogni azione o parola, si muove un cast ampio e variegato, le cui azioni creano una continua modulazione del tono dominante, dato dall’accumulo di tensione scena dopo scena. Questo costante aumento di tensione è costruito tramite l’introduzione in ogni scena di un elemento solo parzialmente risolto, che si carica di potenziali conseguenze per lo sviluppo degli avvenimenti.
Abbiamo quindi l’architettura narrativa di un mystery, che nel lavoro di Moriconi e Albano si sostanzia in un vero e propria foresta di vicende personali portate via via sulla scena, lasciate pendenti e risolte nel capitolo finale. Da quella di von Hofmann, infatti si diramano quella di Ester, quella del figlio Detlev, che risulta morto, quella di due donne uccise misteriosamente, quella del poliziotto Vogel, convinto che il Maestro pupillo delle gerarchie naziste sia un pericoloso maniaco omicida, quella di Flora, ragazzina gelosa di Ester e infatuata del maestro, quella di padre Haas, con il quale l’artista ha un ambiguo rapporto di complicità. Alla fine, tutti i nodi si sciolgono, meno uno, quello al centro di tutto il fumetto: la natura dell’animo di von Hofmann.
L’esperienza di lettura
Letta l’introduzione di Moriconi, che offre “tutto quello che dovreste sapere prima di mettervi comodi sulla poltrona di questo teatro”, l’immersione nei fatti avviene attraverso la fluidità della sequenza iniziale, che in due pagine ci guida da un ufficio medico alle strade della Berlino del 1941. Una successione di dodici vignette ritmata da dialoghi e cambi di scena, che comunica il clima della persecuzione antiebraica. Uno stacco netto ci porta poi alla Wiener Staatsoper un anno dopo e racconta l’evento che mette in moto l’intreccio che si dipana nei tre volumi: la fuga beffarda del maestro Kumpf.
Lungo tutto il libro, la percezione dell’atmosfera, per così dire, pubblica è tenuta viva attraverso scene di ordinaria quotidianità che coinvolgono i gli attori che ruotano attorno a von Hofmann. Ne vien fuori un’aria malsana, spesso nutrita dalle ampie campiture nere sulle quali spiccano i volti bianchi o gli sguardi perennemente aggrottati: non ci sono sorrisi sereni e ogni sguardo sembra nascondere una seconda intenzione. In questo, l’instabilità dei volti, costante lungo tutto il volume, aggiunge una sfumatura inquietante, nella misura in cui finiamo per interpretarla come manifestazione dell’instabilità degli animi, dei sentimenti, delle emozioni. Questo è un elemento che disorienta in ogni scena nella quale lo incontriamo, perché ci impedisce di fermare la fisicità stessa dei personaggi.
Tutto l’intreccio si trascina in un’ambiguità che viene alimentata attraverso l’utilizzo di uno sguardo esterno ai protagonisti e chiama in causa il lettore, aumentandone il coinvolgimento. In assenza di un narratore o di punto di vista onnisciente ci troviamo di fronte a comportamenti che compongono, con poche eccezioni, figure sfaccettate, finanche contraddittorie, per le quali non troviamo una interpretazione univoca e delle quali finiamo per diffidare. E questo, in effetti, è l’elemento di realismo più profondo dell’opera: non ci è dato il conforto di un giudizio che possa dirsi sicuro di sé. Se questo è evidente riguardo von Hofmann, è particolarmente spiazzante riguardo Ester, della quale cogliamo una sensualità a volte addirittura aggressiva nei confronti del suo salvatore/carceriere.
Questa impossibilità di stabilire un punto di vista saldo è ciò che in ultima analisi avvince, poiché rende imprevedibile l’andamento e l’esito delle situazioni che di volta in volta seguiamo: non abbiamo appigli per una lettura confortata o guidata e l’istintiva tendenza a dare una soluzione semplice al caso von Hofmann resta frustrata, vorremmo “sapere”, ma non abbiamo elementi per decidere. Che cosa pensava von Hofmann mentre visitava il campo di Mauthausen? Che cosa sentiva per Ester? Perché ha scelto di togliersi la vita?
Nell’esperienza di lettura, pesano sicuramente la conoscenza e la passione per il periodo storico e i temi morali che emergono con forza – ma senza didascalismo – dalla narrazione. A questo riguardo, note e appendici contribuiscono significativamente alla suggestione delle scene e al coinvolgimento del lettore, grazie ai tanti dettagli che danno profondità all’ambientazione.
Ringraziamenti
Ringrazio Marco d’Angelo per avermi fatto conoscere e procurato l’opera e Angela Pansini Valentini per aver revisionato con pazienza la bozza di questa recensione e aver suggerito modifiche che l’hanno resa più fluida.
Abbiamo parlato di:
A casa prima del buio voll. 1-3
Francesco Moriconi, Emiliano Albano
Editoriale Aurea, 2017, 2019, 2021
191, 174, 158 pagine, brossurato, bianco e nero – 16,90€ cad.
ISBN: 9788899350734, 9788833820552, 9788833821290