Gomboli, Bottinelli e Palumbo: noi siamo Diabolik

Gomboli, Bottinelli e Palumbo: noi siamo Diabolik

Con l'autobiografia uscita nel 2010, il “genio del crimine” creato dalle sorelle Giussani si è presentato in una veste diversa ai propri lettori. Un'operazione metatestuale curiosa e indovinata che conferma la modernità di un'apparentemente immutabile icona dell'immaginario.

Io sono Diabolik si articola come una vera e propria intervista a Diabolik, introdotta da un breve fumetto disegnato da Palumbo, dove viene esposto il motivo per cui il riservato ladro concede a una giornalista di rispondere a domande sulla sua movimentata vita. È naturalmente Gomboli a rispondere in vece del genio del crimine.

Per capire meglio questa operazione abbiamo  quindi intervistato brevemente le tre spalle del ladro di Clerville, ovvero Mario Gomboli, la giornalista Federica Bottinelli e Giuseppe Palumbo.

INTERVISTA A MARIO GOMBOLI

Chi se non Mario Gomboli poteva prestare voce e risposte a Diabolik? Da anni soggettista, sceneggiatore, curatore e supervisore di Diabolik, è lui oggi l’erede delle sorelle Giussani, e vero e proprio deus ex machina dell’intramontabile fumetto nero.

Come ti sei sentito a fare da ghost writer a un’icona come Diabolik? Una cosa è raccontarne le avventure, ma parlare in sua vece…
In realtà già quando scrivo i soggetti di Diabolik mi devo immedesimare nel personaggio, ragionare come lui per decidere come farlo agire coerentemente alla sua personalità. Verbalizzare questo atteggiamento mentale è stato – relativamente – facile e spontaneo… E mi ha addirittura obbligato a riflettere su punti che, mentre lavoro, sfrutto automaticamente, istintivamente, oserei dire naturalmente.

Cosa c’è ancora da raccontare del personaggio Diabolik che non sia stato narrato nei suoi fumetti?
Più di quanto si immagini. Come dimostrano i Grandi Diabolik primaverili (quelli con lunghi flashback illustrati da Palumbo) non sono pochi i lati oscuri, i momenti mai raccontati, i vuoti tra un episodio e l’altro che meritano un approfondimento. Un esempio? Sappiamo poco del rapporto quotidiano tra Elisabeth e il Re del Terrore prima della comparsa di Eva Kant.

Questo libro svela lati nuovi del personaggio, o aspetti solo accennati finora e mai esplicati? Lontano dall’azione che è al centro delle sue avventure mensili, si scopre un Diabolik diverso?
Diverso, no. Approfondito, sì. Le avventure a fumetti hanno necessariamente un ritmo narrativo serrato, incalzante e quindi lunghe riflessioni sulla filosofia del personaggio sono bandite. Ma dalle sue azioni traspare una logica, un’etica, una linea comportamentale che, finalmente, in questa autobiografia sono state esplicitate.

Se l’albo mensile sembra mostrare le avventure del genio del crimine con un’ottica esterna, in un certo senso più distaccata, l’autobiografia richiede un approccio diverso, è così?
Inevitabilmente. Rispetto a quanto detto sopra la situazione obbliga a un’inversione di prospettiva: il racconto dell’azione si fa conciso mentre quello delle motivazioni che all’azione hanno portato è più sviluppato.

È curioso come un personaggio vecchio come Diabolik sia stato tra i primi a tentare la strada dei fumetti adattati per iPhone, sia tra i più attivi come marchio nella moda, nell’arredamento, sia stato protagonista di cartoni animati, videogame… In cosa sta la sua forza e la sua capacità di adattarsi, evolversi pur rimanendo uguale?
A Diabolik la carta stampata è sempre andata un po’ stretta di spalle. E’ stato il primo fumetto italiano a trasformarsi in romanzo, in sceneggiato radiofonico, in film, in cartone animato… Per non parlare delle innumerevoli applicazioni come griffe nei campi più disparati. Era quindi inevitabile che andasse a occupare nuovi territori, ogni volta che si aprivano alla conquista. Ha cominciato come fumetto digitale su Rosso Alice per poi passare su iPhone e ora si appresta a sbarcare su iPad. Naturalmente ogni passaggio a media diverso ha comportato qualche adattamento (addirittura traumatico, nel caso della serie di cartoni animati) ma l’originalità di base del personaggio, le sue inconfondibili caratteristiche grafiche, la ricchezza della sua personalità (così come le sorelle Giussani l’avevano sviluppata e definita anno dopo anno) gli hanno permesso, appunto, di evolvere senza trasformarsi in altro da sé.

INTERVISTA A FEDERICA BOTTINELLI

Apparire in fumetto e intervistare Diabolik dal vivo è un’esperienza più unica che rara. Chiediamo alla giornalista Federica Bottinelli come è stato intervistare un’icona del fumetto.

Come sei stata coinvolta nel progetto di questa intervista-autobiografia al Re del terrore?
Purtroppo non è stato avventuroso come nel fumetto che apre il volume, in cui io salvo Eva Kant e così Diabolik per sdebitarsi accetta di farsi intervistare da me. Emanuele Basile, editor della Mondadori, e io abbiamo proposto alla casa editrice il progetto di un’autobiografia impossibile, ovvero quella di un personaggio dei fumetti. Il fatto di iniziare da Diabolik è stato per noi naturale: un personaggio complesso e amatissimo, ben delineato, con una storia intrigante e molti segreti, tutto italiano. Era perfetto. Con l’idea e un primo abbozzo della struttura siamo andati da Gomboli e tutto è cominciato.

Ti lega qualche ricordo o passione particolare al fumetto? Sei una lettrice di Diabolik o hai dovuto documentarti?
Diabolik mi ha sempre affascinato ed è stato emozionante vedermi disegnata in una storia a fumetti con lui e Eva. Pur essendo una lettrice delle sue avventure, è stato necessario documentarmi. Nel libro compaiono episodi e personaggi di cui ho dovuto prima leggere le storie e poi parlare con Gomboli, per evidenziare retroscena e caratteri. Avendo il punto di vista privilegiato di Diabolik siamo perciò riusciti a soffermarci meglio e più in profondità su ciò che nel fumetto, per necessità di spazio e per la natura stessa di quel formato, era sfumato o solo accennato.

Come hai scelto le domande per Diabolik? Sono state decise in accordo con Gomboli o è stata un’intervista vera, non preparata?
Come dicevo, a Gomboli abbiamo proposto il progetto del libro già strutturato in quattro grandi argomenti: la vita, l’amore, gli avversari, i trucchi. Gomboli ha ricreato Diabolik attraverso un susseguirsi di incontri e tradimenti, colpi favolosi e fughe magistrali. Mio compito è stato cercare di scavare nelle pieghe dei fatti e nelle relazioni fra i personaggi principali e non solo per far emergere dettagli e sfaccettature del carattere del Re del Terrore.

Che sensazione si prova a intervistare un mito del fumetto, anzi un mito DI fumetto?
È stato come essere a Clerville, visitare i suoi rifugi e partecipare alla preparazione dei colpi. Tutto è stato pensato e misurato con precisione, perché niente può essere lasciato al caso.

Quali aspetti del personaggio hai cercato di fare emergere? C’era anche l’intento di evidenziare una tua visione di Diabolik?
L’idea era quella di dare una visione di Diabolik completa, perciò il libro è stato strutturato in grandi temi. Iniziando dall’infanzia, tratteggiamo l’uomo Diabolik attraverso la sua formazione e le sue esperienze, per arrivare al grande amore della sua vita, Eva Kant, e al suo miglior nemico, l’ispettore Ginko. Per concludere, infine, ci sono i trucchi e le sue invenzioni, senza trascurare naturalmente la Jaguar e i suoi indimenticabili pugnali, rappresentati nei neri risguardi del volume. Insomma è un percorso tra persone del suo passato e del suo presente, tra oggetti e rifugi da cui Diabolik emerge come personaggio a tutto tondo, con le sue luci e soprattutto le sue ombre.

Che cosa credi affascini ancora oggi tanto i lettori nelle avventure di Diabolik e nel suo personaggio?
Secondo me è proprio questa sua completezza di carattere, pur con – e, anzi, forse proprio grazie a – le sue convinzioni a farne un personaggio attraente, perturbante, granitico nella sua etica (come gli eroi e gli uomini di una volta) e nello stesso tempo vicino ai lettori, perché è anche un personaggio estremamente contemporaneo, dinamico, un personaggio che in tutti questi anni è cresciuto e continuerà a crescere. Da sempre l’attualità è entrata nelle sue storie, rendendolo perciò sempre attuale, fermo nelle sue convinzioni ma mai noioso. Allo stesso modo i suoi colpi sono sempre diversi, sbalorditivi e al limite dell’impossibile:

Questa è la vita che ho scelto e che Eva ha deciso di condividere. Io sono Diabolik e, da quando lo sono diventato, ho conosciuto un solo modo di vivere. (cit.)

Non è ormai un dilettante in confronto ai veri, grandi criminali?
Sicuramente in molti suoi atteggiamenti Diabolik è ancora un uomo d’altri tempi, un ladro gentiluomo, certo senza scrupoli, ma comunque con una sua etica. Proprio per questo è un personaggio che non si riesce a condannare, è un uomo che ha fatto una scelta e la persegue con passione e impegno. Diabolik stesso spiega:

Criminale è chi viola la legge in maniera miope, per ottenere un risultato immediato. Io non accetto etichette così banali: io sono Diabolik, E basta. (cit.)

INTERVISTA A GIUSEPPE PALUMBO

Palumbo da anni accompagna le avventure più insolite e attese del personaggio, attraverso gli annual dedicati al suo passato. Logica la scelta di coinvolgerlo per questa speciale occasione, per la quale ha illustrato il breve racconto a fumetti iniziale che crea il pretesto per il libro.

Il tuo ruolo è ormai quello consolidato di disegnatore per le occasioni speciali: albi di formato maggiore, storie particolarmente importanti per la saga diabolika, eventi speciali come questa autobiografia. Da Ramarro a Cut, accanto alle tue produzioni più autoriali se mi passi il termine, come Un sogno turco, c’è da sempre un tuo lato pulp, divertito e divertente. Che rapporto hai quindi con Diabolik e che posto occupa nel tuo immaginario?
Magnus mi ha insegnato che qualunque cosa disegni devi disegnarla al massimo delle tue possibilità senza mollare. Io cerco di utilizzare soluzioni grafiche differenti per tipologia di segno, ma ugualmente intense! Non so se ci riesco sempre, ma questo è il mio obiettivo. Diabolik (o meglio il suo mondo) è ad oggi il personaggio che più ho disegnato; ormai è uno di famiglia…

Credo che Diabolik sia un raro esempio di personaggio dei fumetti dalla personalità tanto forte da invadere il reale in questo modo. Diabolik non è più solamente degli autori o dei lettori, ma diventa autonomo, vivo, e al contempo mito, simbolo. Da disegnatore, quali sono gli elementi cardine che garantiscono questa riconoscibilità e che rafforzano il simbolismo del personaggio? Cosa significa averci a che fare?
La forza di Diabolik sta nella sua (apparente) semplicità: è un personaggio basic, nel suo design, nel suo codice di antieroe. In più ha ormai intessuto un tale rapporto di feedback con i suoi lettori che può apparire in ogni forma e declinazione pur rimanendo sempre simile a sé stesso. Averci a che fare? Come ogni personaggio di famiglia, quando credi di conoscerlo, sei ancora al via.

Graficamente sei uno degli autori (se non l’autore) con maggiore libertà tra coloro che prestano la matita sul personaggio creato dalle sorelle Giussani. Come vivi questa libertà d’azione, come ti poni nei suoi confronti? Preferisci giocarci senza però scardinare la base, o ti piace l’idea di osare oltre quello che normalmente si aspetta il lettore affezionato della serie?
Oso quando posso e quando serve. Per lo più do il massimo nel rispetto di chi mi legge.

 

Abbiamo parlato di:
Io sono Diabolik
Mario Gomboli, Federica Bottinelli, Giuseppe Palumbo
Mondadori Editore, 2010
184 pagine, brossurato – 17,00€
ISBN: 8804596554

Riferimenti:
Diabolik, il sito ufficiale: www.diabolik.it
Mondadori Editore: www.mondadori.it
Giuseppe Palumbo, il blog: giuseppepalumbo.blogspot.com

il personaggio e le pubblicazioni di Diabolik sono © Astorina srl

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