La fine di un’epoca. Oppure, l’inizio!
“Per tutti i diavoli, che mi siano ancora alle costole?“. Così inizio’, nel 1948, la lunga cavalcata di Tex Willer…
A prima vista, nel nostro quotidiano immaginario, ci sono cose che sembrano non mutare mai. Sarà forse per questo che le amiamo: per l’immutabilità che esse rappresentano. Tra le tante, come come i Jeans, la Ferrari, il Gran Canyon, sicuramente c’é Tex. Da diversi mesi, sulla scia di una serie di fortunate ristampe di volumi a fumetti abbinati a quotidiani e settimanali, è partita l’ennesima proposta (in questo caso di Repubblica/L’Espresso) che vede il fumetto protagonista. Ed è proprio Tex, il personaggio portabandiera di tutto il mondo delle nuvolette nostrane, il personaggio coinvolto in questa ultima uscita, grazie alla competenza e complicità di Luca Raffaelli.
La ristampa ci presenta, ancora una volta, le avventure iniziali dell’eroe, opera del duo Giovanni Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini; quella serie di strisce (come da formato originario) che sono la vera e propria “Età Aurea” del personaggio, una Golden Age, per dirla all’americana! La novità, in questo caso, tale da rendere la ristampa davvero particolare, è la realizzazione attraverso l’inedita aggiunta del colore.
Sergio Bonelli, editore del personaggio e figlio dell’autore G.L Bonelli (un fratello di Tex, per molti, ci perdonerete la battuta – ndr), nella ricca e gradevole nonché pertinente e qualificata presentazione del primo volume, racconta dei suoi iniziali dubbi sull’aggiunta del colore a tali storie facendo riferimento alle numerose e prolungate richieste dei lettori che in passato spesso hanno fatto pressione per una ristampa a colori. Nel passato, l’editore non ha mai voluto adottare questa soluzione per due motivi, a dispetto di tali e tante richieste. In primis, Sergio Bonelli seguiva la sua personale convinzione secondo la quale il fumetto “vero”, quello che esalta le qualità del disegnatore, è solamente quello in bianco e nero. Per questo ma non solo la policromia ha rappresentato per le sue pubblicazioni un evento eccezionale (ricordiamo i famosi numeri “100” delle varie serie Made in Bonelli, ad esempio). In secondo luogo il tipo di disegno, realizzato per strisce e quindi abbastanza piccole e non “di ampio respiro”, faceva sì che la colorazione rendesse le vignette letteralmente “impastate” dal colore con un deficit di leggibilità.
Questi dubbi restano in buona parte anche dopo questa edizione; riprendiamo in mano il primo volume. La superba copertina, rivista dal talentuoso Claudio Villa, attuale copertinista della serie mensile, ripropone con efficacia l’effige della primissima vignetta in cui apparve Tex nel 1948. Di seguito, sfogliando questo, come i successivi volumi, ritroviamo le primissime avventure che al tempo presero forma grazie all’estro ed alla bravura del mitico Galep. Tavole che, seppur paradossalmente realizzate di notte -come ginnastica- a detta del maestro per far “sciogliere” la mano provata dal gran lavoro di fino eseguito durante il giorno per “Occhio Cupo“, suscitano ancora oggi una miriade di emozioni. Sono tavole spesso frenetiche, addirittura ipercinetiche, sicuramente nervose e, forse proprio per questo di una bellezza unica. I tempi di realizzazione, la sintesi, il formato fanno sì che quattro pennellate riescano a delineare un canyon o un cavallo in corsa o un duello. Il tutto comunque producendo un fumetto che agli occhi dei lettori era sì come vedere un “film fatto in casa” e forse anche di più; questo perché quei disegni trasmettevano emozioni e colpivano i sensi. Non sembra azzardato dire che ci secchiamo la gola a “sentire” la polvere sollevata dalla corsa dei cavalli o che ci sale l’adrenalina nel “sentire” l’acqua fredda del fiume dopo la caduta dal burrone. L’atmosfera, il ritmo della storia, i disegni rapidi, tutto questo fa sì che sembra ci brucino le narici nel “sentire” l’acre odore delle pallottole esplose o ci rimbombino in testa i colpi di fucili. Insomma, un coinvolgimento totale che un colore dato a tavole nate per il bianco e nero tende a smorzare e ad affogare nella piattezza, oltretutto uccidendo un romanticismo puro e vitale nell’essenza d’altri tempi. Si capisce benissimo e sembra essere del tutto logica, quindi, la ragionevole titubanza dell’editore al di là delle sue stesse convinzioni.
La realizzazione di questa opera a colori, già difficile per i motivi tecnici detti sopra, pecca anche per una infelice quanto precisa scelta fatta dai responsabili che vede risaltare (in gergo “sparare”) il giallo della camicia di Tex in contrasto con il “grigio” del resto delle vignette. Un tocco “malinconico” dato da colori virati allo scuro: la bella Tesah e il resto degli indiani, per fare un solo esempio, non sono troppo gradevoli con una carnagione “cerulea”. Anche se probabilmente su questo qualcuno dirà sicuramente il contrario, apprezzando questa soluzione “poetica”.
Nella speranza di non essere frainteso vorrei tornare alla questione vera di cui accennavo all’inizio di questo scritto; “l’immutabilità di Tex”, vista come un elemento assoluto, tanto immutabile non lo è se non unicamente come linea editoriale.
Quei piccoli/grandi, impercettibili cambiamenti nel tempo (o consequenziali adattamento ai tempi) pur non intaccando l’essenza dell’inalterabilità letteraria, portano sempre una variabilità. Tex è un fumetto nato per il bianco e nero, eppure la sua ristampa a colori non è “novità tout court” di questa edizione Repubblica/L’Espresso; già da molto tempo e con notevole successo in libreria, infatti, Tex “a colori” esiste già nei volumi strenne Mondadori.
A questo punto, pur con i dubbi esposti, crediamo che questa del colore sia decisamente una formula da tener presente, visto il confermato successo dato da queste iniziativa, da seguire, sviluppare e non trascurare o abbandonare. Ci piacerebbe che l’editore vero di Tex, quello di via Buonarroti in Milano, pensasse anche a produrre, affiancando al classico formato, una linea parallela, magari cartonata, magari nel format dei cosiddetti Texoni, magari con meno pagine, magari come un volume alla francese (un po’ come avverrà per Dylan Dog, con un volume speciale a colori composto da storie brevi, anche se nel formato classico – ndr)! Ci piacerebbe che realizzasse una produzione costruita proprio per il colore, per i nuovi e anche per i vecchi lettori. Utopia?
Forse sì, ma potrebbe stuzzicare molti l’idea che si possa ripartire, raccontando le vecchie, storiche, prime imprese di Tex, rivedendole e ridisegnandole avvalendosi della forza intrinseca di tali storie e della bravura di autori (come Villa e Ticci per citarne due) lasciando alle strisce ed al disegno di Galep al mito e alle emozioni che evocano così come sono.
Si può benissimo, senza tradirne lo spirito, mirare alla ricerca di una nuova emozione e un nuovo “punto di vista” rimanendo nella storia del personaggio che è, e che resta, immortale. Il primo volume, omaggi, di Tex di Repubblica è andato a ruba e la tiratura è stata bruciata in mezza mattinata. Che l’editore ci rifletta sul desiderio del colore da parte dei lettori e magari riveda anche l’idea di far produrre ad altri tali albi (visto che i tecnici e curatori di tale edizione sono della sua stessa scuderia!). In fondo vedere una serie di Tex con la scritta in copertina “I fumetti di Repubblica- L’Espresso” a me ha fatto una certa impressione abituato come sono a leggere… Sergio Bonelli Editore.
Riferimenti:
Sergio Bonelli Editore: www.sergiobonellieditore.it
Repubblica, pagina della collana: marketing.repubblica.it/TEX