Multiversity #3 annotato: decadentismo supereroico

Multiversity #3 annotato: decadentismo supereroico

I supereroi DC Comics sono morti, lasciando la Terra in mano a una generazione di eroi annoiata. Just #1, terzo albo di Multiversity di Grant Morrison.

Abbiamo visto nel capitolo precedente di queste annotazioni come l’assenza del Superman originale, o di un eroe a lui facilmente associabile (come Iron Munro/Flex Mentallo), abbia reso Terra-20, una terra di supereroi, facilmente conquistabile da Vandal Savage; se non nei fatti, almeno moralmente. Un altro modo per declinare l’assenza del Superman originale è consegnare la sua eredità al figlio, come avviene su Terra-16, dove i più grandi eroi del pianeta sono scomparsi e al loro posto sono in azione i loro discendenti.
Questo è lo spunto dietro Just, terzo capitolo di Multiversity, scritto da Grant Morrison per i disegni di Ben Oliver, che risultano una scelta azzeccata per i toni e le atmosfere da gossip che attraversano l’albo, sin dalla copertina che richiama una delle classiche riviste patinate di pettegolezzi sui vip.

Figli annoiati ed eroi da copertina

multiversity03-this_be_the_verseNel complesso, infatti, #earthme (un titolo che richiama gli hashtag utilizzati su twitter e altri social) è la rappresentazione di una generazione di eroi allo sbando, senza alcun punto di riferimento, un po’ come i giovani eroi di Kingdom Come, serie che è un evidente punto di riferimento per Morrison.
A parte, però, i riferimenti fumettistici legati soprattutto agli anni Novanta del ventesimo secolo e ai primi anni del III° millennio, Just ha in comune con Kingdom Come un elemento importante: il confronto generazionale, sottolineato da This be the verse, poesia di Philip Larkin citata da Alexis Luthor, fidanzata di Damian Wayne e figlia dell’uomo che ha ucciso il Superman originale su Terra-16.
Alexis non è un personaggio ricorrente del passato fumettistico DC Comics: a parte il personaggio omonimo nella serie animata del 2006 dedicata alla Legione dei Supereroi, di figlie di Luthor se ne contano un paio, ma nessuna di queste è stata sufficientemente sviluppata da poter essere considerata un vero riferimento fumettistico per la Alexis di Morrison. Tra i personaggi creati in precedenza da Morrison ce n’è, però, uno in particolare che può essere confrontato con Alexis Luthor: King Mob, uno dei protagonisti di The Invisibles, serie anni ’90 scritta dallo sceneggiatore scozzese per la Vertigo. In particolare, nell’episodio autoconclusivo And wére all policemen: Gideon, vero nome del terrorista spaziotemporale, è l’uomo più famoso della Terra e quindi il più ricercato, mentre Alexis è la reietta di Terra-16 in quanto figlia dell’uomo che ha assassinato il Superman originale, diventando così una variazione distorta del vecchio personaggio morrisoniano. Così, mentre il primo gioca con lo spaziotempo per salvare la Terra, la seconda diviene preda di un virus spaziotemporale per conquistarla, continuando così il gioco del ribaltamento iniziato con The Society of Super-Heroes.

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È evidente come, al di là della superficialità della storia, l’intento di Morrison sia quello di proseguire il discorso sul rapporto genitori-figli su cui era in parte incentrata la seconda serie di Batman Inc. In questo caso, però, il discorso si allarga, grazie alla presenza di Chris Kent, figlio del Superman originale, forse il personaggio introdotto da Geoff Johns e Richard Donner nel 2006 sulle pagine di Action Comics vol.01 #844, o un vero figlio di Lois e Clark come quello creato da Howard Cykin e J.H. Williams III per un Elseworld uscito nel 2000: le vere origini di questo Chris sono ininfluenti, essendo importante ciò che deve rappresentare, ovvero l’eredità di Superman.

Chris, però, deve confrontarsi con due generazioni differentemente annoiate: in un mondo pacificato dagli originali, ai loro successori (gli eroi anni ’90 per intenderci), tra una festa e l’altra, non resta altro che simulare le vecchie battaglie in rievocazioni il più fedeli possibili, mentre ai loro figli, rappresentati in particolare da Arrowette, figlia di Connor Hawke, non resta che creare un loro super gruppo, Just.
multiversity03-connor_hawkeSignificativo è il confronto tra padre e figlia all’interno del ristorante Planet Krypton, originariamente (sulle pagine di Kingdom Come) un fast-food di proprietà di Booster Gold. Connor, figlio più o meno illegittimo di Oliver Queen, il Freccia Verde originale, venne creato nel 1994 sulle pagine di Green Arrow #0 da Kelly Puckett e Jim Aparo per poi sostituire l’anno dopo il padre, morto nell’esplosione del suo aeroplano, a partire da GA #101. Utilizzato da Morrison sulle pagine della JLA, la sua versione invecchiata apparve in una minisaga ambientata nel futuro all’interno dell’arco narrativo dal titolo La pietra dei tempi (parzialmente riutilizzato in Crisi finale) molto simile alla versione presente in Just #1, sia graficamente sia caratterialmente. Connor infatti si mostra scontroso come il Freccia Verde originale e incredibilmente protettivo nei confronti della figlia, con una caratterizzazione non troppo differente da quella dell’Oliver Queen di Kevin Smith dei primi anni 2000.

Un aspetto forse marginale ma interessante del confronto è come Arrowette sia la rappresentante di una generazione bloccata dalle posizioni ottenute da quella precedente (per esempio, sono ormai circa venti anni che le grandi saghe in DC Comics sono scritte dai soliti nomi, primo fra tutti proprio Morrison), ma solo lei, in quanto figlia di papà avrebbe la possibilità di sbloccare per sé e i suoi amici l’occasione di mostrare il proprio valore. E non dovrà attendere troppo, perché è in pieno corso l’attacco di Gentry al multiverso.

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Nel caso di Terra-16, il demone multiversale gioca sull’indebolimento morale che gli eroi di questo mondo vivono, in particolare quando si confrontano con il loro passato. Sono emblematici, in questo senso, i tormenti di Kyle Ryner, la Lanterna Verde di questa Terra, che non riesce a superare il dolore dell’uccisione della fidanzata, mostrato da Ron Marz, Steve Carr, Derec Aucoin e Darryl Banks su Green Lantern (vol.3) #54. La stessa Alexis Luthor, che trova riscatto dal suo retaggio malvagio nel rapporto con Damian, diventa una brutta copia della strega cattiva de La Bella Addormentata, che utilizza come scusa il mancato invito all’ennesima festa per attaccare Terra-16, senza rendersi conto di essere, in realtà, manipolata dall’esterno.

Alla fine anche questo mondo è destinato a cadere, e in un accesso di ironia saranno i Super-robot, originariamente progettati per proteggere e successivamente controllati da Alexis, a portare a termine la missione, devastando a colpi di supervista la città mentre gli eroi stanno in piscina a divertirsi, come una perfetta generazione decadente.

I migliori del mondo

Se da un lato il confronto generazionale, già affrontato da Morrison sulle pagine di Zenith, come ricorda il critico David Witthaker, domina sulle pagine dell’albo, i due protagonisti principali sono loro, Batman e Superman, i vertici forti di un triangolo ambiguo che comprende anche Alexis Luthor.

Damian e Chris, i figli degli originali, sono solo l’ultima di obiettivamente poche variazioni sul tema dei figli, che venne esplorata per la prima volta nel 1972 sulle pagine di World’s Finest #125 grazie a Bob Haney, Dick Dillin e Murphy Anderson. Questa saga, che proseguì non troppo regolarmente negli anni successivi, venne conclusa nel 1980 da Denny O’Neil sulle pagine di World’s Finest #263 affermando che i due super-figli vivevano all’interno di una sofisticata simulazione al computer, da un lato riprendendo una famosa conferenza di Philip K. Dick sul tema (If you find this world bad, you should see some of the others del 1977) e dall’altro anticipando una delle tematiche di Matrix e della letteratura cyberpunk.
A ogni modo non è da escludere che Morrison non conosca la storia di questi super-figli, soprattutto se consideriamo la natura virale della minaccia a Terra-16: si potrebbe quasi affermare che è il modo giusto per attaccare una Terra fittizia, che è poco più di una simulazione al computer.

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Tornando ai due protagonisti di Just, è interessante osservare come Chris Kent abbia interpretato l’idea di isolamento presente in Kingdom Come non andandosi a rifugiare nella Fortezza della solitudine, ma intraprendendo un viaggio nello spazio, da cui viene richiamato dagli eventi che stanno accadendo sulla Terra. Altro elemento mutuato dalla miniserie di Mark Waid e Alex Ross è l’utilizzo di robot per controllare l’ordine pubblico, solo che in questo caso questi sono i robot di Superman e non di Batman, come era per KC.
Damian Wayne, per contro, personaggio ideato dallo stesso Morrison durante la sua gestione di Batman, interpreta la sua solitudine indossando sempre la maschera, anche nei momenti di intimità con Alexis. Diventa una sorta di corazza cui, nel corso dell’albo, aggiunge anche l’impermeabile. Quest’ultimo, però, non sembra essere un semplice indumento, ma piuttosto l’equivalente della coperta di Linus: Damian indossandolo torna a fare il detective e comprende perfettamente il livello più che cosmico della minaccia.

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Conclusioni

Di elementi interessanti, quindi, in questo #earthme, ce ne sono molti, come abbiamo visto. Il difetto fondamentale, che nei due albi precedenti era ben nascosto ma che in questo caso è emerso in maniera più evidente, è come Morrison si muova con in testa l’obiettivo di narrare il suo multiverso attraverso una nuova crisi, aumentando così la sensazione di dispersione narrativa, già presente su SOS #1, proponendo una storia nel complesso non così soddisfacente.

Il soggetto, a rileggere l’albo, è quanto di più squisitamente dickiano ci sia tra le storie fin qui proposte: personaggi senza uno scopo, fagocitati da un mondo in cui non si riconoscono, alla ricerca della propria identità. Morrison, però, si limita ad abbozzare queste tematiche: interessato più a seminare indizi sul crossover, adotta più che altro lo stile veloce di Dick senza proporre alcun approfondimento intimista, limitandosi ad essere un semplice scrittore senza troppe pretese.
D’altra parte l’obiettivo dello sceneggiatore scozzese potrebbe essere stato proprio quello di lasciare il lettore con l’amaro in bocca, con la sensazione di una storia incompiuta, un po’ per giustificare in questo modo l’insuccesso di questa generazione di eroi (e per traslato di quegli anni Novanta cui fa più o meno esplicito riferimento), con il rischio che, però, decida di non proseguire l’acquisto degli albi, nonostante il prossimo sia uno dei più importanti di tutta la serie, Pax Americana.

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Abbiamo parlato di:
Multiversity #3
Grant Morrison, Ben Oliver, Dan Brown
DC Comics, marzo 2015
48 pagine, spillato, colore, $ 4.99

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