Guido Crepax: una Valentina gotica e postmoderna

Guido Crepax: una Valentina gotica e postmoderna

In un clima di generale riscoperta dei maestri del passato, Edizioni White Star ripubblica una imponente collezione delle opere più cupe di Guido Crepax riguardanti Valentina. Un viaggio a più livelli tra marxismo, psicanalisi, gotico ed erotismo.

Valentina, creata da Guido Crepax nel 1965 sulle pagine di Linus, è uno dei personaggi più importanti della storia del fumetto, italiano e non. L’eroina nasce inizialmente come comprimaria delle avventure del critico d’arte Philip Rembrandt, supereroe sui generis con il nome di Neutron, ma ben presto prende il sopravvento, anche grazie al suo seducente erotismo.

Ma questa è solo una delle caratteristiche dell’eroina: questo volume documenta infatti la rilevanza del riferimento al gotico e all’horror nel personaggio, riproponendo il vasto ciclo dei Sotterranei, un insieme di storie collegate, dalla seconda avventura in poi. Due altre storie successive – Dracula e Frankenstein – mostrano il rilievo del gotico nella produzione di Crepax anche al di là della sua eroina principale.

Il volume si apre quindi con Gli ussari della morte (1966), un ottimo esempio della molteplicità di livelli di questo fumetto. Valentina, ospite di un’inquietante comune hippie, assiste a uno spettacolo contro il Vietnam sotto effetto di LSD; così, confusa dai fumi degli allucinogeni, vede la rappresentazione come la carica degli Ussari che distruggono la Comune di Parigi nel 1871 (primo storico esperimento comunista). Notiamo qui i vari livelli di lettura presenti in Crepax: c’è l’erotismo, certo, ma fuso con il fantastico inquietante, e il tutto letto in una chiave tra lo psicanalitico e il politico.
La griglia su quattro strisce è già di per sé profondamente variata, ma il confine tra le sequenze del sogno e le sequenze reali è indicato solo da una lieve differenza nella smussatura delle vignette, dissimulata il più possibile al lettore per accentuare la sensazione di confusione onirica della protagonista.

I sotterranei (1966) è invece una storia lunga, dove è ancora protagonista Rembrandt. Non vi è qui un rimando a un preciso testo del fantastico oscuro, ma un pastiche di citazioni riassemblate.

Indubbiamente c’è un rimando a Viaggio al centro della terra di Jules Verne (del 1864, quasi contemporaneo agli Ussari del 1871), ma il finale richiama l’Inferno dantesco, con i protagonisti che devono uscire superando una gigantesca figura femminile, come Dante e Virgilio dovettero superare il corpo di Lucifero. La guerra tra le due civiltà sotterranee riecheggia l’analogo scontro che appare nel viaggio lunare di Luciano di Samosata, e non manca un qualche eco dei viaggi fantastici di Gulliver presso improbabili popoli lontani.

Questa ambiguità si manifesta anche nel segno adottato in tutto il ciclo dei Sotterranei: da un lato, il netto contrasto chiaroscurale rimanda all’Optical Art, tendenza predominante degli anni ’60 da cui Crepax stesso è influenzato, basata su forti contrasti ottici, soprattutto monocromatici1.

Tuttavia, questo riferimento si mescola al gusto gotico, all’illustrazione xilografica dei romanzi dell’orrore, all’espressionismo tedesco degli anni ’20. Similmente, la griglia ha una struttura base su quattro strisce che deriva dal fumetto d’avventura di scuola francese; ma Crepax la utilizza in modo molto più variato, con intersezioni complesse che molti hanno collegato al suo sguardo “da architetto”, in grado di una profonda revisione delle strutture spaziali. Spettacolare e di effetto è la mappa finale dei Sotterranei, una rara, grandiosa splash page su quattro tavole (realizzata con fogli ripiegati, come negli inserti cartografici) che chiude la narrazione.

Se, da un lato, Crepax ci rimanda all’estetica postmoderna del collage e del pastiche, sotterraneamente tutto è governato una struttura piuttosto rigorosa e dall’analogia politica. La lingua dei Sotterranei non è un grammelot fantastico, ma è costruita su precise basi storiche, ideata da Luisa Crepax sul mix di greco e gotico della Bibbia del vescovo ariano Wulfila, nel IV secolo (elemento che diviene una prima allusione alla natura “germanica” degli antagonisti della storia).
I due popoli in lotta, gli Uguali e i Supremi, sono infatti due società specchio reciprocamente del comunismo e del nazifascismo; la cavalleria degli assalitori, che rimanda ai cavalieri teutonici (anche se i loro elmi producono onomatopee metalliche che compongono la parola “Ku… Klux… Klan…”), è una chiara ripresa dell’Alexander Nevsky (1938) di Eisenstein, film cardine della propaganda sovietica nell’imminenza della seconda guerra mondiale, tramite la rilettura di un passato scontro risalente al medioevo tra Russia e cavalieri teutonici.

La dimensione politica diviene esplicita nel secondo episodio della saga, Valentina perduta nel paese dei sovieti (1966): i protagonisti sbucano in Russia, nei pressi della villa di una famiglia di antichi aristocratici. Il titolo è anche un probabile rimando al primo volume di Tintin, che vede l’eroe di Hergé perso nel paese dei Soviet, in un testo di chiara propaganda anticomunista. Qui, ovviamente, tutto viene rovesciato, e gli eroi della storia – Valentina e gli altri, progressisti occidentali – devono liberarsi dagli spettri mentali del vecchio ordine aristocratico-borghese, di cui la villa nobiliare d’età zarista è un simbolo abbastanza palese.

Nel terzo episodio della saga, La discesa (1967), Crepax introduce il gioco del metafumetto tramite le tavole che Arno dedica a Valentina (le tavole del “fumetto nel fumetto” appaiono sempre rovesciate e poste in obliquo). Rimane comunque l’allegoria politica, con riferimento alla coeva guerra del Vietnam: la nave degli antagonisti umani, la White Hawk (rimando agli USA: l’Aquila e la Casa Bianca) ha stretto un “patto scellerato” con i Supremi per opprimere gli Uguali di Komyatan, guidati da Octamhan (probabile mascheramento del leader vietcong, Ho Ci Min).

Nel quarto episodio, Un poco loco, la lettura psicanalitica inizia a prevalere su quella politica, col leader dei Supremi che è divenuto un malvagio analista oppressivo (secondo temi della psicanalisi di quegli anni, legata all’Anti-Edipo di Deleuze-Guattari); tale evoluzione diviene centrale nel 1976, con Subconscious Valentina. Qui, in una storia ancor più chiaramente onirica, Crepax lascia intendere che il ciclo dei Sotterranei potrebbe essere tutta una lunga allucinazione della protagonista. Per fare ciò introduce una diversa impostazione di tavola, molto singolare: la forma è infatti quadrata, su quattro strisce estremamente schiacciate e, di conseguenza, claustrofobiche; nelle tavole oniriche si giunge a una frammentazione totale dello spazio visivo, non ancora presente nel ciclo originario.

Con quest’ultima storia, Crepax accantona il tema gotico in Valentina, ma lo approfondisce in altre opere, dove procede a un diretto confronto coi classici del genere. Conte Dracula (1983) è una storia dedicata al romanzo di Bram Stoker. La struttura di tavola è sempre quella griglia su quattro strisce che abbiamo trovato nel ciclo dei Sotterranei, ma il segno si è fatto più minuzioso, con fitti e raffinati tratteggi a panneggiare le scene e i personaggi. La storia resta abbastanza fedele all’opera originaria (ad esempio, abbiamo un Dracula vecchio, vicino a quello del romanzo e non all’immaginario filmico che lo vuole più giovane) ad eccezione di un maggiore e più esplicito erotismo, e di una semplificazione nella narrazione in favore di una leggibilità più immediata.

Questo studio sul gotico continuerà fino alla fine della produzione crepaxiana: in Frankenstein, la sua ultima opera (creata nel 1999, uscirà nel 2002, e l’autore morirà nel 2003) la linea si fa più chiara, con meno tratteggi, e la scansione delle vignette si dissolve in favore di immagini che si accavallano caoticamente sulla tavola. Una certa indeterminatezza del segno è causata in parte anche dalla sclerosi multipla che aveva colpito l’autore nella sua età anziana, ma resta comunque estremamente efficace nell’evocare un senso di smarrimento, sintetizzando le peregrinazioni originarie del duo – lo scienziato e il mostro – con efficacia.

Insomma, un volume imponente per la ricchezza di storie presentate, su una carta e con una stampa di qualità, che mette innanzitutto in evidenza l’importanza del tema gotico nel lavoro di Crepax, a fianco di quello erotico con cui è solitamente associato. Inoltre, grazie anche al ricco e preciso apparato critico, è possibile cogliere altri piani di lettura più raffinati, come appunto il rimando al tema politico di stampo marxista, o le riflessioni psicanalitiche.

Il lavoro di Crepax si conferma quindi uno dei grandi capolavori – non solo fumettistici ­– di quella stagione di nascita del postmoderno: un riferimento fondamentale per gli appassionati della nona arte.

Abbiamo parlato di:
Crepax: Conte Dracula, Frankenstein e altre storie horror
Guido Crepax
Edizioni White Star, 2017
464 pagine, cartonato, bianco e nero, 50,00€
ISBN: 9788854036178


  1. vedi qui per una sintetica presentazione: www.treccani.it/enciclopedia/optical-art 

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