di Olivier Ka e Alfred
Tunué, mag. 2009 – 120 pagg. col. bros. – 14,90 euro
“Ho ucciso Pierre” perché sì. “Ho ucciso Pierre” perché non l’ho mai ucciso, né avrei mai potuto. Pierre non è morto, solo che vent’anni dopo non è più quell’uomo grosso, barbuto e peloso (quanti particolari “virili” restano nel ricordo) che faceva paura e male. Vent’anni dopo Pierre è solo un uomo vecchio, fragile e molto più piccolo del narratore, lo sceneggiatore Olivier Ka, vittima a 12 anni delle attenzioni del prete Pierre. Ka rivela la sua storia di bambino forse troppo solo in famiglia che cresce e un giorno finisce come il topo (memorabile sequenza di vignette) vittima delle attenzioni del felino prete, nel silenzio più assoluto. Ma nel silenzio il male lavora e cresce fino ad esplodere, in un’occasione ben precisa, quando il coperchio dell’indifferenza non regge più e allora bisogna raccontare per liberarsi, per tornare e “uccidere”. Tre inusuali tavole fotografiche raccontano il viaggio fino al nuovo e conclusivo incontro con Pierre e il proprio passato. I disegni sottolineano il tessuto emotivo del racconto con tratti a volte duri, pesanti o marcati. Un racconto semplice e diretto, senza morale, retorica o rabbia. Resta, alla fine, l’immagine di copertina: davanti al mare, qualche nuvola in cielo, un bambino solo forse un po’ sognatore, sembra ancora chiedersi “Perché…” (Walter Troielli)
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