Bouncer vol. 4 – La vendetta del monco

Bouncer vol. 4 – La vendetta del monco

Alejandro Jodorowsky, Francois Boucq Edizioni Di, 2007 - 56 pagg. col. cart. - 19,50euro

Copertina del volumeA una prima vista la serie Bouncer potrebbe sembrare il solito rifacimento dell’avventura western inserita in pieno nella tradizionale scuola di matrice franco belga. E non è poi così sbagliato pensare che qualche vicinanza con Comanche, Blueberry o McCoy ci sia, a cominciare dal versante grafico. I disegni di Boucq, a mia memoria alla sua prima esperienza con l’immaginario della frontiera americana, a una lettura superficiale possono in effetti ricordare l’ultimo Giraud, quello un po’ più libero dagli schemi imposti dalla rigida gabbia della serialità spinta dei testi di Charlier. Insomma, il Giraud degli ultimi anni, quello del Mister Blueberry meno in arnese, più problematico e poco incline al considerare le avventure a rotta di collo come prima ragione di vita. Le ampie vedute sui canyon, sulle vallate faticosamente coltivate e sottratte al vento incessante, le ambientazioni finemente ricostruite, le fisionomie ben delineate, una rappresentazione umana mandata a memoria per i cultori del genere, tutto rimanda a un concetto di fumetto che oltralpe, almeno da cinquant’anni, sanno fare con grande mestiere. A volte con ottimi risultati, altre volte meno.

Eppure, immergendoci nella saga di questo buttafuori da saloon chiamato Bouncer, boia suo malgrado, bastardo e per giunta monco, scopriamo ben presto che non è tutto oro quel che luccica e che il personaggio non è certo senza macchia. In realtà non ci voleva molto a capire in che vicenda ci saremmo ficcati immergendoci in uno dei libri di questo ciclo: il nome di Alejandro Jodorowsky, creatore con Moebius della saga dell’Incal, filmaker esoterico, cabalista e sciamano, al lettore più smaliziato doveva già suggerire che almeno qualche grado di eccentricità, in queste pagine, sarebbe stato facile trovarlo.
Quindi tutto sembrerebbe in linea con la tradizione western di Greg, Charlier, Giraud, ecc., sopra citata, ma ciò è solo in apparenza. Niente in questo buco di mondo dove si svolgono le avventure dell’ennesimo anti eroe del mondo a nuvolette è toccato dalla fortuna, o per chi ci crede, dalla grazia di Dio. Niente fila liscio, gli animi e le cose sono corrotti, oppure portati alla disperazione, l’aria è malsana e nessun sentimento umano è prossimo all’amore, alla pietà, alla tolleranza. Certo, non credo che in quel contesto storico (la fine dell’ottocento nella frontiera un po’ lontana dalla piena civilizzazione) le cose andassero come nei film hollywoodiani, ma neanche come nei fumetti del nostro amato Tex. Qui, per dirla con due parole, c’é un po’ più disillusione nelle comparse, abbiamo contemporaneamente (parafrasando e storpiando Gramsci) il pessimismo della ragione e quello della volontà. Nessun gesto, azione e pensiero è teso al bene comune.

Dove sta la novità, vi domanderete? Non sarà certo la prima volta che ci raccontano di un mondo popolato da così tanti cattivi.
Vero, verissimo. La differenza sta nella figura del protagonista, sfortunato per eccellenza, che neanche nel momento in cui sembrerebbe poter dare una svolta alla sua tormentata vita riesce a sorridere, catapultato sempre e di nuovo nella sventura più nera, spesso venata da toni macabri.

“Quando sono nato un cane rabbioso deve aver pisciato sopra di me…forse questo spiegherebbe la mia sfortuna”, il protagonista dice a se stesso e al lettore. Tanto per darvi un’idea, basta pensare che nei primi due tomi la sua famiglia, composta dalla madre, puttana dall’età di undici anni, e dai due fratelli, bastardi come lui, per colpa di un’avidità insanabile implode in un vortice di violenza insensata. Nel terzo, suo malgrado, il protagonista diventa il boia di Barro-City ed è costretto a giustiziare la sua amata, una prostituta conosciuta nell’Infierno saloon (un nome, un programma) dove lavora come Bouncer, letteralmente il buttafuori che deve tenere l’ordine nel locale a suon di pistole, se è necessario (e di solito lo è). Donna che sarebbe quasi riuscito a sposare, se poco prima del lieto evento lei non avesse incontrato il suo antico e indimenticato amore, con il quale ovviamente fugge. Oppure nel quarto volume, appena uscito per le Edizioni Di, assistiamo all’inaspettato incontro col padre, mai conosciuto veramente se non per un breve e formativo periodo nell’infanzia, per poi subito perderlo.

Insomma, un personaggio scalognato e tormentato che non è altro che lo specchio di una desolazione ben più generale e condivisa descritta nell’universo creato da Jodorowsky e Boucq, i quali fanno un lavoro magistrale per mettere fianco a fianco azione, oniricità, miserie e pochissime virtù. I disegni di Boucq, del resto, sono sempre su livelli altissimi. Già me ne innamorai in un’indimenticabile storia, Bocca del diavolo, serializzata su Comic Art negli anni ottanta, su testi di Charyn. Devo dire che il tempo per lui è stato galantuomo, perché ora lo ritrovo molto migliorato e con un tratto sempre estremamente affascinate. Un Giraud più obliquo, in queste tavole, che si differenzia dal grande maestro soprattutto per certi tagli nelle vignette e alcune prospettive eccentriche.

Divertente, ben orchestrato, Bouncer si conferma una delle serie più interessanti provenienti dalla Francia, a mio modo di vedere penalizzato qui in Italia dall’edizione cartonata un po’ costosa che non so quanti compreranno.
Certo, il prezzo abbastanza alto vale tutto il fumetto contenuto, ma è, appunto, un po’ eccessivo e, conseguentemente, destina inevitabilmente il volume a un’élite di lettori. Che dire: comprate qualche albo di super eroi in meno e fatevi il favore di provare Bouncer. Per me ci guadagnerete.

Riferimenti
Grifo Edizioni: www.grifoedizioni.com

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