Top Ten 2010 – Andrea Plazzi

Top Ten 2010 – Andrea Plazzi

I migliori fumetti del 2010 secondo Andrea Plazzi

ANDREA PLAZZI
editor e traduttore

 

1) Logicomix di Apostolos Doxiadis, Christos H. Papadimitriou, A. Papadatos e A. Di Donna (Guanda)
L’idea di Logicomix è di Apostolos Doxiadis, un matematico passato alla narrativa e abbastanza noto anche in Italia per il romanzo Zio Petros e la congettura di Goldbach. È stato lui a coinvolgere Christos Harilaos Papadimitriou, forse il massimo informatico teorico vivente e – ora lo sappiamo – un bravo narratore (di cui tra l’altro circola in rete un’interessante presentazione PowerPoint sulle analogie tra narrazione e programmazione). Alecos Papadapos e Annie Di Donna sono i due disegnatori/animatori/coloristi e hanno realizzato la storia graficamente.
Usando come fil rouge la vita di Bertrand Russell, dalla nascita nel 1872 alla II guerra mondiale, il libro ripercorre l’evoluzione della logica e della filosofia alla luce dei risultati rivoluzionari di quel periodo, come la teoria dei transfiniti di Cantor e i teoremi di incompletezza di Gödel.
Risultati che non hanno “semplicemente” rivoltato come un guanto alcune discipline di studio, portando alla luce aspetti sconosciuti e totalmente inattesi del pensiero razionale tout court (cosa non scontata per il lettore italiano, anche colto e interessato, spesso vittima inconsapevole di una dicotomia tra cultura scientifica e cultura letteraria che ancora affligge il nostro paese più di qualsiasi altro).
Risultati la cui portata ha pochi termini di paragone nella storia della filosofia e che (quasi) per la prima volta trovano esposizione a fumetti, in un lungo romanzo sui generis, in cui gli autori fanno esibizione non semplicemente di erudizione e competenza tecnica nei rispettivi ambiti ma di grande abilità narrativa. Per esempio, nella scelta del registro della commedia per raccontare vite e fatti di grandi nomi di scienza non notissimi al grande pubblico, evitando elegantemente ogni didascalismo. O nell’espediente meta-narrativo di rappresentarsi nel corso della gestazione dell’opera, uno humor relief che insieme all’elegante ligne claire che sostiene graficamente il tutto permette al lettore una lettura scorrevole e sempre accessibile senza rinunciare a esporre argomenti oggettivamente impegnativi.
Per l’originalità dell’operazione, il livello degli autori, il calibro dell’opera e l’altissimo livello divulgativo, la pubblicaizone di Logicomix in Italia (benedetta da un’introduzione di Giulio Giorello) rappresenta un piccolo evento culturale, prima ancora che fumettistico.
Si è discusso molto del finale, in cui le meditazioni etiche e intellettuali dei protagonisti/autori si sovrappongono a una rappresentazione dell’Orestea di Eschilo, espediente che ad alcuni è sembrato gratuitamente “alto”.
Certo, un po’ di controversia non basta a garantire la qualità di un’opera ma non manca mai in quelle di valore. Di cui – per dirla con Russell, Gödel e i logici tutti – è condizione forse non sufficiente, ma certamente necessaria.

2) Valter Buio di Alessandro Bilotta e AA. VV. (Edizioni Star Comics)
Non c’era bisogno di Valter Buio per pensare solo bene di Alessandro Bilotta. Bastava avere letto qualcuno dei suoi lavori degli ultimi 10-12 anni: Pinocchio, Il Dono Nero, Giulio Maraviglia, La Dottrina, alcune storie per Dylan Dog e un paio di cosucce francofone rimaste incomplete a causa dello tsunami editoriale di qualche anno fa.
Ma adesso che è uscito Valter Buio di Bilotta possiamo pensare ancora meglio. Non solo per certi elementi interessanti che ricorrono nelle sue storie e che in VB ritroviamo tutti, a partire da ambientazioni, atmosfere e personaggi rigorosamente italiani (ma ovviamente è già di per sé coraggiosa la decisione di rinunciare all’esotismo, tra i principali elementi di interesse di una serie d’evasione).
Con VB Bilotta ha dato prova di fantasia, originalità (davvero!) e – di nuovo – coraggio, proponendoci un personaggio assolutamente improbabile (uno psicanalista di fantasmi…?) e dimostrando grande sensibilità psicologica nella scelta di comprimari credibili e umanissimi.
Gli va anche riconosciuta una considerevole abilità (anche tecnica) nel costruire e poi sviluppare un’ambientazione plausibile per una premessa così singolare (a partire da come si fa a incassare una parcella da un trapassato) e – tenetevi forte – nel gestire i colpi di scena. Sì, i colpi di scena. Di quelli veri, che fanno sobbalzare. O almeno pensare “Ma daaai…”. Insomma, merce rara.
VB vi coglierà di sorpresa o almeno con me l’ha fatto (e se vuol dire che sono più ingenuo di chi legge, è comunque una buona notizia). Ho letto scene che non avevo “sentito arrivare” mezz’ora prima. Mi sono stupito voltando pagina. Mi sono commosso (di nuovo: davvero!) alle storie di fantasmi più vivi di tanta gente che conosco a cui l’amico Valter cerca di restituire un po’ di pace. E ho aspettato l’uscita in edicola del numero successivo (questo è davvero troppo: non crederà nessuno).
Un nota un po’ più tecnica: Alessandro Bilotta ha ideato e realizzato la serie in ogni sua parte, e non soltanto perché è autore del personaggio e ha scritto tutti i numeri: ha anche scelto, proposto all’editore e quindi seguito durante la realizzazione tutti i disegnatori. Ciò detto, un’opinione personalissima: come redattore e curatore di testate Bilotta dà la polvere a metà degli editor di cui ho avuto modo di formarmi un’opinione fondata (e ragionevoli ipotesi sulla distribuzione uniforme dell’incapacità inducono a sospettare che la cosa valga anche per gli altri).
A proposito del parco disegnatori: chapeau e onore delle armi a tutti. Tra qualche alto e un paio di bassi di troppo, alla fine VB è una serie disegnata dignitosamente ma leggendo tra le vignette, gli sfondi e i tratteggi, si ha la netta impressione che potesse andare molto peggio. E che – con poche e umane eccezioni, in condizioni produttive difficili (scadenze a volte quasi impossibili; tariffe presumibilmente non tra le maggiori sul mercato; forti vincoli creativi, come in ogni prodotto seriale) – i disegnatori abbiano dato prova di grande dignità artistica e professionale: anche quando la velocità dell’esecuzione è evidente, in VB non manca mai un’indispensabile attenzione per inquadrature, regia ed espressività dei personaggi (possiamo sprecare il termine “storytelling”? E sprechiamolo.).
Attenzione che alla fine, specialmente nei numeri graficamente meno brillanti, rappresenta il valore aggiunto della serie, sempre e comunque “salvata”, magari in corner, da questi giovani professionisti. Sicuramente consapevoli che la prima vittima di un disegno sciatto, affrettato, puramente “alimentare”, è il disegnatore: “Perché una volta pubblicato, poi resta.” (Roberto Raviola, in arte Magnus).
Chissà se a qualcuno fischiano le orecchie.

3) Garibaldi di Tuono Pettinato (Rizzoli Lizard)
Vi è piaciuto Noi credevamo? Bene. Avete fatto il tifo per il Presidente Napolitano, nel suo tour di inaugurazione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia? Bravi. Avvertite quel certo non so che al garrire del Tricolore, e non è un cancro al sistema nervoso? Stupendo.
Ma non credete alle malelingue: Garibaldi piacerà anche a voi. La prima prova sulla lunga distanza di Tuono Pettinato non delude e conferma tutti i punti di forza di un autore che forse non sa ancora quant’è bravo, altrimenti chiederebbe più soldi di quelli che in Italia gli editori sono disposti a pagare: olimpica levità nel volare alto, oltre le distese aride del già visto; impeccabile padronanza della materia parodiata, in questo caso quella storica; totale allergia a retorica, luogo comune, stupidità; lo sberleffo sublime e garbato ma sempre inappellabile all’autorità ottusa. Anzi, allo stesso Principio d’Autorità: Tuono è davvero il più galileiano degli autori di fumetto (e chissà che non c’entrino qualcosa anche i comuni natali pisani e un suo precedente lavoro sul fondatore della Scienza Moderna) e potete stare certi che lui dentro il canocchiale andrà sempre a darci un’occhiata.
E poi, quei suoi pupazzetti che sembrano benedetti da Carl Barks (“Và, Tuono, e d’ora in poi non peccare più. Ma non smettere di fare fumetti, che quassù ho un sacco di tempo per leggere e con i tuoi rido un sacco.”).
Quanto ci manca Angese… per fortuna c’è Tuono, a dimostrare come sia possibile fare convivere umorismo, ironia, satira, critica sociale e puro divertimento, in un prodotto (esatto, un prodotto) che ridicolizza non soltanto l’amor di Patria retorico e astratto ingessato dalla tradizione ma soprattutto distinzioni come Alto/Basso, Colto/Rozzo, Spiegelman/Ratigher.

4) Fausto Coppi, l’uomo e il campione di Davide Pascutti (Becco Giallo)
Un personaggio e una storia talmente italiani da mettere un sacco di problemi: dove cominciare a mettere le mani a un mito come quello di Coppi stando bene alla larga da retorica, didascalismo e soprattutto senza scoprire l’acqua calda, raccontando quello che è già stato raccontanto in ogni modo possibile per 70 anni? Forse anche altrove, ma sicuramente dove le ha messe Pascutti, davvero brillante in quest’occasione. Un disegno forte, asciutto, friulano (almeno, per quello che questo aggettivo evoca in chi è nato sotto il Po: rigore, disciplina, sobrietà) al servizio di un evidente scrupolo narrativo e di almeno una paio di begli intermezzi (tra tutti, Coppi e Bartali in versione “Sfida all’OK Corral”).
E prima che si metta in moto la macchina del fango: sì, Pascutti mi ha fatto omaggio di copia del libro con dedica. Effetto e non causa di quello che penso del suo lavoro.
Bravo, Davide: fare fumetti non basta, bisogna saperli fare con stile (è una citazione ma per capirla dovrete comprare il libro).

5) Sangue amaro di J. Abel, G. Soria, W. Pleece (Black Velvet)
Che bella commedia! Se siete cresciuti a pane e Dracula e di Anne Rice pensate “Si poteva osare di più ma da qualche parte bisognava cominciare”. Se provate un profondo disagio quando alla parola “vampiro” i vostri amici più giovani reagiscono con “Ah, come Twilight“. Se la straziante bellezza di Lasciami entrare vi ha affascinati ma anche stremati e per un po’ vorreste astenervi dalle emozioni forti ma senza rinunciare alla vostra dose di sangue e canini. In tutti questi casi questo libro fa per voi.
Che in ambito indy Jessica Abel (Artbabe, Radio, La Perdida) fosse una brava autrice (leggasi alla francese) già si sapeva. Questa inedita vena noir e la disinvoltura con cui gestisce toni e tempi dell’intrattenimento (più o meno) di genere ce la rivelano anche grande professionista e fumettista senza aggettivi.

6) Barcazza di Francesco Cattani (Canicola)
Cattani è sintetico, mai ermetico. Cattani sa narrare i silenzi (facile citare i maestri: Eisner, Tezuka, Mœbius; ma quaggiù, sul pianeta Terra, in Italia… Berardi, e poi?). Cattani è concentrato sull’attimo, sul gesto: quando si tratta di scegliere l’istante-che-racconta non sbaglia mai. Cattani sa disegnare, ma intendiamoci.
Non nel senso del bel disegno solido e accademico, anche se tecnicamente Cattani di frecce al suo arco ne ha, ed è difficile negare a quelle linee sottili – e al ricamo di quei dettagli-che-narrano – una forte qualità estetica.
Neppure in quello della solidità quasi ruspante e tutta artigianale di un autore che nel 2004 esordisce già imparato, con un controllo delle anatomie e un uso di composizione e inquadrature che nulla hanno dell’ingenuità dell’esordiente.

Cattani sa disegnare perché restituisce a quest’attività – il disegno – una dignità artistica costantemente a rischio: vittima da un lato della banalizzazione e dei tempi di produzione di molta serialità (non tutta); dall’altro, di approcci al fumetto astratti e indifferenti alle esigenze di un linguaggio di cui il disegno è parte integrante anche (e – ahimé – soprattutto) quando è inadeguato.
Volete sentirvi à la page, absolutely cool e never-so-trendy nei migliori festival di fumetto, senza rinunciare al rutto libero durante il vernissage della prima mostra italiana dell’unica fumettista transessuale nauruana? È semplice: distinguetevi con un semplice “Non so voi, ma a me piace Cattani”.

7) Don Zauker – Inferno e paradiso di Emiliano Pagani e Daniele Caluri (Double Shot)
E bravo Pagani. Voi cosa direste a uno che in una storia divertente, incalzante, che ti prende e ti porta via sa mettere critica sociale, satira, anticlericalismo e forse anche militanza politica (basta intendersi so cos’è per voi)? Se anche non siete d’accordo con lui su tutto i complimenti glieli fate (e conosco almeno un paio di cattolicissimi lettori di Don Zauker che glieli hanno fatti di persona).
Quindi: e bravo Pagani.
Che poi Caluri sia un ottimo disegnatore non guasta ma perché ripeterlo? Metà della sua bravura sta nel non distrarci, nel non chiederci di smettere di leggere per accorgerci di quanto è abile nel prendere per la mano (che avete capito? Ho detto “per la mano”) il lettore e condurlo dove vuole lui. L’altra metà sta in un disegno di impostazione tradizionale ma freschissimo, realistico ma aperto al grottesco e al comico, rapido ed efficace ma con i peli del naso (ebbasta, ho detto “del naso”!) tutti al posto giusto, come si dice elegantemente quando un disegnatore non lesina i dettagli.
Se la pensate diversamente, potete andare a farvi benedire (che avete capito? Ho detto “benedire”). Indovinate da chi…

8) Yeti di Alessandro Tota (Coconino Press-Fandango)
C’è continuità ma anche una bella differenza tra i precedenti lavori di Alessandro Tota e Yeti. Non nella qualità della narrazione o nell’efficacia del disegno, già evidenti nelle storie brevi su Canicola, o nell’ottimo Fratelli (apparso nell’antologia Gli intrusi e di prossima riproposta in un volume omonimo). È una differenza di autonomia narrativa.
Prima poteva esserci il dubbio: un autore giovane e già bravo che fa scelte narrative a elevato rischio di ripetitività e di solipsismo. Perché di fumetti autobiografici o “real-life comics” davvero non se ne può più e viene da chiedersi se davvero l’orizzonte di chi li pratica si esaurisca in disavventure amorose, viaggi in Inter Rail o problemi esistenzial-generazionali. Elementi con cui è naturalmente possibile raccontare belle storie, e farlo anche bene (Blankets ha fatto grossi danni).
Adesso il dubbio non c’è più. Tota è un autore dotato di una propria autonomia, certamente consapevole – interviste e blog personale alla mano – della differenza che c’è tra tramandare ai posteri minuziose descrizioni del proprio ombelico e un’opera di narrativa con elementi autobiografici, capace di esprimere una poetica dell’emarginazione essenziale ma sincera per mezzo di una storia lineare e di gradevole lettura. Inoltre, la possibilità di lavorare con i semplici, efficaci e rilassanti colori di Yeti ha giovato al disegno, che si è fatto più morbido, pulito ed espressivo.
Ma tagliamo corto e cerchiamo di dire qualcosa di sufficientemente sempliciotto e gratuito, che alle parole “critica fumettistica” la mano corre alla Luger: Yeti è bellissimo.

9) Gietz! di Andrea Campanella e Hannes Pasqualini (Tunué)
Una tipica critica positiva a lavori come Giètz!, con un ambientazione non troppo lontana dal presente e molto precisa (il jazz e i jazzisti italiani nel dopoguerra), di solito suona più o meno così: “Cattura splendidamente [o altro avverbio elogiativo] lo spirito dell’epoca.”
Non bisognerebbe mai cedere troppo facilmente alle frasi fatte e trovare sempre il proprio modo di esprimere idee e concetti. Ma il primo motivo per cui i luoghi comuni e i cliché esistono è che spesso sono veri, e sicuramente sono comodi (il motivo per cui si perpetuano è invece la mancanza di fantasia e la facilità con cui i pregiudizi ci permettono di avere delle opinioni senza sforzarci troppo, ma il discorso si farebbe lungo, meglio fermarsi qui).
Rischio quindi l’accusa di pigrizia culturale ma non saprei dire niente di più adatto (e di meglio) sul libro di Campanella e Pasqualini: documentazione, precisione ed evidente adesione emotiva da parte degli autori ne fanno un documento ma anche un bel momento di narrativa, efficacissimo nel restituire l’atmosfera e lo spirito di quegli anni.

10) Kick Ass vol. 1 e 2 di Mark Millar e John Romita Jr. (Panini comics)
Okay, è modaiolo e molto, molto furbo, come quasi tutte le cose di Mark Millar. Che spinge sul pedale della violenza e dell’effettaccio verbale e visivo, con effetti ultra- (nel senso letterale di “al di là”) grotteschi che alzano decisamente il livello di controversia di Wanted. Infine, ci hanno fatto un film (anatema!).
Ma (nell’ordine):
1. che male c’è?
2. è un “page-turner” come pochi (insomma, si fa leggere che è un piacere, e voi ne volete sempre di più).
3. è divertentissimo.
Ma tre motivi sono uno spreco e basterebbe questo: disegna John Romita Jr.

 

MENZIONE STORICA

 

1) Playboy’s little Annie Fanny n.1 1962-1970 di Harvey Kurtzman e Will Elder (Magic press)
Qualsiasi cosa di Kurtzman, in qualsiasi momento, comunque. E se non potrà essere di più ce lo faremo bastare.

2) Il mondo dei Ronfi di Adriano Carnevali (Coniglio Editore)
Adriano Carnevali è uno degli unsung heroes del fumetto umoristico italiano, quello più raffinato e colto, che non sacrifica mai intelligenza e arguzia a leggibilità, immediatezza e divertimento. I suoi Ronfi sono un mito generazionale dritto dritto dalla pagine del Corriere dei Piccoli (chiedere per credere; ai Super Amici, per esempio, Ratigher e Tuono Pettinato in testa) e questa riproposta porta finalmente in libreria un fumetto brillante, spiritoso e deliziosamente disegnato.
E adesso andiamo avanti: siamo stanchi di scaricarci La Contea di Colbrino dal sito dell’autore (e poi sono poche storie, uffa…).

3) Creepy 1-2 di di Archie Goodwin, Alex Toth (Planeta De Agostini)
Archie Goodwin, “the nicest guy in comics”, è stato forse il primo editor moderno del fumetto USA, con una carriera (1962-1998) che ha coperto e segnato quattro decenni fondamentali, i maggiori Syndicates e tutte le maggiori case editrici (Warren, DC, Marvel).
Sceneggiatore abile e assai stimato, dagli standard culturali inediti per l’epoca e per il settore, fu tra i primi a traghettare il fumetto USA verso l’età adulta e il rinnovamento degli anni Ottanta, di cui fu un protagonista fondamentale (basti ricordare, per la Marvel, le serie Epic Illustrated e Marvel Graphic Novel), senza mai dimenticare le ragioni dell’intrattenimento e dell’avventura classica.
Alex Toth è stato per quasi 60 anni sinonimo di eccellenza, un disegnatore per disegnatori apprezzato e rispettato incondizionatamente. È uno dei massimi esempi di sintesi ed eleganza del fumetto, con pochi possibili termini di paragone (Caniff, Hergé, Mœbius). Raramente in una pagina a fumetti si è reso tanto con così “poco”.

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