Fuori dai denti: Intervista ad Ade Capone

Fuori dai denti: Intervista ad Ade Capone

Nel lontano 2002 intervistammo Ade Capone per parlare di Lazarus Ledd, Star Comics, Liberty e buoni fumetti.

Ade Capone, piacentino, laureato in geologia, iniziò poco più che ventenne a pubblicare fumetti e racconti collaborando con Rizzoli, Universo ed Eura. Ha collaborato con la Sergio Bonelli Editore scrivendo per Zagor, Mister No e Martin Mystere e con Comic Art con il fantascientifico Kor One con i disegni di Roberto De Angelis. Al ruolo di sceneggiatore ha affiancato in carriera quello di Direttore Editoriale per la Star Comics e di editore con l’etichetta indipende Liberty per cui ha scritto tra gli altri le serie Erinni e Il potere e la gloria e con la quale ha pubblicato due opere di Danijel Zezelj: Pagliacci e Nei tuoi occhi. Per Star Comics ha ideato Lazarus Ledd, il “bonellide” più longevo mai pubblicato in italia. Nel 1995 ha vinto il Premio Fumo di China come miglior sceneggiatore italiano di fumetto realistico. Negli ultimi anni si era allontanato dal fumetto per dedicarsi alla TV e ai libri.  È venuto improvvisamente a mancare il 4 febbraio 2015.

Quando gli feci questa intervita, Ade Capone aveva 43 anni.

Lazarus Ledd è un personaggio che ha fatto della sua continua evoluzione un marchio di riconoscimento rispetto a Bonelli, dove solo Nathan Never ha cercato di compiere un percorso in tal senso. La tua è stata una scelta dovuta al tuo piacere di raccontare storie in questo modo, o anche studiata a tavolino per attrarre i lettori?
È stata sicuramente istintiva, dovuta proprio al piacere di raccontare in un certo modo e alle influenze “generazionali” se così vogliamo chiamarle. Sia io che Serra, Medda e Vigna amiamo Claremont, Moore, Miller… tutto un certo modo, cioé, di raccontare e impostare la continuity di un personaggio, comprese certe svolte radicali nella sua vita e nella struttura del suo universo narrativo. Okay, niente “paroloni”. Diciamo che considero i cambiamenti il sale di una serie a fumetti nata negli anni ’90.

Non pensi che la staticità di molti personaggi, Dylan Dog o Tex in primis, sia un freno più che un incentivo per i nuovi lettori, e che questo immobilismo si traduca in mancanza di idee?
Sai, qui il discorso si fa piuttosto composito. Nel senso che bisognadistinguere tra personaggi classici (come Tex), semi-classici (quali Dylan Dog o Martin Mystere) e personaggi recenti, figli appunto degli anni ’90. Nel caso di questi ultimi, la staticità sarebbe sicuramente un freno. Nel caso di Tex assolutamente no, anzi: Tex così è e così deve restare, proprio come Diabolik o Zagor. I lettori li vogliono così, anche per un fatto generazionale, e io credo che comunque solo così questi personaggi abbiano la loro giusta dimensione. Per fumetti, invece, come DD e MM, credo che la virtù sia nel mezzo. Entrambi hanno una loro continuity, ma meno marcata, che non incide più di tanto sull’impostazione della serie. Pero’, non scordiamolo, Martin invecchia, e Dylan Dog ogni tanto ci regala perle come gli albi che parlano del suo passato. La prossima, a quanto pare, sarà il n.200. Conosco la trama (ovviamente top secret) per grandi linee, e posso dire che la considero un vero capolavoro. Del resto sarà un lavoro che vedrà all’opera, insieme, Sclavi, Marcheselli e Paola Barbato. Il meglio di DD, insomma.

La Star Comics ha rinunciato ai fumetti americani, anche quando aveva in mano titoli validi sulla carta, ed ha visto nascere e morire serie o miniserie tutte italiane come Hammer, Samuel Sand, Morgan o Goccianera. La sensazione è che a volte sia mancato il coraggio di proporre nuovi fumetti e di aspettare il tempo fisiologico per permettere loro di affermarsi, per dedicarsi piuttosto ai manga come investimento sicuro, o che si sia tentato di pubblicare lavori affrettati e poco curati come Santiago Colombo. Dall’interno come giudichi queste impressioni?
Mah, sai… le tue sono impressioni, più che legittime, per carità, e che forse nei tuoi panni avrei anch’io. Dall’interno ho pero’ vissuto le cose inun certo modo, e posso dirti che sia Hammer che Samuel Sand che Goccianera erano in netto passivo, mentre Morgan ha raggiunto un risicato pareggio. Santiago lasciamolo perdere, come pure gli altri pocket: non me ne sono occupato direttamente, e certo io non li avrei fatti in quel formato, che appartiene ormai agli anni ’60 e ’70. L’abito fa il monaco eccome, nel fumetto! Per tornare alla tua domanda… i tempi sono cambiati, purtroppo. Una volta una partenza lenta, in fatto di vendite, non escludeva una salita graduale e magari un boom, come accadde per Dylan Dog. Oggi, a quanto pare, tabulati dei distributori alla mano, sono sempre i primi due o tre numeri a vendere di più. Vale per tutti. Poi ci si assesta su valori più bassi… e se quei valori sono troppo bassi, si chiude. Come è accaduto alle testate Star prima citate. Protrarre troppo a lungo “l’agonia” non ha dunque senso. E comunque, a proposito di coraggio, voglio ricordare che la Star è stata la casa editrice che, negli ultimi dieci anni, ha proposto il maggior numero di nuove testate italiane. Questo ci va riconosciuto, comunque la si pensi.

Se Giovanni Bovini, proprietario della Star Comics, venisse a chiederti consigli sulle pubblicazioni, potendo scegliere tra pubblicare un nuovo manga, riprendere in mano alcuni comics americani, o dare il via ad unaserie italiana ben progettata, cosa suggeriresti, e perché?
Guarda, negli ultimi due anni, se io avessi portato un nuovo progetto madein Italy a Bovini, Giovanni me lo avrebbe approvato e messo in produzione.Semplicemente, io mi sono stancato di confrontarmi -a livello di novità- con un mercato afflitto da tutta una serie di problemi che mi hanno francamente stancato. Ora come ora, ammesso che il nuovo prodotto sia buono o magari ottimo (come penso fosse Morgan, e non lo dico perché era opera mia… e poi c’era di mezzo anche Leo Ortolani), non ci basterebbe il traino di L.L. per “bucare” il mercato. Tantomeno il traino dei manga, il cui pubblico segue molto poco il fumetto italiano. Se non hai una corazzata editoriale come quella di Bonelli, inutile sperare in successi (meritatissimi!) come Dampyr.

Sulle pagine di Lazarus Ledd si sono avvicendati molti disegnatoriesordienti, tanto da dare l’impressione che con una sola pubblicazione tuabbia scoperto più talenti che la Bonelli stessa. Credi che sia per unamaggiore chiusura nei confronti degli esordienti?
No, non si tratta di chiusura, al contrario: in Bonelli un esordiente trova il terreno ideale in cui crescere, è una vera e propria scuola. Che io stesso ho frequentato e che mi ha permesso di capire i meccanismi narrativi per realizzare Lazarus. È la verità. Diciamo che io, come “talent scout” (un ruolo che, lo confesso, mi inorgoglisce), ho fatto di necessità virtù. Nel senso che sono stato anche obbligato, a gettare nella mischia nomi nuovi uno dopo l’altro. Perché a un certo punto un disegnatore affermato va in cerca di nuove esperienze, e posso capirlo tanto più io che le esperienze le ho fatte un po’ tutte, comprese quelle di editore in proprio con Liberty e di (ormai ex) distributore (sono stato socio fondatore della Cosmic Comics, ora Cosmic Group). Dopo Lazarus, c’è stato chi ha lavorato per gli americani ad alto livello (Stefano Raffaele), chi è diventato famoso in Francia (Giulio De Vita), chi lavora su Diabolik (Emanuele Barison, Beniamino Del Vecchio), chi in Bonelli (Bocci, Bartolini, Nespolino, i bresciani). E anche questo mi inorgoglisce. Nessuna gelosia da parte mia, no. Sono rimasto in rapporti di amicizia con tutti costoro. Lo dico sinceramente, loro potrebbero confermarlo. Sarebbe stato ipocrita, da parte mia, pretendere che questi ragazzi lavorassero sempre e solo per me, dopo che io ho appunto lavorato per tante case editrici e ho fatto tante cose. Poi, sai, capita -come è appena capitato- che uno degli ultimi disegnatori che ho lanciato, Arturo Lozzi, vinca il Premio Fumo di China, votato dal pubblico.E questo ti ripaga di ogni fatica.

Non c’è forse poca attenzione alle nuove proposte, visto e considerato chesoprattutto il parco sceneggiatori italiano non si sta rinnovando quantosarebbe augurabile, o è un problema di mancanza di vendite e quindi dibudget?
La poca attenzione verso le nuove proposte è da parte del mercato, e non miriferisco solo alle nuove generazioni di lettori, per i quali sembranoesistere quasi solo i manga o Witch (che è comunque un “cartoon” e il cui lancio pubblicitario non è certo costato poco) o Spider-Man (grazie alfilm). La scarsa attenzione è anche da parte degli edicolanti, che un tempo mettevano in bellissima vista qualsiasi nuovo numero uno, e ora invece lo trattano come un albo qualsiasi. E anche da parte dei librai delle fumetterie. Molti, troppi di questi ultimi si accontentano di fare fatturato con i manga e con i giocattoli, e se ne fregano del resto. Conosco bene la materia: tra le altre cose, sono socio in tre fumetterie. Che lavorano nel modo giusto. E vendono un po’ di tutto. E mi permettono di fare paragoni mirati con altre che invece…

Lanciare la Liberty deve essere stata una grande scommessa per te. Lagiudichi vincente o no, e perché? Quali sono state le principalidifficoltà di una impresa del genere?
La scommessa ora come ora non si pone, perché il mercato indipendente è praticamente inesistente. Si è quasi azzerato. Una volta, di un prodottomedio, si vendevano almeno 2.000 copie. Ora 400 o 500… se va bene. Sì,certo, c’è Erinni che continua a vendere le sue 1.500 copie, ma una rondine non fa primavera né, tantomeno, mercato. Anche perché in diverse fumetterie lo cerchi e non lo trovi. Me lo dicono i ragazzi che fanno gli ordini dal sito Liberty, o che cercano gli albi alle fiere. In entrambi i casi le vendite sono buone, se non ottime, anche per altro materiale Liberty, ma non basta certo questo. Difficoltà? Quelle del passato le ricordo con gioia (organizzare il tutto, eccetera), perché c’era da sudare, sì, ma in un mercato che funzionava. Di quelle presenti ti ho appena detto.

Ordo Templi, progetto futuro di Ade CaponeDi fumetto in crisi si parla da anni, da quando il fenomeno Dylan Dog non è più così fenomenale e non traina più. Eppure con tutta questa crisi siproducono sempre più fumetti e nascono nuove case editrici con propostespesso serie ed interessanti. È un tentativo per diversificare l’offerta,come la strategia di Bonelli, o segno che alla fin fine i lettori ci sono?
No, i lettori sono sempre quelli, e te ne accorgi anche alle fiere o in fumetteria. Il fumetto sta diventando un prodotto di nicchia, e ironia della sorte ciò accade proprio adesso che altre forme di comunicazione (cinema, Internet, pubblicità) lo usano sempre di più come base espressiva: gli storyboard, i film tratti dai fumetti, eccetera. Il fatto è che, mancando il nuovo boom, l’albo che di colpo ti vende 200 o 300 mila copie, si è costretti a segmentare l’offerta, con nuove proposte ognuna delle quali si conquisti un fetta di pubblico… pubblico che, appunto, si è andato via via riducendo, almeno per il fumetto italiano e per quello americano, duesettori che da sempre si scambiano i lettori. I fan del Giappone, invece,vedono spesso solo i manga… e non comprano un albo pensando di comprare un fumetto. Pensano di comprare un manga, una cosa a sé, o una riduzione sucarta del cartoon trasmesso da Italia 1. Sia chiaro: io sono felice che laStar Comics sia leader in questo settore. Sono felice che Dragonball abbia avuto il boom che avuto. Anche perché proprio i guadagni dei manga ci hanno permesso di finanziare nuovi progetti italiani. Ma il passato (anche il mio) dimostra che chi, da piccolo, leggeva Topolino, poi crescendo iniziava a leggere Tex o Zagor. Adesso, chi da piccolo legge Dragonball, crescendo cosa legge? Purtroppo, non fumetti italiani o americani. Se iniziasse a leggere quelli, avremmo risolto tutti i nostri problemi. Ma così non è.

Perché, per tornare sull’argomento, l’unica azione comune degli editori sembra essere spesso lamentarsi? Mi sembra che manchi una analisi globale della situazione che esuli dall’affrontare solamente il problema delproprio orticello. Si pensa a cosa fare per sé, non a cosa fare per ilfumetto in Italia, e da fuori le politiche editoriali sembrano indicareuna generale ostilità per la concorrenza che alla fine danneggia tutti.Non sarebbe ora di cambiare questa mentalità?
Posso dire che l’ostilità di cui parli era più marcata fino a tre o quattroanni fa. Poi ci si è resi conto che si è tutti sulla stessa barca… che inqualche modo stiamo tutti “danzando sul Titanic”. L’ostilità non è maistata, comunque, un “tutti contro tutti”. Per esempio, i rapporti tra Star eBonelli sono sempre stati ottimi. Questo perché la filosofia di entrambe lecase editrici è sempre stata di assoluto rispetto e correttezza neiconfronti altrui. Diverso sarebbe il discorso per altri editori, ma non stoqui a rivangare vecchie polemiche. Abbiamo visto come si sono ridotti isacerdoti della cultura fumettistica con tanto di comitato scientifico (chetristezza…) o quelli che dicevano: “Prima l’Italia, poi il mondo!” Bah!Concordo comunque con quanto tu dici: manca, in questo momento, unastrategia comune, in senso promozionale, che permetta al fumetto di mandare alla gente un messaggio preciso e fondamentale, vale a dire: “Io, fumetto, esisto!”. Perché il punto è tutto qui. I manga funzionano perché i ragazzini, grazie ai cartoon, sanno che i manga esistono! Quest’estate igiornali hanno parlato a lungo del n.500 di Tex e del ritorno di Mefisto, eTex ha venduto alcune decine di migliaia di copie in più. Molti avrannopensato: “Ma allora Tex esce ancora, in edicola!” Certo che esce. Così comeesce ancora l’Uomo Ragno, e il film lo ha fatto sapere a milioni di persone.

Ultima domanda: due fumetti e/o autori che consigli ai lettori in questomomento, e due che invece lasceresti perdere, e perché.
Dietro ogni fumetto c’è lavoro, impegno, un investimento in fatica e indenaro. Sembrerà retorico dirlo, ma è così. Dunque, per quanto ci sianoprodotti che non sopporto, come gusto personale, non mi sento disconsigliare alcunché. E poi io non posseggo la verità rivelata. Potrei dareun parere come lettore, appunto, ma non mi va di parlar male del lavoro diquelli che sono comunque dei colleghi, amici o meno che siano. Cosa invecemi piace molto? Beh, Dampyr, sicuramente. Boselli e Colombo hanno fatto un lavoro straordinario nel costruire quell’universo narrativo. Tra le cose estere, amo molto Midnight Nation e in generale le cose di Straczinsky. È proprio bravo e, guarda caso, proviene da cinema e TV, senza alcuna presupponenza nei confronti dei comics. Vorrei che la stessa mentalità l’avessero certi autori e produttori nostrani di fiction. Ma cambierà… ci vuole solo tempo. Anche la stupidità non può essere eterna.

Unendoci all’augurio di Ade lo ringraziamo per la disponibilità e gli auguriamo tanto successo ancora con i suoi progetti editoriali.

Intervista rilasciata a Ottobre 2002

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