Dany & Dany (Daniela Serri e Daniela Orrù) dopo anni di gavetta hanno visto i loro fumetti pubblicati in Germania e negli Stati Uniti. Un prestigioso riconoscimento al loro lavoro è stato il recente invito all’Anime Central, una delle maggiori fiere americane di anime e manga, come ospiti d’onore e rappresentanti del “Global manga” per l’Edizione 2008. In occasione di questo importante riconoscimento abbiamo scambiato con loro quattro chiacchiere sul loro percorso editoriale e sulla difficoltà incontrate nell’affermarsi come autrici manga.
La vostra passione per il manga quando è nata? Come vi siete conosciute e quando è iniziata la vostra collaborazione?
In effetti, è difficile individuare il momento preciso in cui è nata la nostra passione per lo stile giapponese. Ricordiamo che fin da piccolissime preferivamo i cartoni animati nipponici a tutti gli altri: trovavamo che i disegni fossero più espressivi e le storie più coinvolgenti. Prima ancora dell’avvento dei manga nelle fumetterie italiane, noi già disegnavamo manga senza neanche sapere che i manga esistessero. Ci veniva spontaneo utilizzare quei modelli espressivi, perché sentivamo ci calzassero a pennello. Per questo motivo, non capiamo chi storce il naso al pensiero di un autore italiano che disegna in stile giapponese… Sarebbe come criticare un chitarrista italiano che suona Metal o Rock, perché la tradizione della canzone italiana è Sanremo.
Tornando a noi, il nostro incontro è avvenuto circa dieci anni fa, quando un amico comune ci ha presentate. Quattro anni dopo, abbiamo visto pubblicato il nostro primo fumetto realizzato insieme.
Immagino che la scelta di disegnare in stile manga non vi abbia aiutato per arrivare in breve tempo ad una pubblicazione. Quali sono state le vostre prime esperienze editoriali?
Immagini bene. Qualunque editore italiano davanti al nostro portfolio diceva sempre la stessa cosa: “Sì, brave. Ma è troppo manga. Provate magari a cambiare stile.” Naturalmente non ci è mai passato neanche per l’anticamera del cervello di seguire questo consiglio. E la nostra caparbietà alla fine è stata premiata. Se oggi i nostri lavori vengono pubblicati negli Stati Uniti e in Germania è proprio grazie al nostro stile.
La nostra prima esperienza editoriale risale a sei anni fa, quando una nuova casa editrice italiana, la Echo Communication, ci contatto’ per proporci di realizzare delle graphic novel per una collana a fumetti a tema yaoi. Accettammo subito, anche perché non ci fu posto alcun limite riguardo allo stile di disegno. La proposta era a dir poco rivoluzionaria! La Echo pubblico’ i nostri primi due fumetti: “La luna nel pozzo” e, un anno dopo, “Eikon”. Purtroppo, come spesso accade alle piccole produzioni, la Echo dovette chiudere i battenti di lì a poco. Decidemmo quindi di provare ad autoprodurci e di percorrere una strada indipendente: così pubblicammo “Lemnisca”, l’episodio pilota di una serie a tema vampiri. Il nostro lavoro fu subito notato da un’altra casa editrice italiana, la Indy Press, la quale ci contatto’ per proporci di realizzarne una serie. Anche in questo caso, nessun paletto riguardo allo stile e il nostro entusiasmo salì alle stelle! Dopo sei mesi di lavoro, ci arrivo’ la mazzata in testa: la Indy Press era sull’orlo del collasso e chiuse baracca e burattini. Incoraggiante, vero? Per fortuna siamo testarde di natura e non ci fermammo lì. :-)
Voi siete tra le poche autrici italiane che hanno attraversato i confini italiani per arrivare a pubblicare in diversi paesi esteri. Vi siete proposte voi o sono stati gli editori a contattarvi?
Finora siamo sempre state contattate e sempre tramite il nostro sito internet. La rete in questo si è rivelata davvero essenziale!
Ora una domanda un po’ provocatoria. Cosa rispondete a chi sostiene che non abbia molto senso utilizzare il termine manga da parte di autori occidentali che si mettono a disegnare come i giapponesi? Non sarebbe meglio utilizzare in questo caso il termine OEL?
I puristi italiani si scandalizzano a sentir parlare di “manga occidentale”, eppure tutti capiamo perfettamente quale fenomeno questa definizione (giusta o sbagliata che sia) tenti di descrivere. È un fenomeno nuovo, talmente nuovo che ancora non è stato battezzato qui in Italia. Ad ogni modo, come dice Shakespeare, una rosa non cesserebbe di avere il suo profumo se la chiamassimo con un altro nome, no? I cavilli li lasciamo agli avvocati e ai notai. Con l’acronimo OEL manga si vogliono indicare gli “Original English Language manga“. Il che escluderebbe pero’ quelli pubblicati in altre lingue. Per questo motivo, ultimamente si sta affermando un’altra definizione: “Global manga“, che fa contenti un po’ tutti. Esclusi gli Italiani, che continuano a cavillare sulle definizioni e a snobbare la sostanza del fenomeno.
Siete per una contaminazione del manga col fumetto occidentale, come per esempio i fumetti dei Kappa Boys, o ritenete, invece, che sia più giusto rispettare del tutto i canoni del fumetto giapponese?
Secondo noi il fumetto non dovrebbe avere regole. Diciamo che parteggiamo per i buoni fumetti.
Comunque, un prodotto immune da contaminazioni non esiste. L’originalità (altra chimera…) sta proprio in quella particolare ed unica sintesi di contaminazioni che l’autore, volente o nolente, dà alla sua opera. La sua esperienza personale, il suo temperamento, i suoi gusti, le sue letture, le sue suggestioni, etc. si mescolano fra loro e creano l’opera. Nel nostro caso l’influenza giapponese è solo superficiale, si limita all’estetica della “scatola” per così dire: il “contenuto” è occidentale al cento per cento, così come lo siamo noi.
La vostra passione per il Giappone si limita solo al manga o cercate di approfondire la cultura nipponica, attraverso la narrativa, il cinema o, magari, anche nella gastronomia?
Più che una passione vera e propria, la nostra può dirsi una forte simpatia mischiata a curiosità.
Per quanto riguarda la gastronomia, invece, la nostra esperienza è stata deludente. Lo scorso Ottobre eravamo ospiti allo Yaoi Con a San Francisco e il nostro editore ci ha portate a Japan-town per un giro turistico ed infine per il pranzo. Avevamo davanti un vassoio enorme pieno di tante leccornie colorate ed invitanti a vedersi. Ma a mangiarsi… Eh-eh, abbiamo quasi digiunato, se escludiamo il brodo di tofu e un po’ di sushi.
Come vi trovate ad essere autrici delle storie che scrivete? Avete mai disegnato storie scritte da altri autori?
Ci troviamo benissimo. Adoriamo scrivere e adoriamo disegnare… cosa c’é di meglio che unire le nostre due passioni di sempre? Pero’, se mai dovessimo realizzare una storia scritta da un altro autore, l’ideale sarebbe lavorare su una sceneggiatura come quelle americane, che lasciano ampia libertà al disegnatore. Insomma, ammettiamo di soffrire di claustrofobia.
Come organizzate il vostro lavoro? Avete dei compiti precisi o scrivete e disegnate nello stesso tempo?
La nostra collaborazione è decisamente sui generis. Solitamente, se nei credits di un fumetto compaiono due nomi, ci si aspetta che uno appartenga allo sceneggiatore e l’altro al disegnatore. Noi invece siamo entrambe le cose. Scriviamo la sceneggiatura a quattro mani, dopodiché procediamo dividendo il lavoro a metà: se il fumetto è di 100 pagine, ad esempio, ognuna di noi studierà lo storyboard di 50 pagine e di quelle 50 curerà poi ogni cosa, dalle matite, alle chine, per arrivare infine ai grigi. Dividiamo anche il character design, ovviamente: se ad una di noi spettano i personaggi X, Y e Z, li disegnerà per tutto il fumetto, anche quando quei personaggi compaiono nelle 50 tavole di competenza dell’altra. E viceversa. Complicato, eh? :-P
Scrivere e disegnare storie Yaoi è stata una vostra scelta o invece avete seguito una precisa richiesta dei vostri editori?
Finora ci è stato proposto. Ma, se abbiamo accettato, è perché la cosa non ci dispiace. Una storia d’amore è una storia d’amore. Sempre. Fosse anche tra lo spirito di un fiume e lo spirito di un albero.
Durante l’indagine sull’assassinio della studentessa inglese Meredith Kercher. gli investigatori hanno trovato dei manga a casa di Raffaele Sollecito, uno degli indagati per questo delitto. Nel mirino è stato preso in modo particolare Devilman di Go Nagai, a cui è stata attribuita una forma di istigazione alla violenza, Cosa pensate di questa caccia alle streghe, che ogni tanto, viene lanciata verso il mondo dei fumetti?
Pensiamo che sia un mezzuccio squallido per decolpevolizzare i nostri “bravi ragazzi” italiani. È grottesco, ma secondo questi “inquisitori postmoderni”, diventeremmo serial killers dopo aver visto Saw – L’enigmista, ci lanceremmo dalle terrazze dei palazzi dopo aver visto Spiderman, diventeremmo rapinatori dopo aver visto i film sulla simpatica gang di Ocean e così via. La verità è che se sei marcio, l’ispirazione ti viene da dentro e di conseguenza leggerai tutta la realtà che ti circonda secondo i tuoi canoni marci. Un coltello lo puoi usare per tagliare il pane o per uccidere, la scelta è tua non del coltello.
Una vostra opinione sulla censura, o quanto meno di condizionamenti da parte degli editori. Sia per quello che riguarda la scelta dei contenuti sia per le questioni tecniche. Vi è mai capitato? E se vi capitasse in futuro quale sarebbe la vostra reazione?
Dal discorso di sopra alla censura il passo è breve, anzi diciamo pure consequenziale. Si può già capire quindi come la pensiamo al riguardo: la maggior parte della censura non solo è inutile, ma è anche dannosa. Basta dare un’occhiata alle fiction televisive italiane per renderci conto dell’appiattimento e dello scadimento qualitativo delle produzioni nostrane. Che tristezza… è tutto omologato e ricoperto di glassa. Un conto è avvisare che tale prodotto è “destinato ad un pubblico maturo”, un altro è falciare quel prodotto. Qui siamo ben oltre la semplice censura: siamo arrivati al parossismo. Nel mondo del fumetto forse si gode di maggiore libertà, ma solo perché si tratta di un mezzo sostanzialmente “povero” e a scarsa diffusione se paragonato ad altri media. Comunque non mancano certo le eccezioni che, guarda caso, coincidono proprio con i nomi illustri delle case editrici più grosse: più soldi, più diffusione, più censura. È un meccanismo deplorevole.
Nel nostro caso specifico, non abbiamo mai sofferto la censura, ma c’é da dire che facciamo un fumetto decisamente di nicchia. È difficile dire a priori cosa faremmo se un giorno dovesse capitarci di subire “pressioni” da parte di un editore. Sicuramente dipenderà dall’incidenza che queste pressioni avranno sul risultato finale dell’opera. Se dovessero essere tali da snaturarla, tanto che non ci riconosciamo più come autrici, beh va da sé che non le accetteremmo mai. Non avrebbe proprio senso mettere la firma su qualcosa che ci è estraneo. Piuttosto preferiremmo proporre un altro progetto ex novo allo stesso editore. Ma se proprio non dovesse esserci possibilità di compromesso, addio editore. Non abbiamo accettato di cambiare stile di disegno, figuriamoci se accettiamo di essere gambizzate in altro modo…
Quali sono i vostri lavori più recenti e quali i vostri progetti futuri?
I lavori della fine del 2007 sono “The lily and the rose“, una graphic novel pubblicata negli Stati Uniti da Yaoi Press, e “Dark dreams“, un art book dedicato alle nostre illustrazioni, sempre pubblicato da Yaoi Press per gli USA. Al momento, abbiamo firmato un contratto con la Tokyopop: nei prossimi mesi, il nostro fumetto “Dàimones” verrà inserito nel Pilot Program della casa editrice e pubblicato sul sito Tokyopop; se l’episodio pilota guadagnerà il gradimento del pubblico, avremo la possibilità di realizzarne la serie. Teniamo tutte le dita incrociate, quindi. Nel frattempo stiamo lavorando ad un’altra graphic novel per Yaoi Press, “Anima“, che dovrebbe uscire alla fine del 2008. Una grande novità è che siamo state invitate a partecipare all’Anime Central come ospiti d’onore e rappresentanti del “Global manga”. Per noi è un grande riconoscimento, visto che l’Anime Central (ACEN) è una delle maggiori fiere americane di anime e manga. Insomma, è un dato di fatto che in Italia per noi non ci sia sbocco al momento, per cui dà una certa soddisfazione vedere che altrove il nostro lavoro è apprezzato.
Quali sono le vostre preferenze in fatto di fumetti e di cinema?
Potrà sembrare bizzarro, ma siamo divoratrici più di cinema che di fumetti. Se dovessimo fare un elenco dei film che ci sono piaciuti verrebbe fuori un papiro… In generale, siamo attratte dai thriller stile “Seven” o “Slevin”, dai film in costume tipo “Le relazioni pericolose” o “Elizabeth”, dagli horror psicologici stile “The others” e dalle favole gotiche alla Tim Burton.
Per il cinema d’animazione, la nostra preferenza va, senza ombra di dubbio, a Miyazaki. Ma i nostri film culto, insomma quelli che per noi ormai vanno al di là del bene e del male, sono “La storia infinita” e “Intervista col vampiro”.
Per quanto riguarda i fumetti, tra i nostri preferiti possiamo citare “Monster” e “20th century boys” di Naoki Urasawa, “La saga delle Sirene” di Rumiko Takahashi, “Berserk” di Kentaro Miura (ma solo fino ad un certo punto, ovvero prima che la storia si perdesse per strada) e “Sandman” di Neil Gaiman.
Da qualche anno siete docenti in diversi corsi di fumetto. Cosa consigliate ai giovani che vogliono intraprendere la carriera di fumettisti disegnando in stile giapponese? Avete trovato qualche nuovo talento che possa seguire le vostre orme?
Come diciamo sempre, è indispensabile essere molto motivati e caparbi, perché nel mondo del fumetto la selezione naturale è dura e punisce ogni esitazione. Questo vale a prescindere dallo stile di disegno. Se poi qualcuno qui in Italia è abbastanza temerario da fare del “manga occidentale” la propria crociata, allora deve essere pronto veramente a tutto: deve avere le spalle larghe il doppio degli altri autori per sopportare il doppio delle delusioni e deve guardare molto al di là del proprio naso, anche fuori dal nostro Paese se necessario. Non è facile per nessuno ovviamente, ma se disegni in stile giapponese qui in Italia, parti già svantaggiato per colpa di una serie di pregiudizi insensati quanto ben radicati.
Di talenti ce ne sono, eccome. A tutti ripetiamo sempre la stessa cosa: ragazzi, sfruttate internet!
Riferimenti:
Dany & Dany, il sito: www.danyanddany.com