TEX 600 – Tito Faraci ed un amico di nome Tex Willer

TEX 600 – Tito Faraci ed un amico di nome Tex Willer

SPECIALE TEX - Dopo tanti disegnatori è il turno di uno sceneggiatore, Tito Faraci, tra i più recenti a entrare nel mondo di Tex. Tito ci parla del suo rapporto con il personaggio bonnelliano e della sua visione del mondo in cui si muove.
Tito Faraci. © photo by Davide G.G. Caci

Brevemente, cosa ha acquistato e cosa ha perso Tex (da un punto di vista umano, caratteriale) con il passare degli anni, rispetto a venticinque anni fa, quando era un “giovane scavezzacollo”?
Ha acquistato un passato, una stratificazione di eventi e di esperienze che il lettore percepisce, così come chi scrive. Questo anche se non si tratta una serie con una continuity ferrea e incombente. Inevitabile quindi che oggi Tex risulti più “maturo” (vecchio mai!).

Quali sono le caratteristiche fisiche e di portamento di Tex che ti sembrano davvero peculiari?
Per me è il classico “ultimo uomo in piedi” da hard boiled. Non lo butti giù. E se anche ci riesce, per un istante, lui si rialza più forte. Ecco, in due parole: forza e resistenza. Visivamente, mi piace massiccio.

"...Non lo butti giù. E se anche ci riesce, per un istante, lui si rialza più forte..."

Pensi che sia facile avere a che fare con un personaggio così sicuro di se e così di poche parole?
Bé, non è poi così di poche parole, anzi! Tex ha tutto un suo lessico, si serve di straordinarie metafore a volte anche abbastanza complesse. Sicuro di sé lo è, eccome. Per un autore la sfida è rendere interessanti storie di un personaggio così “infallibile”.

Ormai frequenti Tex da molto tempo; dal tuo punto di vista lo stargli vicino ti incute normalmente più timore o più sicurezza?
Ho ancora parecchia paura.

In che occasione ti farebbe piacere trovartelo al tuo fianco?
Mi è molto difficile considerare i personaggi delle storie come persone reali. Semplicemente, perché non lo sono. Quindi non riesco a risponderti.

Tex agisce in un mondo un po’ complicato; abbastanza “rude” nel quale spesso sono ignorati i principi base del vivere civile. Ti sembra animato da una “morale” superiore alla media nel contesto in cui agisce?
La domanda si riferisce a “principi di base del vivere civile” della nostra epoca, non del Selvaggio West. Come autore, cerco di non finire nelle sabbie mobili del politicamente corretto.

Quanto credi sia difficile per lui cercare di mantenere una condotta “giusta” in un mondo (il vecchio West) decisamente violento e popolato da fin troppi “fuorilegge”?
Per Tex è naturale come respirare. Sa vedere il bene e il male e, in mezzo, una linea di demarcazione netta.

"...Tex ha tutto un suo lessico, si serve di straordinarie metafore ..."

In decenni di avventure ormai pare non sorprendersi più di nulla e sembra incontrare delinquenti sempre più terribili e “cattivi”. Questi professionisti del delinquere pensi possano abbattere il suo ottimismo di fondo visto che gli dipingono un mondo nel quale il male sembra sempre cercare nuove e peggiori vie?
No. Gli ideali di Tex sono troppo radicati nel personaggio. Sono la sua natura.

Eppure non è una mosca bianca; nelle sue avventure spesso si incontra e familiarizza con persone destinate poi a diventare suoi amici che, come lui, si stagliano nella società in cui vivono… è questa la vera “famiglia di Tex”?
Sì, i suoi pards per Tex Willer sono la cosa più vicina a una famiglia.

Entrando in campo minato; come vedi il suo rapporto con l’altro sesso, a distanza di oltre venticinque anni dalla morte della sua moglie Lilith?
Non lo so, non ci penso mai. È un filone che non mi interessa.

Ancora più in terreno minato: credi che Tex creda nella sola capacità delle persone di manovrare la propria vita (e sia quindi totalmente razionale, ateo) o pensi che anche lui creda in una presenza divina, magari tenendosene alla larga, ma “rispettandola”?
Ma no, non è un terreno minato. È facile rispondere. Preoccuparsi di queste questioni non fa minimamente parte della natura del personaggio.

“…Per molti lettori, Tex è stato anche un punto di riferimento morale…”

Tex ha un fratello “indiano” che è Tiger Jack (oltre ad uno vero morto in circostanze tragiche); con lui ha diviso avventure, dolori e molta “vita”. E’ esempio ante litteram di tolleranza razziale in un contesto estremamente razzista? E’ questo anche un buon “esempio” per chi lo vuole bene e ne segue le gesta?
Bé, ho sempre creduto nel valore “morale” delle storie di Tex. Credo che in questo senso abbiano significato molto, nell’Italia del dopoguerra, fino a oggi. Per molti lettori, Tex è stato anche un punto di riferimento morale.

“…Sicuro di sé lo è, eccome. Per un autore la sfida è rendere interessanti storie di un personaggio così "infallibile"…”

Come vedi tu l’amicizia pluridecennale con Kit Carson? Fra scazzi, innumerevoli rischi e ferite e tantissime avventure a lieto fine i due, quando si muovono in coppia, sono quasi una persona sola…
Quasi. È molto importante, per uno sceneggiatore, mantenere distinte le due personalità. In particolare, non lasciare Carson nel cono d’ombra di Tex, non renderlo una semplice spalla. È un personaggio con sue caratteristiche interessanti.

“…Come autore, cerco di non finire nelle sabbie mobili del politicamente corretto…”

Tex è una persona di spirito sicuramente ma non certo un allegrone o un caciarone o un gaudente; come vedi, in quest’ottica, la presenza di Kit Carson al suo fianco?
A volte serve per alleggerimenti ironici. (Ma non bisogna esagerare, per non finire nel macchiettistico.)

Ci parleresti, tu che lo osservi spesso, del modo di fare di Tex? Parlo del suo modo di parlare, di guardare gli interlocutori, di porgersi…
La presenza di Tex influisce su tutto ciò che lo circonda. È come se… deformasse il tempo e lo spazio, attorno a sé. E l’eroe che cambia il mondo, anche solo osservandolo.

Quanto del padre Tex rivedi in Kit Willer, ormai giovanotto più che cresciuto? Fisicamente, negli atteggiamenti, che differenze vedi fra i due?
Vedo molto. Mi piace l’idea del confronto, quasi di una benevola sfida. Kit ha avuto meno esperienze: ha la grinta non mediata dalla saggezza.

Hai mai provato a calzare il cappello di Tex? Pensi che per lui sia solo uno strumento (per ripararsi, etc) o qualcosa in più (un feticcio, un mezzo per non farsi guardare negli occhi…)?
Non ci ho mai riflettuto molto. Cerco di non farglielo perdere mai, se non per brevissime scene.

"...Mi piace quando parla al suo cavallo, quando lo chiama "fratello"... "

Come vedi il suo rapporto con il cavallo, il suo “mezzo” principe di trasporto?
Mi piace quando parla al suo cavallo, quando lo chiama “fratello”. La natura attorno a Tex è a volte dura, brutale, ma lui è in un rapporto di armonia con essa. Ecco, forse questo è l’unico, giusto lato spirituale di Tex.

Tex è un combattente, come si suol dire, “nato”. A pugni, calci, con il coltello, arco, pistole, fucile… è sempre il migliore nel battersi e nel difendersi. Eppure, invece di compiacersi delle sue capacità, sembra talvolta restio ad usarle oppure ad usarle per fare molto male. Come lo vedi usare la violenza e le armi?
La violenza è un mezzo, non un fine. Non esita a usarla, senza pentimenti, ma non gli provoca alcun particolare piacere. La questione spesso si riduce a “uccidere o essere uccisi”.

Il Tex, soprattutto quello degli inizi, era decisamente spietato (non a caso un titolo di un famoso film western); all’epoca non v’era altra via che quella della “Colt” per risolvere alcune questioni?
Non lo so, bisognerebbe chiederlo a uno storico.La cosa, per me come autore, non ha importanza. Tex vive nel territorio del Mito. E la Storia, quella con la maiuscola, spesso è nemica delle storie.

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