Nailbiter voll. 3 e 4: diavolo d’un Mangiaunghie!

Nailbiter voll. 3 e 4: diavolo d’un Mangiaunghie!

SaldaPress continua a pubblicare la serie horror sceneggiata da Joshua Williamson per i disegni di Mike Henderson. Nel terzo e nel quarto volume di Nailbiter, il Mangiaunghie si conferma come un personaggio magnetico e inquietante, anche quando l'azione di sposta da Buckaroo ad Atlanta.

Sangue nell’acqua e Sete di sangue sono, rispettivamente, i titoli del terzo e del quarto volume di Nailbiter, la serie horror ideata e sceneggiata da Joshua Williamson per Image Comics. SaldaPress, l’editore italiano che ha pubblicato anche il primo e il secondo brossurato, inserisce, in coda ai cinque capitoli raccolti in ciascun libro, una sezione dedicata agli extra. Oltre alle copertine variant e ad alcune pagine di sceneggiatura, si trova un’utile galleria di ritratti dei “macellai di Buckaroo”, i serial killer che hanno portato alla ribalta la cittadina dell’Oregon.

Domande, risposte parziali e altre domande: l’indagine dell’agente Nicholas Finch e dello sceriffo Shannon Crane prosegue, intervallata da alcuni flashback significativi e molto utili per scoprire qualcosa di più sui protagonisti della drammatica vicenda e, soprattutto, sull’origine del Male che infesta la patria del Mangiaunghie. A questo punto è necessario sottolineare che non si può iniziare la lettura delle due storie qui recensite senza prima aver affrontato quella delle due precedenti.


Edward Warren, il killer con il soprannome che dà il titolo alla serie, conferma il suo status di personaggio più enigmatico, seducente e riuscito della serie, evidenziando la caratteristica di trovarsi sempre nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Poiché è presente ogniqualvolta viene trovato un cadavere, egli viene ritenuto responsabile, finendo però per rivelarsi innocente, soprattutto agli occhi del lettore.

Questo fatto non va trascurato, perché la sceneggiatura di Williamson non “incastra” mai il Mangiaunghie: sebbene siano stati specificati fin dal principio il suo modus operandi e i capi d’accusa a lui imputati, per i quali è poi stato dichiarato non colpevole, non viene mai ripreso mentre commette un omicidio. Al contrario, cura un bambino ferito; aiuta nelle indagini i tutori della legge e consente loro di scappare rischiando di rimetterci la vita. In passato per il bene della sua compagna ha sacrificato i propri sentimenti, mentre nel presente lo ritroviamo perfino ad Atlanta in veste di buon samaritano, quando nel quarto volume l’azione si sposta lontano da Buckaroo.

Warren sembrerebbe quasi un eroe, se non fosse che il suo eloquio, la sua fedina penale e alcuni comportamenti lo fanno assomigliare al Joker, il più famoso nemico di Batman.

Paradossalmente, l’elemento più riuscito del fumetto, insieme alla quantità molto elevata di colpi di scena, mette in risalto l’unica critica che ci si senta in dovere di muovere alla sceneggiatura di una serie complessivamente gradevole e interessante, dal momento che il Mangiaunghie oscura gli altri personaggi, compresi i coprotagonisti Finch e Crane, che non riescono a lasciare tracce nella memoria del pubblico nemmeno quando vengono svelati importanti dettagli del loro passato, con lo scopo di simpatizzare per loro. Discorso analogo vale per i “cattivi”, dal pittoresco Ammazzadiavoli agli sfuggenti Padrone e Uomo con la maschera.

A colmare questa lacuna intervengono il ritmo indiavolato e un efficace dosaggio delle sequenze più crude. Williamson tiene costantemente il piede sull’acceleratore, senza frenare neppure quando riavvolge il nastro dei ricordi, visto che anche gli episodi lontani nel tempo godono di vitalità e brillantezza. Inoltre, i dialoghi semplici e i racconti avvincenti aggiungono sempre nuovi misteri, anche quando sembrano sul punto di svelare i precedenti: se un personaggio inizia a sciogliere dei nodi, subito si verifica un evento spiacevole che lo blocca. Il meccanismo, che potrebbe diventare irritante qualora lo scrittore non riuscisse a chiudere con cura il cerchio, fino al quarto volume risulta stimolante, poiché invita il lettore a ragionare, a formulare ipotesi e, soprattutto, a proseguire le indagini insieme alle forze dell’ordine.

La seconda caratteristica a cui si è accennato poco sopra è riassumibile con una parola: “splatter”. L’autore non ne abusa, ma non si tira indietro quando si tratta di far schizzare il sangue o mostrare corpi mutilati. Oltre alla quantità non eccessiva, va rilevato il tempismo: gli occhi vengono colpiti sempre al momento giusto, principalmente alla conclusione di ogni capitolo, quando l’attenzione del lettore dev’essere catturata e rapita fino all’uscita dell’episodio successivo (il discorso vale più per il pubblico statunitense che può acquistare la serie mensilmente in formato spillato).

Parlando di sensazioni trasmesse attraverso la vista, entra in gioco il lavoro svolto da Mike Henderson, aiutato in un’unica occasione da Adam Markiewicz che si adatta in modo armonico allo stile del collega. Sebbene abbia progressivamente familiarizzato con l’ambientazione e le situazioni, il disegnatore continua a offrire prove più funzionali che spettacolari, senza mai diventare un valore aggiunto. Tuttavia, mentre nel primo e nel secondo brossurato le matite si limitavano ad accompagnare la sceneggiatura senza sussulti, nel terzo e nel quarto si rintracciano alcune soluzioni più fantasiose.

La gabbia conserva un’impostazione prevalentemente orizzontale, ma accoglie anche delle eccezioni, dalla classica struttura 2×3 alla particolare sequenza di due tavole consecutive, ognuna con 24 riquadri di dimensione ridotte. Il disegnatore dà il meglio di sé nelle pagine 80-81 del terzo volume, quando Warren, Finch e Crane scendono nelle profondità del lago di Buckaroo. Il paesaggio subacqueo impone a Henderson una costruzione liquida della griglia: dallo sfondo, nel quale vediamo i tre all’opera tutti insieme, emergono vignette dai bordi curvi, disposte orizzontalmente, utili per mostrare i singoli momenti dell’azione compiuta da ciascuno.

Se, come detto, l’ambientazione e le atmosfere sono rese efficacemente dal tratto sintetico e spigoloso di Henderson, nonostante il numero elevato di primi piani presenti, la recitazione dei personaggi non brilla per espressività e dinamismo, forse penalizzata da una visione artistica che tende più alla chiarezza che alla versatilità. Fa eccezione, in evidente parallelismo con la buona caratterizzazione, l’intensità mimica del Mangiaunghie.
Quindi, più che verso i volti e le pose è bene aguzzare lo sguardo in direzione degli sfondi, perché in essi possono nascondersi criminali pericolosi e celarsi indizi rilevanti per ipotizzare soluzioni ai tanti misteri.

L’oscurità nella quale il Male spadroneggia è ricreata dalle tinte di Adam Guzowski, senza esagerazioni: il buio è spezzato dalla luminosità delle scene diurne e gli abiti indossati dai cittadini di Buckaroo non sono monocromatici né di toni scuri. Inoltre, la versatilità si coglie anche nella capacità di differenziare gli spazi chiusi, asettici oppure opprimenti, dai paesaggi urbani e di campagna, ampi e rischiarati dal sole. Assecondando la vena splatter della sceneggiatura, il colorista non lesina sul rosso, da cui i numerosi colpi di scena sono cadenzati.

In conclusione, nel terzo e nel quarto volume di Nailbiter trovano conferme e si consolidano i cardini della serie. Il protagonista eponimo svetta su tutti personaggi, anche su quelli altrettanto importanti ai fini dello svolgimento della trama, mentre il ritmo e la continua addizione di misteri coinvolgono il lettore, invogliandolo a proseguire le indagini.

Abbiamo parlato di:
Nailbiter #3-4
Joshua Williamson, Mike Henderson, Adam Markiewicz
Traduzione di Stefano Formiconi
SaldaPress, luglio 2017 e aprile 2018
128 pagine cadauno, brossurati, colori – 14,90 € cadauno
ISBN: 9788869192715 e 9788869193491

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