di Frank Miller
RCS quotidiani/Panini Comics, 2006 – 152 pagg. col. bros.
Sin City. Nell’immaginario dell’appassionato di fumetti questo nome riecheggia e rimbomba evocando ricordi e speranze di ciò che un fumetto dovrebbe essere. La vicenda raccontatavi dovrebbe essere conosciuta al grande pubblico grazie alle numerose edizioni di cui quest’opera ha goduto negli ultimi anni, cui va aggiunto anche un film molto sperimentale e quanto meno interessante. Ma più che le varie vicende ed i vari personaggi che si muovono all’interno di questa e di tutte le altre storie della saga di Sin City, ciò che preme evidenziare è come il protagonista più importante al quale viene dato il centro dell’attenzione narrativa e non sia la stessa Città, Sin City appunto. È lei, la Città del Peccato, a muovere i vari attori. Ad infettarli col proprio veleno sino a farli diventare nient’altro che la propria rappresentazione su un piano di esistenza di carne ed ossa anziché cemento ed mattoni. Il “peccato” che si porta nel nome è la sua rappresentazione più vera e la Città Vecchia (il quartiere malfamato) ne è l’anima, la roccaforte. È d’altro canto facile obiettare che la città è così come i suoi abitanti la “costruiscono”, nel senso che la città si trasforma sotto la spinta vitale dei suoi cittadini. Ed ecco che si capisce come, per raccontare una città, Miller decida di raccontare le vicende dei suoi abitanti. Di quelli più reietti e disgraziati, ma anche più veri e sinceri visto che i problemi in Sin City non provengono mai dalla Città Vecchia. Se Goldie (la ragazza il cui omicidio dà la stura a tutto) muore gli assassini non vengono certo da lì. Il peccato può essere affascinante, ma è nient’altro che la valvola di sfogo dei “giusti”. Di quelli, nelle cui case lussuose e linde, i tappeti coprono la vera sporcizia, sempre mista a dollari e potere. È lì che si annida la vera cattiveria, è lì che bisogna cercare i colpevoli. È questo che l’autore ci sbatte letteralmente in faccia seguendo e rispettando tutta la tradizione del noir da Chandler in poi ed è questo che trascina il lettore di pagina in pagina sino al finale inevitabile e doloroso. E ce lo racconta creando per noi il luogo ideale in cui i “giusti” possano dare libero sfogo ai loro desideri più neri. Un posto pericoloso e vero, come già detto, un posto da chiudere in un ghetto, la Città Vecchia appunto, ma anche da proteggere in modo che i finti moralismi borghesi ve ne restino alla larga. Del resto è tipico dei borghesi sfogarsi e pentirsi al solo scopo di poter meglio peccare la volta dopo. Ed a protezione di questo cuore nero Miller, da gran bastardo qual è (sono certo gli piacerebbe la definizione) vi pone quanto di più bello, dolce e letale possa esistere: delle donne, delle puttane, degli angeli del piacere pronte a soddisfare ogni desiderio purché si rispettino certe regole. Insomma entrate nella Città Vecchia, seguite Marv nella sua ricerca e vedrete ciò che non dovrebbe essere visto. Vi divertirete e ne uscirete cambiati o, forse semplicemente, darete uno sguardo al nero che vi portate dentro. (Michele Quitadamo)
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