Annecy 2007 – Reportage dal Festival Internazionale del Film d’Animazione

Annecy 2007 – Reportage dal Festival Internazionale del Film d’Animazione

Direttamente dalla capitale europea del cartoon un lungo resoconto sulle migliori novita' del 2007 in arrivo dal sempre piu' interessante mondo dell'animazione.

PaprikaSabato 16 giugno 2007, inghiottiti dalla pancia del Monte Bianco, sulla strada di casa, la mia compagna Giovanna ed io giochiamo alla giuria: il Festival d’animazione di Annecy si sta concludendo, questa sera le giurie assegneranno i propri premi e noi cerchiamo di indovinare quali saranno i film vincitori. E distribuiamo i nostri premi personali: al posto del popolare Cristal, decidiamo di premiare gli autori con il Reblochon d’Oro, celebrando così uno dei puzzolentissimi e gustosissimi formaggi francesi che ci hanno nutrito in questi 6 giorni sulle rive del lago che si snoda tra le montagne dell’Alta Savoia.
E senza troppe sorprese, azzecchiamo quasi tutte le scelte della giuria del Concorso Cortometraggi, che in gran parte corrispondono alle nostre. Vai con la raclette allora!

Riassumendo i tratti principali di questa edizione: la presenza molto più forte dei lungometraggi, 22 in totale (9 in concorso e 13 fuori concorso senza contare tutte le proiezioni speciali e le anteprime), segno evidente che questo formato ha acquisito un’importanza grandissima nel mercato del cinema d’animazione al fianco dell’animazione televisiva, e che il dominio di un solo marchio, Disney o Pixar che sia, non è più una realtà, ma piuttosto la rappresentazione di un’eccellenza, la punta di diamante di un settore in espansione, anche nel mercato dell’home video.Altro tratto caratteristico di questa edizione, una qualità molto alta nella sezione “Cortometraggi”, segno che i mezzi tecnici offerti dall’uso del computer per produrre animazione non sono più un ostacolo per la scrittura di buone storie, piuttosto una forza. Non più contenitori, nuovi software e capitali investiti allo scopo di perfezionare nuove tecnologie, ma l’uso ormai collaudato di quelle tecnologie al servizio dei contenuti, delle storie. E in più, il ritorno sempre più marcato di tecniche tradizionali che il boom digitale sembrava aver messo alle corde, basti pensare al film vincitore nel concorso cortometraggi, Peter and the wolf di Suzie Templeton, realizzato con pupazzi.
Infine, non si può che constatare che la sezione “Film di Diploma” aumenta di interesse ad ogni nuova edizione, a testimonianza che le numerosissime scuole europee e mondiali producono annualmente film di qualità sempre più alta e che all’interno della caotica vita produttiva degli autori di cinema d’animazione, stritolati tra budget inesistenti, strutture produttive precarie legate al mercato pubblicitario e alle serie televisive, il momento della formazione oggi rappresenta probabilmente un area protetta, dal punto di vista autoriale, che difficilmente si presenterà una seconda volta nell’arco di una vita.
Ultima nota, dolente ma breve: Italia inesistente in tutte le sezioni, ma chi vive l’animazione come un ponte tra i popoli ha smesso da tempo di concepire la alterna produttività italica in modo nazionalista: là fuori c’é tanto da imparare, e non ho nessuna voglia di riempire questo spazio bianco con l’ennesima recriminazione sui malesseri dello stivale.

Veniamo ai film: il Festival di Annecy è una manifestazione gigantesca, composta di molte sezioni e affiancata dal Mifa, il Mercato. Seguire tutto è letteralmente impossibile ma soprattutto assurdo, molto meglio concentrarsi sulle proprie passioni e nelle pause tra una proiezione e l’altra godersi il sole sul gigantesco prato affacciato sul lago di fronte al Bonlieu, la principale sede del Festival nel centro di questa piccola Venezia delle Alpi, costruita tra ponti e canali. Nel nostro caso, la passione corrisponde soprattutto con il mondo dei cortometraggi d’autore, privilegiati nel “Concorso Cortometraggi”, nella sezione “Panorama non in concorso” e nei “Film di Diploma”. Purtroppo abbiamo visto poco della retrospettiva sul Cinema del Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo), nessun film su commisione né produzione televisiva. Ci scusiamo, ma c’est la vie, il faut choisir!

Nella sezione lungometraggi abbiamo visto Paprika di Satoshi Kon, che dopo Perfect Blue, Millenium Actress e Tokio Godfathers si conferma un autore incredibile, dal potente talento visivo e soprattutto sceneggiatore capace di cancellare qualsiasi distinzione tra cinema dal vero e animato per proiettarci nel mondo della narrazione. Il film è già disponibile nel mercato home video italiano. Non perdetevelo.
Un’altra conferma è stata la pellicola di Michel Ocelot intitolata Azur et Asmar, persa al cinema nell’edizione italiana distribuita solo per pochi giorni nelle nostre sale. Ocelot è riuscito a lavorare con il 3D rispettando il proprio gusto grafico e puntando alla potenza della messa in scena più che a sofisticate tecniche di rendering. Tutto ciò, donandoci il suo punto di vista prezioso sui punti di contatto, anziché sulle differenze, tra la cultura occidentale e quella musulmana, attraverso il linguaggio della fiaba.
Slipp Jimmy Fri, di Christopher Nielsen, è una produzione in 3D norvegese che ha vinto il premio per il migliore lungometraggio, interessante per l’atmosfera adulta, priva di filtri, e per lo sguardo ironico sul mondo delle bande giovanili, dei borderline, dei reietti immersi nella cornice surreale di un nord dalle tinte crepuscolari, tutt’altro che lindo, politicamente scorretto.
Infine, l’anteprima europea di Shrek 3, ahinoi deludente. Le buone battute rimangono e si ride di gusto, ma i nuovi personaggi introdotti in questo episodio non solo non reggono il confronto con il Gatto con gli stivali, ma annoiano e in un caso si prendono anche sul serio (errore fondamentale che sbilancia tutto il film, come la maionese sulla pizza… brrrr). Non ci sono villain nuovi e la sensazione di già visto comincia a farsi largo. Da oscar tuttavia, la sequenza dell’incubo di Shrek e l’attacco di Biancaneve al Castello.

Veniamo ai cortometraggi. Il già menzionato Peter and the wolf si è aggiudicato sia il Cristal come miglior film che il premio del pubblico. Suzie Templeton si era già fatta notare ai tempi di Dog, suo film di diploma. Il film è superbo: usando soltanto la partitura musicale dell’opera di Prokofiev, l’autrice inglese usa l’animazione e il movimento per illustrare ciò che racconta il narratore, che infatti è eliminato rispetto all’opera originale, lasciando alla forza delle immagini tutto il campo d’azione. Oltretutto, Suzie Templeton sceglie di interpretare liberamente la storia di Pierino e il lupo e bisogna arrivare al finale per scoprire ciò che ci vuole raccontare, per vedere come un classico possa essere riletto e diventare contemporaneo, raccontare qualcosa del presente. La tecnica utilizzata è quella dei pupazzi, l’animazione è curatissima e la specialità della regista sono gli occhi dei personaggi, i movimenti lenti, gli sguardi, più vivi che mai, di questi volti di lattice e qualche perlina colorata.
Nel nostro viaggio verso casa, il premio per il miglior film oscillava tra Peter e un altro film inglese, The Pearce Sisters, di Luis Cook, che infatti ha ricevuto la menzione speciale della giuria. Chi ha avuto la fortuna di vedere Entre deux soeurs di Caroline Leaf, film del 1991 della famosa autrice canadese realizzato con la tecnica del disegno diretto su pellicola, può trasportare quella storia a una latitudine da capo nord: al posto dei tropici, la sabbia e i gabbiani; al posto del té, il merluzzo affumicato; al posto dei romanzi, le reti da pesca. In comune, una scomoda verità e due storie di dominio e sottomissione tra sorelle. Al confronto, David Lynch è una passeggiata, credetemi.
separatorearticoloTra le opere prime, la nostra preferenza andava a un piccolo e delicatissimo film russo, Devochka dura, di Zojya Kireeva, e la giuria ufficiale ci ha dato ragione. Matite e china su carta da spolvero, un segno leggerissimo, brevi scene di vita tra i bambini di un asilo, un’immersione nel mondo dell’infanzia e della fantasia che ricorda La guerra dei fiori rossi, lungometraggio cinese sul mondo visto dai bambini e sul potere dell’omologazione. Devochka dura significa qualcosa come “bambina scema”. Se il titolo rapppresenta il modo in cui gli adulti guardano all’infanzia, il film è l’esatto opposto, una festa per il nostro fanciullino.
Senza premi ma imperdibili: Lapsus, di Juan Pablo Zaramella, giovane autore argentino che in 4 minuti ci restituisce 4 anni di vita grazie al potere liberatorio delle risate: consigliatissimo a chi è in odore di santità. Farebbe bene a guardarlo Francesco Rutelli.
Lavatory/Lovestory di Konstantin Bronzit, altro film fatto di bianco e di nero dove il gli unici colori sono quelli di un mazzo di fiori: molti ricorderanno Au bout du monde, lo sgangherato affresco di una improbabile famiglia russa a un posto di frontiera da qualche parte tra i monti Carpazi e gli Urali, abitanti di una casa in bilico sulla punta di un monte. Questa tenerissima storia tutta ambientata in un gabinetto pubblico mantiene le aspettative, ricordando molto lo stile dei film di Alison Snowden e David Fine, gli autori dell’Oscar Bob’s birthday.
Une petit histoire de l’image animée di Joris Clerté: il titolo parla da solo, un viaggio pieno di ironia nella storia dell’animazione. Un piccolo capolavoro, visibile sul sito della casa di produzione www.doncvoila.net .

Andreas Hykade ci ha stupiti, affascinati e terrorizzati con The Runt, l’iniziazione di un ragazzo attraverso un macabro rituale di caccia, nella cornice dei colori caldi e saturi dei pastelli di Hykade.
Grandi chiacchere attorno a Madame Tutli-Putli, diretto da Chris Lavis e Maciek Szczerbowski, prodotto dal prestigioso National Filmboard of Canada. Tecnicamente, non solo ineccepibile ma pionieristico e fantastico. Ma debole dal punto di vista della sceneggiatura: la storia di questa delicata figura femminile in viaggio su un treno nel cuore della notte promette tanto e mantiene poco.
Elitario ma affascinante il premio speciale della giuria The tale of how, del collettivo sudafricano Blackheart Gang, surreale pastiche di musica lirica, design e grafica curatissime e compositing eccellente. Ma si resta vagamente interdetti, ubriachi e confusi, con la sensazione che una storia c’era, ma l’abbiamo capita solo dopo aver letto il catalogo.
Penalizzato dal grande schermo L’homme de la lune di Serge Elissalde: il tratto grasso e ricchissimo di quest’animazione a passo 2 tutta francese potrebbe essere esaltante su youtube. Al cinema, dopo 17 minuti di proiezione, gli occhi chiedono pietà. Le ultime generazioni, di cui faccio parte, sono così abituate a lavorare su un laptop che spesso dimenticano che pochi millimetri sul monitor sono metri sullo schermo. Non a caso Richard Williams nel suo prezioso volume The animator’s survival kit, consiglia di curare particolarmente i primi piani, perché sono difficili, perché le linee sul grande schermo possono sfuggire all’illusione che stiamo tentando di creare.
Divertente e leggera, come sempre, l’ultima produzione dello statunitense Studio Blur, per la regia di Francisco Ruiz e Sean Mcnally, A Gentlemen’s Duel. Una passeggiata trovarlo in rete, non fatevelo scappare.
Affascinante il nuovo film di Michaela Pavlàtova, Karneval Zvirat, Il carnevale degli animali, personalissima interpretazione della famosa composizione musicale di Camille Saint-Saens. Gli animali in questo caso sono gli esseri umani e tutte le pulsioni sessuali di cui sono schiavi.
The Pearce SisterNon si può dimenticare Alexander Petrov e il suo nuovo film Moya Iyubov. L’incredibile animazione della pittura ad olio, il suo segno classico e la sua conoscenza universale dell’anatomia, le sceneggiature basate sulla letteratura russa e mondiale ne fanno un maestro. Ma non raccoglie nemmeno un premio, segno che i temi a lui cari, la purezza e la perdita dell’innocenza e il rapporto con il divino, hanno fatto il loro tempo presso il pubblico dei festival che conosce e rispetta il maestro russo un tempo mietitore di premi ma comincia a trovarlo ripetitivo e forse un po’ troppo moraleggiante. Eppure anche questo film lascia senza parole per poesia, bellezza, innocenza. Sconsigliato agli amanti della commedia all’italiana.
Stesso discorso per Koji Yamamura, con la sua interpretazione de Un Medico di campagna di Franz Kafka, Kafka Inaka Isha. L’acclamato vincitore di due anni fa con Mt. Head rimane unico per design grafico e fotografia. Ma nell’affrontare il trattamento cinematografico di un autore della letteratura europea così importante, qualcosa sfugge al maestro giapponese e il pubblico rimane freddo. Eppure il valore di questo film è innegabile.

In tutt’altra direzione si muovono i film di autori che giocano con i trucchi fatti in casa della stop-motion: l’acclamato Pes, già figura di culto su internet, con Game Over, offre il suo tributo ai giochi elettronici degli anni ottanta: geniale. E poi Bernd und sein Leben, degli stessi autori del premiatissimo Fliegenpflicht fur Quadrat Kopfe, ovvero i tedeschi Stephan-Flint Muller e Ingo Schiller, e Raymond di Fabrice Le Nezet e François Rosin. Tutti film da cercare.
Interessanti, delicati, ironici, tre film francesi con la caratteristica di basare molto l’azione e l’animazione sul dialogo: Même en rêve, di Alice Taylor, tra lapsus e psicanalisi; Premier Voyage, di Grégoire Sivan, un neo-papà alla sua prima uscita da solo con “la creatura”, tenerissimo; Même les pigeons vont au paradis, di Samuel Tourneux, un prete opportunista e un contadino più scaltro di quel che appare.

Per i puntigliosi, ecco segnalata la pagina con i premi di quest’anno, www.annecy.org, consigliamo un giro d’ispezione e un giro sui motori di ricerca per tutti i film di diploma segnalati.
Beh, non dite che al principio di questo articolo non l’avevamo scritto! Annata ricca, eccellente! Fonduta per tutti, garçonne!!!

Menzione finale per la sezione “Il grande sonno”: il 2007 ha visto scomparire Emanuele Luzzati, Osvaldo Cavandoli e Ryan Larkin.
Luzzati: chi non conosce il lavoro del celebre illustratore genovese vada alla ricerca dei suoi lavori con Giulio Gianini, maestro nella tecnica del decoupage, in particolare La gazza ladra, cortometraggio del 1965 costruito a partire dalla partitura dell’overture dell’opera di Rossini.
Commozione nel ripensare a Cavandoli lo scorso anno qui ad Annecy, introdotto da Alberto Bendazzi che tentava di mantenere questo grande vecchio sui binari dell’intervista, del racconto, mentre lui si divincolava, scartava di lato e piuttosto stanco chiedeva quando sarebbe arrivata l’ora di andare a mangiare…Il creatore de La linea ne aveva fin sopra ai capelli, pochi rimasti sul suo testone, di raccontare gli stessi aneddoti sull’intuizione di una vita, una linea, una voce, tutto lì, cosa c’é da domandare? Che tu possa fluttuare su un fondale rosso in compagnia di mille signorine che ti fanno vento con le loro poppe animate caro Osvaldo, che tu sfugga la racchiona con il foruncolo gigantesco sul naso, volando a bordo di pattini, bici e saette!
Chi lo ha perduto tre anni fa, come me, vada alla disperata ricerca di Ryan, film del 2004 dell’autore canadese Chris Landreth, cinema sul cinema, cinema dentro al cinema, dentro alla testa caleidoscopica, geniale e autodistruttiva di un giovane vecchio: Ryan Larkin. Se ci riuscite, cercate anche il documentario di un terzo regista che racconta l’incontro tra i due autori, l’alcolizzato, ex cocainomane, senza fissa dimora Ryan Larkin e il giovane autore Chris Landreth, che cerca di fare un film su Ryan senza sfruttarne il fascino, ma piuttosto cercando con tutte le proprie forze di vivere quel fascino e di farlo vivere ai propri spettatori. Un’avvertenza: maneggiate con cautela, si rimane scottati all’anima.
Da Annecy è tutto, al prossimo anno!

Riferimenti
Il sito della manifestazione: www.annecy.org

N.B.
La firma in calce a questo articolo non appartiene a un collaboratore abituale de LSB. In effetti compare per la prima volta da queste parti, ma speriamo che sia l’inizio di una lunga collaborazione. Tommaso Cerasuolo è, in un certo modo, un ospite illustre che col fumetto ha che fare solo come semplice lettore. C’entra invece col mondo dell’animazione, non fosse altro che per campare fa proprio quel mestiere. Se avete sentito parlare dei Pertubazione, ecco, di quel gruppo Tommaso è il cantante. Se non li conoscete questa è la volta buona per farvi un giro sul loro sito www.perturbazione.com, così vi fate un’idea.
Da parte nostra, ringraziamo Tommaso e aspettiamo fin da ora il prossimo articolo.

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