Tintin, fantarcheologia e nichilismo in Volo 714 per Sidney

Tintin, fantarcheologia e nichilismo in Volo 714 per Sidney

"Volo 714 per Sidney" è una storia sull'assenza di speranza, nella quale Tintin e i suoi amici non trovano alcun ideale per cui valga la pena lottare.

Conclusa I gioielli della Castafiore servono quattro anni a Hergé per convincersi a rimettersi al lavoro su un’avventura di Tintin. Fra il 1962 e il 1966 l’artista belga accantonò l’ex-reporter e si dedicò alla pittura, cimentandosi come autore e ampliando la sua collezione privata di arte contemporanea. Tuttavia, insoddisfatto dalle proprie creazioni, decise di (si rassegnò a?) tornare allo stress della composizione seriale così che, finalmente, il 27 settembre 1966 sul n. 836 del Journal de Tintin debuttò Volo 714 per Sidney, che si concluderà il 28 novembre 1967. Dopodiché Hergé si fermerà nuovamente, stavolta per ben otto anni.

Generalmente considerata insieme alla successiva opera minore, la ventiduesima avventura di Tintin soffre sicuramente della mancata valorizzazione dei suoi elementi: come già ne La stella misteriosa, Hergé affianca avventura ordinaria e fantascienza ma quest’ultima sembra chiamata in causa solo in omaggio alle mode del tempo.

La prima parte del racconto ruota intorno al rapimento del miliardario Carredias organizzato dal villain Rastapopolus, che si appoggia a una fantomatica organizzazione indipendentista Sondonesiana. Il miliardario viene imprigionato in una piccola isola del Pacifico insieme a Tintin, il Capitano Haddock e il Professor Girasole, casualmente incontrati all’aereoporto di Giakarta. La seconda parte racconta la fuga di Tintin e Haddock attraverso l’isola (Girasole si allontana per proprio conto a pag. 27, per ricomparire misteriosamente a pag.43), la scoperta di un tempio sotterraneo, testimonianza dell’incontro fra gli indigeni e gli alieni, che ancora lo usano come base di appoggio.

Tintin & co. trovano il passaggio verso i sotterranei dell’isola. è l’inizio di un’appassionante sequenza. Tintin: Volo 714 per Sidney, pag. 43.

Al di là delle diffuse indicazioni di minor cura grafica applicata sia da Herge sia dal suo Studio, la parte di avventura “ordinaria” della storia risulta efficace e ben costruita. In particolare l’autore porta all’estremo quanto suggerito già in Obiettivo Luna e Coke in Stock, cioè il principio secondo il quale “non esistono poteri buoni“. In Volo 714 abbiamo Rastatpopolus come villain titolare, ma il miliardario rapito si rivela individuo egualmente spregevole, per di più animato da una meschinità che sembra non conoscere limiti.

Con questa coppia di personaggi senza luce, il comico scivola immediatamente nel grottesco (vedi la scena nella quale i due gareggiano nel citare le proprie nefandezze) e i nostri eroi si trovano a lottare solo per la propria sopravvivenza, senza nessuna causa superiore che richiami senso di Giustizia o Libertà. In questo senso lo scioglimento affidato al deus ex machina dell’intervento alieno è, in prima istanza, una sorta di dichiarazione che l’umanità non ha in sé la forza per salvarsi.

La tipica attenzione all’attualità politica da parte di Hergé si manifesta in Volo 714 per Sidney nella comparsa della immaginifica organizzazione indipendentista sondonesiana, allusione alla sequenza di guerre e lotte intestine che scuotevano l’Indonesia.

Carri di fuoco dal passato

Le avventure di Tintin sono state trasposte anche in cartoni animati: ecco un fotogramma da quello di Volo 714 per Sidney.

Fra i generi che raggiunsero grande successo negli anni ’60 del secolo scorso troviamo la fantarcheologia che, con copiosa produzione (dai Carri di fuoco di von Daniken a Non è terrestre di Peter Kolosimo – Premio Bancarella 1969) metteva insieme leggende, miti e reperti archeologici dalle più disparate origini e li collegava a incontri con civiltà extraterrestri.
Vera e propria superficie porosa fra racconto fantastico e pseudo cultura, la fantarcheologia ha segnato comunque un tono particolare dell’immaginario collettivo del tempo, segnalando il potere del fascino del mistero e la capacità di reinventare miti per adattarli ai bisogni e al linguaggio del presente (tolto il senso del meraviglioso, ibridato con il pessimismo, questo genere muterà nel complottismo). La presenza degli extraterrestri consente anche la chiamata in causa della telepatia, decana ed esponente di riguardo del catalogo di poteri ESP1.

Per la gioia dei collezionisti: la statuina (action figure!) del meschino Carreidas.

La scelta di Hergé di innestare fantarcheologia e telepatia in un’avventura di Tintin è quindi tanto un’indicazione delle sue passioni quanto del legame che ogni episodio mantiene con il proprio tempo. Telepatia e intervento alieno guidano il dipanarsi dell’intreccio nella seconda parte e lo scioglimento della vicenda. E qui è opportuno non fermarsi al risultato della costruzione di Hergé ma considerarne le motivazioni.

Dal punto di vista del risultato, l’utilizzo del disco volante come letterale deus ex machina depotenzia il finale poiché scarica bruscamente la tensione accumulata nella lunga e appassionante sequenza (pagg. 41-56) del viaggio nel sottosuolo dell’isola attraverso rovine, tracce del passato ed eruzioni vulcaniche, il tutto in montaggio alternato fra inseguiti e inseguitori con tensioni che esplodono in entrambi i gruppi con una violenza che l’umorismo di alcune gag non smorza.

La prospettiva nella quale merita inquadrare la scelta di Hergé è quella della sua ricerca di nuovi spazi nei quali sviluppare le avventure.
Notammo lo stesso spirito (e la stessa incompiutezza) presentando La stella misteriosa ma ora possiamo anche collegarci a I gioielli della Castafiore, anch’esso evidente esperimento sull’applicabilità a Tintin di un genere diverso da quello ordinario. Adottare questo punto di vista ci consente di confermare la consapevolezza da parte di Hergé dei limiti della sua creazione, consapevolezza che certo acuiva il disagio portatogli dal lavoro di riproposizione di una formula creata decenni prima in un mondo profondamente diverso.

Negli anni ’60 avvenne infatti una transizione fondamentale per la cultura giovanile che tentò di sganciarsi dal controllo delle generazioni precedenti, di vivere e trasmettere valori propri, di sfidare e mettere in crisi quelli degli “adulti”. Per quanto fenomeno a circolazione e impatto limitato anche il fumetto affrontò un percorso di trasformazione profonda (anche quello dedicato ai piccoli lettori: il primo numero di Pilote era uscito nel 1959) che non lasciò certo indifferente Hergé. Senza chiamare in causa la rivalità di mercato con Asterix o con Gaston Lagaffe, è ragionevole pensare – e coerente con il suo esperimento con la pittura contemporanea – che Hergé percepisse Tintin come ormai appartenente e testimone di un passato concluso e la propria incapacità di staccarsi da esso come segno dell’anacronismo della propria poetica fumettistica.

Nella prefazione, Jean-Marie Embs e Philippe Mellot dedicano più spazio alle fonti e a considerazioni sulla moda dei dischi volanti che all’opera stessa, relegandola a manifestazione di declino. Insieme a Philippe Goddin, nella sezione I segreti di una creazione, mostrano invece idee e abbozzi di Hergé che ne testimoniano il lavoro di ricerca espressiva. In chiusura, il racconto a fumetti realizzato da Hergé per celebrare la missione lunare Apollo XII, pubblicata su Paris Match nel novembre 1969.

Abbiamo parlato di:
Tintin – Volo 714 per Sidney
Hergé
Traduzione di Giovanni Zucca
In allegato a La Gazzetta dello Sport, Corriere della Sera, Maggio 2017
29+62 pagine, cartonato, colori – 7,99 €
ISBN: 977203975726270022

Riferimenti
Adrien Guilleminot: Quel immense artist, aussi! In Tintin: Les arts et les civilisation vus par le Héros d’Herge, Geo Hors Series, 2015.
Volo 714 per Sidney: pagina dal sito ufficiale di Tintin.


  1. Da ispirazioni simili, Edgar Jacobs aveva tratto due avventure di Blake e Mortimer: Il marchio giallo del 1953 per la telepatia e L’enigma di Atlantide del 1955, con dischi volanti e civiltà misteriose. 

1 Commento

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  1. Fra X

    16 Dicembre 2017 a 17:06

    Interessante come Hergé cercasse di trovare sempre nuovi argomenti.

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