Vanna Vinci: la magia della vita quotidiana

Vanna Vinci: la magia della vita quotidiana

Attraverso alcune delle sue opere realistiche più importanti, analizziamo gli elementi costitutivi dello stile unico e "sfuggente" di Vanna Vinci. Una panoramica che attraversa il percorso creativo e narrativo di un'autrice dalla voce personale e incisiva.

vanna-vinci-ombreRicordo un episodio legato alla lettura di Ombre di Vanna Vinci, il primo lavoro organico dell’autrice pubblicato da Kappa Edizioni nel lontano 1997. Recuperai questo libro dalla copertina affascinante – il profilo elegante ed etereo di una splendida ragazza mora – cinque anni fa e rimase dimenticato tra i “da leggere” per un po’ di tempo. Due anni fa, in una notte di piena estate, tra le mura umide di una casa affittata sulla costa Croata, lessi d’un fiato questa antologia dark ed esistenziale. Quando cambiai stanza per andare a letto, con il peso di una notte immobile, fui colpito dall’immagine della mia compagna addormentata a letto sotto una zanzariera bianca. Sembrava un fantasma, un’ “ombra” uscita da un racconto della Vinci, materializzatasi davanti ai miei occhi stanchi.
Niente di “spaventoso” o “horrorifico” alla Anna Never – celebre personaggio della serie di Dylan Dog – solo un’emozione pietrificata per un attimo in quella immagine; una specie di cortocircuito emotivo, in cui la forza iconica di un’immagine reale, che la griglia della zanzariera rendeva stranamente bidimensionale, si confuse con situazioni, personaggi e sensazioni nate dalla lettura di una storia di finzione.
Da quel giorno, decisi che le storie di Vinci meritavano una lettura approfondita, un ascolto più attento.

Non credo sia facile descrivere di cosa parlano le storie realistiche dell’autrice di origini sarde.
Protagonista di ogni racconto è una giovane donna, sempre diversa e sempre uguale, immersa nella quotidianità normale e speciale di ogni persona. Lillian, Sophia, Aida … sono tutte alla ricerca di due cose: l’amore, o forse una stabilità emotiva, una realizzazione esistenziale; e il senso della vita, che spesso prende forma dal confronto con ciò che non esiste più, i morti, i fantasmi, i vampiri (i non-morti).

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Come in un percorso circolare, in un anello di moebius, le storie sembrano muoversi senza portare in realtà da nessuna parte; una danza immobile – per citare il titolo dello splendido libro di Manuel Scorza – che nasce dall’incontro tra il caso e la forza di volontà della protagonista.
L’elemento mistico (e magico) è sempre presente e ha il sapore del passato, perché nasce dai ricordi dei giochi dei bambini e perché prende forma da immagini, letture e racconti antichi (e l’autrice è una grande amante delle cose passato, della loro storia).
Le pieghe della realtà che si confondono per diventare astrazioni mistiche o esplorazioni dell’immaginario, nel corso dei diversi romanzi, si sono connotate via via diversamente, seguendo la maturazione artistica e umana della Vinci.

lillian.jpg2962011930In Lillian Browne – il personaggio legato all’adolescenza dell’autrice – la magia è un gioco, narrativo e rappresentativo, che sembra connotarsi come vera e propria fuga dalla vita di tutti i giorni. è la ricerca di un rifugio, nel quale la protagonista può ritrovare una sua dimensione personale e una sua forza. Come una novella Alice, per Lillian le imprese nell’immaginario celtico, fatto di strani folletti affabulatori e personaggi dal fascino esotico, sono la rappresentazione diretta delle fantasie onnipotenti dell’adolescenza.
Sul piano strettamente narrativo, ciò dà alle storie una ridotta consistenza realistica e le emozioni sono mediate, indirette. Al lettore è esplicitamente chiesto di partecipare a quel gioco, di accettare quella finzione, di condividerla. Pena l’indifferenza emotiva.
Anche il racconto delle esperienze di vita vera – innamoramenti e amicizie – in Lillian Browne appare leggero, schegge sentimentali che faticano a trovare una reale dimensione sia nel testo che nei disegni, questi ultimi spesso eccessivamente ammiccanti e “nipponici”.
Eppure, in questi brevi episodi in successione, è possibile riconoscere già tutti gli elementi che caratterizzano lo stile della Vinci.

Oltre alla presenza del Fantastico inteso in senso lato, di cui abbiamo già detto, Lillian Browne presenta un chiaro punto di vista femminile sul mondo, le emozioni e le fantasie. è, questa, una caratteristica essenziale dei racconti di Vanna, che spicca con forza nel panorama del fumetto italiano, monopolizzato da punti di vista maschili, e che dichiara da subito – già in Ombre, a dire il vero – la centralità dell’elemento autobiografico o semi-autobiografico delle storie. La voce narrante che racconta la storia in prima persona per molti versi è la voce di Vinci, un suo personalissimo sguardo sul mondo.

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Il secondo elemento già maturo è l’impostazione della tavola e l’impaginazione. Si nota l’attenzione a una ricerca verso una composizione mossa, che muta tavola dopo tavola, alternando vignette contornate ad altre senza cornice, primi piani in movimento a seguire il ritmo del parlato, campi e controcampi in successione, un ritmo a elastico che eredita dalla scuola giapponese l’attenzione per gli oggetti e l’osservazione lenta dell’ambiente, e rapide accelerazioni o repentini cambi di scena. Il movimento che tutto ciò crea bilancia la sostanziale staticità dello sviluppo della storia, che procede normalmente per passi lenti, attorno a un minimalismo che l’autrice riuscirà nel tempo a rendere sempre più naturale e al contempo centrale.
È in questa ricerca che si inserisce anche la grande attenzione alla sintesi del tratto, che andrà via via perfezionandosi nel rappresentare piccoli moti emotivi, espressioni, posture con linee sempre più espressive ed efficaci.
Ultimo elemento che in Lillian Browne appare già consolidato è l’ironia che pervade le storie. In questa fase, tuttavia, e a differenza di quanto avverrà dopo, essa tende ad accentuare il distacco rispetto agli eventi della storia, a favore di una leggerezza che diverte ma fatica a coinvolgere.

sophia1.jpg30620111142Basta confrontare Lillian Browne con l’ultimo Sophia la Ragazza Aurea per notare l’evoluzione stilistica che ha sviluppato Vanna Vinci nel corso degli ultimi dieci anni o poco meno. Il tratto sembra dotato di una grande spontaneità e conferma definitivamente una personalità unica e inconfondibile del fumetto italiano.
In esso si possono ritrovare metabolizzati e rielaborati i molti elementi costitutivi: dal shojo manga di Riyoko Ikeda al maestro Hugo Pratt; dalla eleganza delle decorazioni e delle figure lunghe e sottili di Guido Crepax, al tratteggio grottesco e caricaturale di Ronald Searle dal quale Vinci, oltre a una grande attenzione per le caratteristiche idiosincratiche delle persone, sembra ereditare anche una certa attenzione per le forme e le proporzioni dei corpi e delle posture.
In particolare non si nota più lo sbilanciamento di opere precedenti verso una o l’altra “fonte di ispirazione”, come quella manga, che pur non essendo mai stata estranea e fine a se stessa, ha nel tempo perso l’approccio un po’ manieristico e forzato delle opere precedenti (in particolare l’esperimento nipponico di “Una casa a Venezia” e il quasi contemporaneo “Guarda che luna”, entrambi in coppia con Giovanni Mattioli ai testi).

L’ironia diventa elemento costitutivo della personalità della protagonista e di altri personaggi, inserendosi con misura e con realismo all’interno della vicenda senza ridicolizzarla né in questo modo sminuirne l’efficacia. Sbilancia, svela diversi punti di vista, muove la narrazione come nei migliori romanzi di Milan Kundera (Il libro del riso e dell’oblio, La vita è altrove, ecc.).
L’elemento fantastico, infine, non è più il fine della narrazione. La ricerca alchemica in cui si impegna Sophia è trattata come elemento specifico della sua personalità ed è motore della vicenda dal momento che diventa terreno di confronto di parabole di vita diverse. Il tema dell’immortalità sviluppa con felice leggerezza e forza evocativa la riflessione sul rapporto dell’umanità con la propria finitezza e le proprie paure.
La convinzione – la speranza – dell’esistenza di forze al di là della nostra comprensione non si caratterizza, come invece in Lillian Browne, in una fuga dalla realtà, quanto piuttosto in una tensione, un desiderio che dà maggior significato alla quotidianità. Il grado di realismo, il senso di necessità e di verità di quanto raccontato in Sophia è quindi esaltato, favorendo il coinvolgimento emotivo del lettore, al riparo da facili riconciliazioni o sentimentalismi.
Le vicende diventano sempre più irrisolte, come lo sono i percorsi di vita; i personaggi si svincolano da necessità imposte “esternamente” dalla trama, per prendere spazio, vivere autenticamente sulla carta.

aida.jpg30620111131Nel mezzo tra Lillian Browne e Sophia (di cui ad aprile del 2007 dovrebbe uscire il secondo volume) c’è un romanzo che è forse il picco più alto della produzione di Vinci fino a oggi, ovvero Aida al confine, “tutto quello che so sulla morte e sull’elaborazione del lutto“, come ammette l’autrice stessa.
Un viaggio a Trieste, città di confine, città spettrale, città di fantasmi, divisa tra modernità e passato, un viaggio nel ricordo dell’olocausto, una riflessione sull’impossibilità di dare un senso alla guerra e alla morte.
I fantasmi, in Aida, sono quelli dei parenti defunti della protagonista, che riportano alla luce una tragedia dimenticata e dolci emozioni del tempo passato. Il pantone usato in modo diffuso, i toni scuri, l’uso netto delle campiture di nero e dei contrasti danno vita a una vicenda cupa ma mai tragica, dal sapore malinconico e delicato. È il lavoro in cui emerge in modo più forte la fascinazione della Vinci per gli oggetti, gli artefatti, le costruzioni dell’uomo, la commistione di antico e moderno, il valore simbolico dei luoghi, che racchiudono tra i loro confini l’energia di eventi passati mai dimenticati.
La morte si incontra con il desiderio, la fascinazione, l’innamoramento e la sessualità, con la ricerca di una gratificazione emotiva sfuggente ma sempre desiderata.

La voce di Vanna Vinci è quella un po’ distaccata e cinica di chi osserva con la giusta lucidità la realtà che ci circonda, in un costante e proficuo confronto con le proprie emozioni profonde. A questa continua ricerca, a questo cammino irrisolto, che è personale, culturale ed esistenziale, l’autrice accompagna la realizzazione di storie malinconiche, dolci, divertite, fantastiche; storie che chiedono complicità al lettore, per svelare e condividere il sapore agrodolce della nostra quotidianità, della nostra esistenza.

Riferimenti:
Il sito ufficiale di Vanna Vinci: www.vannavinci.it
Una recensione di Sophia la ragazza aurea
Una breve recensione di Lillian Browne

 

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