Diciamo subito che, dopo la lettura di questo volume, si può tranquillamente affermare che è valsa la pena aspettare così a lungo, dato che siamo di fronte ad una vera e propria pietra miliare della narrativa disegnata, accostabile per importanza ed intensità ai libri di Seth, di Charles Burns e anche a quel Blankets di Craig Thompson che tanto ha fatto parlare di sé in questi mesi.
A differenza di tutte queste opere, e da quello che il nuovo filone fumettistico che fa capo alla prestigiosa Drawn & Quartely ci ha proposto fin’ora, Louis Riel è un ritratto di un personaggio storico, e in questa caratteristica sta tutto il limite (più presunto che tale) di quest’opera. Soprattutto per i lettori a digiuno di storia americana questo libro potrebbe risultare di difficile lettura e comprensione, ma la grande capacità narrativa e l’abile tecnica registica di Brown fanno sì che ciò sia invece solo un ostacolo tutt’altro che insormontabile per il comune lettore, che anzi si troverà entusiasticamente trasportato all’interno di un pezzo di storia popolare canadese, raccontataci dal punto di vista della popolazione Métis.
Il personaggio che presta il nome al titolo del libro è infatti l’incarnazione di una parte del popolo, più precisamente quella meticcia di lingua francese, e si erge a paladino contro le discriminazioni politiche e sociali perpetrate nei loro confronti dalle corporazioni, già allora politicamente molto influenti, e dal governo di Ottawa, verso la metà del diciannovesimo secolo. Una figura molto controversa, un rivoluzionario che nella seconda parte della sua esperienza umana e politica affonda in una deriva mistica e messianica, ben tratteggiata, con visionaria partecipazione, dall’autore. Quindi si parla di avvenimenti storici accaduti e di personaggi veramente esistiti; Chester Brown parte da una ricerca rigorosa per narrare un pezzo di storia, senza cadere nel citazionismo e nel nozionistico, e infondendo nelle proprie tavole forza ed espressività, colmando, con l’uso sapiente dell’affabulazione, il vuoto che troviamo tra le date degli avvenimenti riportati nei resoconti storiografici.
In effetti, pur inserendo in coda al libro un’impressionante mole di note che attesta l’enorme lavoro di documentazione, lo stesso autore nell’introduzione ammette che quella che si sta leggendo non è una biografia fedele ed esaustiva, ma solo parziale e volutamente distorta. Si può quindi considerarlo un lavoro che possa avere qualche valenza divulgativa e scientifica? Non del tutto, ma l’importanza del libro di Brown sta proprio nel fare uscire da un ambito strettamente accademico fatti sconosciuti ai più (almeno qui da noi), ridando importanza a quello che alcuni storici contemporanei definiscono “la storia fatta dai popoli”, cioé quella che spesso meno si conosce e che normalmente viene oscurata dalla cronaca più attenta ai grossi processi di cambiamento.
Faremmo torto a Brown, quindi, se volessimo considerare questo suo lavoro alla stregua di un testo scientifico, visto che di tutt’altro si tratta. Infatti, se l’origine e lo scopo di quest’opera è indubbiamente il raccontare la vita di un personaggio tanto rilevante, è anche vero che il dato stilistico e la complessa struttura narrativa sono gli aspetti che più è importante sottolineare.
Come lui stesso fa notare, il primo accostamento che balza all’occhio a chi di fumetto se ne intende non può che essere, almeno per la parte iconografica, Little Orphan Annie di Harold Gray, striscia degli anni 30 dalla quale Brown attinge a piene mani per ricostruire, letteralmente, il proprio disegno, affermando modestamente che “sono ben cosciente che i miei scarabocchi sono ben lontani dalla bellezza delle immagini di Gray”.
È in effetti sorprendente la lontananza che si ha tra il disegno di Non mi sei mai piaciuto e quello di questo libro; ugualmente, però, meraviglia come tale fonte d’ispirazione venga abilmente rielaborata per arrivare ad uno stile completamente nuovo, moderno e funzionale allo scopo prefigurato. Abbiamo così delle figure massicce, imponenti, con grossi arti e mani, dove invece nel libro precedente eravamo accompagnati nella lettura da personaggi fragili, minuti, quasi trasparenti .
E non è un caso che Brown abbia usato questi due registri: in Non mi sei mai piaciuto doveva raccontare di piccoli fatti, di storie intime, di giovani ragazzi, di lui stesso che era fisicamente magrissimo, mentre nel libro in questione parla di protagonisti (forse inconsapevoli) della storia, quella con la S maiuscola, la storia collettiva. E quindi tende a mitizzare persone che probabilmente avevano poco o niente al di fuori dal comune, ma che si sono trovate, come spesso accade, ad influenzare con le proprie scelte e le proprie azioni il destino di una nazione.
Per sottolineare ciò, oltre al disegno si trasforma anche il suo segno, che qui si fa più deciso, netto, marcato, quasi a scolpire in profondità i caratteri e le ambizioni dei personaggi. Si avvale oltretutto di sicuri e mai superflui tratteggi, che riescono a imprimere espressività e drammaticità alle varie comparse e alle ambientazioni, stilizzate ma sempre raffinate e affascinanti. L’idea che suggerisce il suo tratto, sia nel delineare le figure sia nel raccontare le azioni, è quella di un’enorme lavoro di pulizia.
Niente, infatti, sembra fuori posto, e tutto pare essere logico, funzionale, intonato. Un rigore formale che è evidenziato anche, e soprattutto, dalla rigida gabbia con cui sono composte le tavole: sei vignette della stessa grandezza su tre strisce per circa duecentocinquanta pagine. Un lavoro certosino di tecnica fumettistica che ricorda quasi, in alcuni frangenti, la ripresa frontale di un’opera teatrale (si veda ad esempio la quarta parte dedicata al processo di Riel), che amplifica, in questo modo, il senso di drammaticità e l’idea che questi personaggi siano solo delle comparse nel teatro della storia, manovrate da un regia superiore per essere consegnate ad un destino ineluttabile. Non c’è solo questo, ovviamente: anche le scene all’aperto risultano ben congeniate nella dinamicità, nella vitalità narrativa, e nella loro semplice bellezza immaginifica.
Degni di nota sono numerosi passaggi, ma tra i tanti vorrei portare l’attenzione sulla sequenza della resa di Riel (da pag. 208 a pag. 211), in cui Chester Brown riesce a ridurre la vastità di una foresta con la semplice separazione delle due vignette, mantenendo però l’azione sullo stesso palcoscenico e dando al lettore la possibilità d’immaginare lo spazio oltre a (e all’interno di) quello disegnato sulla carta. Le due comparse si confrontano separatamente nelle due vignette come se fossero dentro due monitor abilmente affiancati, e paiono essere a pochi metri l’una dall’altra quando sono invece più (ma non eccessivamente) distanti. Un abile espediente che serve a sottolineare anche il divario che si frappone e che si determina tra i due personaggi, fino ad allora uniti nelle intenzioni.
Insomma, pare che il lungo periodo di ricerca (sembra che Brown ci abbia speso sei anni di lavoro) sia corrisposto ad una meticolosa preparazione ed analisi tecnica con la quale impostare questo fumetto, che anche dalla scansione dei capitoli sembra pensato come una messa in scena di una piéce teatrale di fronte ad un pubblico virtuale. Dico questo, senza volerne diminuire la portata innovativa, perché in alcuni frangenti l’autore guida i propri personaggi in una sorta di recitazione, e li muove su palcoscenici disegnati con grande raffinatezza.
Un dramma ben strutturato nella sua divisione degli atti: un primo capitolo in cui il protagonista prende coscienza e si ribella; il secondo in cui viene costretto all’esilio; il terzo in cui si ha la ripresa della lotta guastata dal delirio mistico; il quarto con la definitiva caduta e morte. Un marchingegno ben congeniato e oliato, che acquisisce spessore e autorevolezza in questo suo essere un po’ dramma, un po’ fumetto, un po’ ricerca storica e un po’ biografia apocrifa.
Al di là di quest’analisi, quello che rimane al lettore è un’opera affascinante e complessa; un fumetto che riesce a tenerti incollato alla lettura per quasi trecento pagine, alternando momenti d’azione frenetici a lunghe sospensioni, dove i discorsi e i dialoghi ritmano con fascino e destrezza lo scorrere degli avvenimenti. Un abile connubio tra liricità espressiva e tecnica narrativa, non per niente comune nel panorama fumettistico mondiale.
Insomma, Louis Riel è un lavoro ambizioso nelle intenzioni, ben progettato e ottimamente scritto e disegnato, che segna un nuovo ed importante capitolo nella storia della narrativa sequenziale. Un libro che non può assolutamente mancare negli scaffali di ogni amante del buon fumetto.
Abbiamo parlato di:
Louis Riel
Chester Brown
Coconino press Fandango, 2004
288 pagine, brossurato, bianco e nero – 15,00euro
ISBN: 9788876180002
Connessioni:
Il sito della Coconino press
Il sito della Black Velvet
Il sito della Drawn & Quarterlt
Un sito sul processo a Louis Riel, completo di biografia, immagini e verbali processuali