First Issue Presenta #2: Standing on the shoulders of giants

First Issue Presenta #2: Standing on the shoulders of giants

Sul perché "Marvel Legacy" è importante per l’immaginario supereroico e sulle storie che da esso nasceranno.

[Articolo spoiler free]

«Penso facciamo ciò che quelli come noi hanno sempre fatto […] Stiamo sulle spalle di super geni e dèi spaziali, chiudiamo gli occhi e immaginiamo un domani migliore, più brillante e stupefacente. Poi lo portiamo alla vita. Qualcosa di grande e divertente e ridicolo in un modo che colpisce la mente. Qualcosa pieno di speranza e compassione. Qualcosa al tempo stesso reale e profondamente irreale. Qualcosa di folle. Qualcosa di magico. […] E ora chiudo i miei occhi, immagino la via verso casa – Vi vedrò là, quando sarò arrivata.»

Con queste parole, affidate alla voce narrante dell’intero racconto, chiude Marvel Legacy: una dichiarazione enfatica e didascalica messa in coda a un albo composto come una successione di micro trailer appoggiati su una lunga sequenza di combattimento.
L’universo Marvel si imbarca in un nuovo viaggio e le varie linee narrative presentano i propri punti forti e la densità di annunci genera alla fine un lungo e rutilante campionario, nel quale ogni appassionato può cercare il dettaglio – in particolare il “ritorno” – di interesse.
È l’introduzione di una nuova collezione di testate, più che di una nuova visione, come ambì a essere lo one shot che introdusse nel maggio 2016 l’iniziativa Rebirth della DC Comics e a questa differenza di obiettivi possiamo collegare anche il ben diverso impatto emotivo dei due racconti. Marvel Legacy alla fine è un catalogo e il suo obiettivo è mostrare e comunicare che eroi e personaggi troveremo nella nuova stagione, laddove Rebirth era l’annuncio di nuovi valori e doveva, letteralmente, commuovere il lettore perché proponeva qualcosa di diverso in cui credere.

Il futuro prossimo dell’universo Marvel viene dunque affidato al ritorno di eroi che si erano congedati e all’introduzione di alcuni nuovi personaggi (gli Avengers di un milione di anni fa, la nuova eroina Voyager) e scenari (un Wakanda dai confini galattici), secondo l’impostazione della politica editoriale della Casa delle Idee degli ultimi anni, che, collegandoci all’esperienza delle Secret Wars, potremmo grossolanamente condensare in “nuove avventure in nuovi universi”. Nel “nuovo” universo annunciato in Legacy, infatti, c’è posto anche per i personaggi saliti alla ribalta nei rilanci recenti, quali l’All New, All Different.

Se Rebirth offriva un “principio forte” – una nuova poetica sotto lo slogan “il ritorno dell’amore”, nel caso di Legacy troviamo, in coerenza con l’impostazione sopra citata, un “caso da risolvere”, annunciato a squarciagola – la sottigliezza non è la cifra dell’albo – da Starbrand durante la lunga scazzottata con Ghost Rider: “La nostra missione è difendere questo pianeta da quelli come noi“. Questo è verosimilmente il problema centrale – legato a un qualche “peccato originale” del lontano passato degli Avengers di un milione di anni fa – che il prossimo ciclo di avventure in casa Marvel affronterà, e delle quali il buon Jason Aaron, scrittore dello one shot, ci offre una preview nelle cinquanta pagine dell’albo.

In tutto l’affastellarsi di annunci e ritorni, vale la pena notare un accostamento e un’assenza. L’accostamento è quello con alcune suggestioni del Marvel Cinematic Universe – qui suggerito anche dalla comparsa delle “Pietre” (ex gemme) dell’Infinito – , che conferma una tendenza presente da tempo, e che possiamo ricondurre alla speranza di abbassare la barriera d’entrata ai comics per i frequentatori del MCU. L’assenza notevole è quella degli Inumani. Non inaspettata, visto lo scarso successo dei personaggi, ma interessante perché conferma l’approccio a cicli brevi di sperimentazione e valutazione che consente all’editore di verificare l’efficacia di idee, scenari e personaggi per poi modificare la rotta in base ai risultati. In quest’ottica, possiamo tranquillamente affermare che la Marvel abbia deciso di chiudere la gestione (e visione) di Jonathan Hickman che portò a Secret WarsI.
Ma mentre Rebirth dava l’impressione di voler mettere fra parentesi un’intera epoca, in una specie di autodafé, Legacy semplicemente volta pagina, senza traumi, poiché questo aprire e chiudere universi è diventato il modus operandi – il modo di respirare – della narrazione Marvel. E in questo diverso dichiararsi – perché siamo di fronte, se passate l’espressione, a “dichiarazioni spontanee” offerte dai due albi di kick off di rilancio dei rispettivi universi – possiamo vedere un riflesso delle due diverse storie e politiche editoriali e visioni del supereroico che fanno capo a DC e Marvel e che guidano il loro confronto con le tendenze e i cambiamenti culturali e sociali.

Differenze che potremmo riassumere come segue: la Casa delle Idee dimostra una grande spregiudicatezza nella gestione dei personaggi, che sono letteralmente interpreti a disposizione degli autori, anche per raccontare la cronaca o mettere in scena la loro posizione rispetto a ciò che accade nel mondo. Gli ultimi eclatanti casi esemplari sono i Capitan America e la saga Secret Empire di Nick Spencer e a questo proposito sarà sicuramente interessante vedere se nel nuovo ciclo – apparentemente nutrito da suggestioni “cosmiche” – assisteremo a una sterilizzazione politica.
La Distinta Concorrenza, invece, sembra assai più cauta nell’intervenire sulle caratterizzazioni dei suoi protagonisti principali e lascia le sperimentazioni e le riflessioni a collane come Young Animals, ai crossover spiazzanti con i personaggi Hanna & Barbera o ai racconti fuori continuity (si pensi solo a Superman: Red Son).
Un sintomo della diversa elasticità dei due universi può anche vedersi nelle oscillazioni da parte della DC per l’ampliamento del proprio, che procede – spesso goffamente – per acquisizioni (dalla Fawcett alla Wildstorm) e messe da parte, quasi mancasse un efficace enzima di metabolizzazione narrativa. Da parte sua, la via Marvel è una continua reinvenzione e ricostruzione di un universo coeso, che spesso, volendo perpetuare la (suggestione della) continuity, soffre le transizioni tra un ciclo e l’altro.

Marvel Legacy annuncia quindi un nuovo ciclo per l’universo narrativo Marvel, e Aaron, attraverso le parole della voce narrante ci invita a esplorarlo insieme.
Nel centenario della nascita di Jack Kirby è forte la tentazione di leggere quella dichiarazione come un omaggio non solo a Il Re, ma a tutto l’immaginario supereroico. Siamo qui e possiamo creare ed esplorare nuovi mondi, nuove possibilità di avventura e modi di confrontarci con il presente, perché decenni di racconti hanno realizzato qualcosa di meraviglioso, commovente e divertente. Se pensiamo a quanto ridicole, “ridicole in un modo che sbalordisce la mente”, devono apparire a chi le guarda “da fuori”, queste figure che, pur dotate di poteri immensi, finiscono spesso per risolvere le questioni con risse da saloon, che indossano costumi improbabili su corpi ancora più inverosimili, che senza pudore muoiono e tornano sulla scena e raccontano ancora e ancora come e perché sono diventate quello che sono, non possiamo non cogliere l’effetto della magia e della meraviglia che ci affascina, che ci invita e ci fa immergere in mondi nuovi, che vivono di regole a volte disturbanti, che scombinano i valori e le gerarchie alle quali ci eravamo abituati, che ci spingono vedere il mondo con gli occhi del cuore.
Se pensiamo a tutto questo, non possiamo rifiutare con leggerezza l’invito con il quale l’albo si congeda. Certo, abbiamo perfettamente capito che si tratta di uno spettacolare depliant, abbiamo fatto le nostre considerazioni razionali, soppesato allusioni, accenni, presenze, assenze, ritorni e interessi editoriali. E, davvero, ci siamo anche irritati del prezzo dell’albo e abbiamo controllato i dati Diamond di distribuzione.

Però la voce narrante – e tutti gli autori del mondo supereroico attraverso di lei – immaginano la via verso casa: “Vi vedrò là, quando sarò arrivata“, ci dice.
E noi, certo, ognuno a proprio modo, ci saremo.
Perché quella è anche casa nostra.
E, vorremmo spiegarlo a tutti quelli che guardano il supereroico “da fuori”: questa è la grande/piccola verità.
C’è un ennesimo nuovo universo di storie e c’è posto anche per voi.

Firmato: Simone Rastelli & the True Believers

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