Nameless di Grant Morrison è, come tipico di molte storie dell’autore, un fumetto molto intricato e complesso, nel quale più piani di lettura sono compresenti e intrecciati a tal punto da rischiare una certa gratuita cripticità.
A un primo livello la storia, pur complicata, racconta le oniriche avventure di Nameless, un occultista che si muove sullo sfondo di un milieu di esoteristi pretenziosi e sconsiderati. La prima parte lo vede coinvolto in un pericoloso progetto spaziale legato a un asteroide segnato da simboli iniziatici e in rotta di collisione col pianeta Terra; nella seconda parte questo disaster movie occultistico viene ribaltato, e possiamo leggere la storia in un modo totalmente diverso.
I disegni di Chris Burnham servono bene la narrazione, con un segno realistico e dettagliato, che, anche grazie ai lisergici colori di Nathan Fairbairn, si rivela efficace soprattutto a rendere genuinamente disturbanti i numerosi incubi allucinatori che frammentano la storia. L’elemento onirico è particolarmente importante, perché costituisce il caotico collante dei due tronconi di narrazione, unificati da questo frenetico delirio.
Anche il montaggio delle tavole è dinamico ed efficace, ricco di splash page, che a volte diventano lo sfondo per vignette più piccole che mostrano lo svilupparsi dell’azione, secondo un montaggio tipico del fumetto americano. Si ricorre in particolare a vignette particolari, dai bordi smussati, creando dei montaggi più inconsueti e sperimentali, dalle forme non lontane da quelle dei sigilli magici di cui è costellata la vicenda.
Ma tutto questo è solo ancora un primo livello dell’opera. A un secondo livello di lettura, troviamo una fitta foresta di criptici simboli: Morrison quasi sfida il lettore a ricostruire dei possibili percorsi iniziatici interni. Il tutto però in un modo ambiguo e oscuro, tanto da non dipanare mai del tutto il sospetto di un raffinato inganno ai danni del lettore che sia disposto a perdersi in questi giochi. Vengono in mente opere postmoderne come il Pendolo di Foucault (1988) di Umberto Eco e L’incanto del lotto 49 (1966) di Thomas Pynchon, che giocano sulla stessa ambiguità.
L’anti-Incal: il livello simbolico di Nameless
Troviamo quindi un riferimento centrale ai tarocchi da un lato e alla dottrina cabalistica delle Sefiroth dall’altro: due elementi citati esplicitamente ma anche evocati con allusioni più dissimulate. Nel fumetto, tale percorso era stato ripreso da Alejandro Jodorowski e da Moebius nel loro celeberrimo Incal, dove il viaggio simbolico tramite gli Arcani maggiori (le carte di più alto valore) era incarnato da John Difool (Fool = Matto) alla ricerca dell’Incal.
Morrison sembra quasi creare un rovesciamento dell’Incal: il protagonista, Nameless, rimanda alla Morte, l’arcano XIII (che è in realtà “Arcano senza nome”) e, invece di trovare il positivo Incal Luce, egli deve fermare Xibalba, asteroide che minaccia di distruggere la terra (si noti che “Xibalba” è il nome dell’oltretomba mortifero dei Maya, quindi rimanda alla magia precolombiana, proprio come l’Incal).
Ma Jodorowski usava rigorosamente solo i tarocchi originali e nei suoi studi teorici ha sempre sostenuto la pericolosità magica di modificarli; Morrison, secondo i principi del suo Pop Magic (qui si può trovare un ampio estratto di tale saggio) li modifica profondamente, cambiandone le figure e i numeri. Gli amanti divengono l’arcano 17, il Carro il 18, il Mago il 12, la Giustizia addirittura il 31, laddove il numerale massimo per un Arcano è 21.
Il loro contenuto da positivo diviene terribilmente negativo, coerente col mondo corrotto e in disfacimento che Morrison rappresenta. La modifica non coinvolge solo gli arcani maggiori, ma anche alcune carte minori: il Nove di spade (che significa “Prigione”), ad esempio, è associato al sotterraneo scavato nell’asteroide, in modo coerente alla storia.
Il viaggio dei tarocchi si interseca, come detto, alla scala delle Sefiroth celesti: da Malkut, il Regno, la Terra ordinaria su cui viviamo, si ascende ai cieli più alti. Un classico della mistica iniziatica ebraica (ma anche islamica, col Libro della Scala, e cristiana, con la Divina Commedia…), che avviene qui però in modo deviato ed erroneo. Il passaggio da Malkut a Yesod, la sfera lunare, avviene ad esempio con l’uso di uno Space Shuttle (nella prima parte del racconto), e quindi in modo irregolare secondo la dottrina iniziatica.
Lo stesso Xibalba sembra essere un frammento del pianeta perduto, l’attuale fascia degli asteroidi: una possibile corrispondenza con Daath, la sfera dell’Abisso, dove nell’albero sefirotico c’è un vuoto. Ciò che è simbolico e alto viene così ridotto a ciò che è basso e materiale. Allo stesso modo, l’albero delle Sefiroth, che appare in un dettaglio sullo sfondo di uno studio medico, è reso mostruosamente organico e tutt’altro che spirituale.
Ma ci sono altri possibili pian di lettura ancora: non mancano ad esempio citazioni alla storia dell’arte, anche italiana. Un esempio su tutti è Giovanni Battista Piranesi, l’autore delle meravigliose Carceri d’invenzione, il cui nome è esplicitamente evocato anche da alcuni personaggi. Infine, si potrebbero leggere dei paralleli con l’Ulisse di Omero e di Dante, ingannatore e viaggiatore iniziatico per eccellenza, dato che anche lui è “Nessuno”, cioè “Senza nome”.
Il riferimento al mago Eric Potter, uno degli iniziatori di questo pasticciaccio brutto in salsa esoterica, invece, è probabilmente una citazione del celebre Harry Potter, la creazione della J.K.Rowling, anch’ella affascinata dall’occulto. Già Alan Moore, nella sua Lega degli Straordinari Gentlemen, poneva una parodia di Harry Potter come paradossale anticristo da fermare, massimo esempio di una degenerazione del pensiero magico-letterario inglese in una new age facilona e superficiale (che io sappia, la Rowling non lo ha mai degnato di una risposta).
Insomma, un turbinio di rimandi e citazioni, che forse meriterebbero, per essere interpretate (o sovra-interpretate?) a dovere, una analisi passo-passo da parte di un lettore davvero competente di simbolismi ermetici. Analisi che forse alcuni riterrebbero ancora eccessiva per un fumetto, ma che autori come Morrison, Moore, Jodorowski, hanno mostrato – ognuno a suo modo – essere spesso necessaria.
Per contro, poco più di un decennio fa un fumetto del genere sarebbe stato indecifrabile anche a un lettore mediamente colto: oggi internet offre la possibilità di usarlo, anche, come spunto per approfondire una cultura iniziatica certo fallace – nella visione illuministica che io condivido… – ma sicuramente ammaliante.
In conclusione, un fumetto indubbiamente affascinante, che può sedurre fin dal primo livello per la bellezza visiva delle inquietanti tavole d’orrore e delirio che ci offre; ma che richiede letture multiple e un lettore particolarmente appassionato per giungere a un vero apprezzamento.
Abbiamo parlato di:
Nameless – Senzanome
Grant Morrison, Chris Burnham, Nathan Fairbairn
Saldapress, 2017
192 pagine, colore, brossurato – 15,90 €
ISBN: 9788869192449