The end is beginning: con Miss Tendo e Darkam tra i Maya e Popeye

The end is beginning: con Miss Tendo e Darkam tra i Maya e Popeye

La fine del mondo annunciata dai Maya arriva sotto forma di un volume autoprodotto tra Berlino e Bologna da due giovani autrici conosciute in rete come Miss Tendo e Darkam grazie al loro blog a quattro mani. Le intervista per noi Akab.

Akab spazia tra pittura, cinema, animazione, ma tutto lo riporta inevitabilmente al fumetto. E’ uno dei membri del collettivo Dummy, con il quale ha scritto e disegnato Le 5 fasi (Edizioni BD). Il suo blog è mattatoio23.blogspot.com.
Per noi (e per il suo piacere per il confronto) si veste da intervistatore speciale, con un punto di vista autoriale e laterale di sicuro impatto.

Miss Tendo nasce come Francesca a Rimini nel 1982 ed è un appassionata estimatrice di segni, graffi e macchie che raccontano storie. Negli anni ha collaborato con altri disegnatori e ha sporcato tanti fogli, alcuni pubblicati su cataloghi e riviste (Watt, Lok, Hamelin, Proteusmag, Comma 22). Ora a Bologna, lavora al suo primo racconto lungo a fumetti, Clematis e al riadattamento di Scarpette Rosse.

Copertina di Paola Verde

Darkam disegna, produce rumore e body modifications. Tre modi diversi per esprimere la stessa cosa. Spazia tra fumetto e disegno, ha realizzato i fumetti per Mozziconi (Edizioni del Vento) e un libro illustrato auto-prodotto Il Paese del Silenzio. Ha collaborato con riviste e fanzine: Touch, G.I.U.D.A., Stripolis, Lo Straniero, Squame, Lamette Comics e Inguine Mah!gazine. Dal 2010 vive a Berlino, dove ha collaborato con il collettivo XLAB Corrosive Art Farm realizzando la mostra personale “Seven, dysfunctions of desire”. Il suo sito è www.darkamarcadia.com.

Insieme curano il blog a quattro mani taccuinoviaggiatore.blogspot.com e hanno dato vita, assieme a Paola Verde, della galleria Xlab di Berlino, a The end is the beginning,un volume autoprodotto sulla fine del mondo, che vanta la collaborazione dello stesso Akab, di Stef Lenk, Rocco Lombardi, Alice Socal, Angelo Mennillo, Alessandra De Cristofaro, Arianna Vario, BLO, con la copertina fotografica Paola Verde.

 

Akab: Ricordo di aver appreso la faccenda dei Maya leggendo gli Invisibili di Grant Morrison tipo nel 95. Parlarne in quel periodo con qualcuno era impossibile. Nessuno ne sapeva nulla. Nessuno l’avrebbe mai presa seriamente. 17 anni dopo l’apocalisse è argomento talmente di massa che è inserito negli spot delle macchine. Per dire. Ora la mia domanda è questa: ma non vi siete scontrate con il pensiero della banalità di fare un libro sulla fine del mondo?
Miss Tendo
: Francamente non mi sono preoccupata troppo della banalità del tema. Avevo altre domande che mi giravano per la testa, riguardo al concetto di autoproduzione e del suo valore oggi. Stanno nascendo tante pubblicazioni del genere e noi, se togli l’atavica collaborazione tra me ed Eugenia (Darkam, poi chiedi a lei cosa preferisce), non siamo un collettivo, partivamo già deboli. Il tema non ricordo bene da chi sia stato proposto. Credo però fosse stato scelto appunto perché sulla bocca di tutti. Era nostra intenzione partire nella massima semplicità; dopotutto con un primo esperimento, meglio non mettere troppa carne al fuoco se vuoi testare la squadra. La bontà del lavoro dei disegnatori coinvolti mi convinceva che avrebbe potuto funzionare, nonostante tutto.Anche nella sua scontatezza.

Akab

Akab: Mi accorgo che causa fattoneria il senso della mia domanda potesse essere stato frainteso. Riformulo. Io vi chiedo che idea vi siete fatte della percezione di massa che c’è in questo momento sulla fine?
Darkam
: Pensando a questo tema che si appresta, come dici tu, a essere il tema hit dell’anno, mi viene da vederne prevalentemente i lati divertenti. Mi incuriosisce l’aspetto sociologico della paranoia di massa, sinceramente aspetto con ansia il momento in cui anche le più folli teorie che ora circolano sul web e sono fonte di discussione per una cerchia semi-ristretta di complottisti e scettici, se ne andranno in giro in bacini di utenza più ampi, diciamo quando la paranoia dilagherà a tal punto da vedere tuo padre cercare inconfutabili tracce dei rettiliani.
Sarà che da piccola abitavo vicino a una “Casa del regno dei testimoni di Geova” e mi divertiva vedere il fermento che aumentava in vista delle varie apocalissi imminenti che periodicamente prevedevano. Ogni tanto mi sventolavano davanti una copia de “La torre di guardia” dicendomi “lo sai che il mondo sta per finire?
Penso che avere delle scadenze faccia bene, in generale.
Penso ci aspetti un count-down avvincente nei prossimi mesi.
Proprio qualche giorno fa un signore mi parlava dell’incredibile boom demografico registrato, per esempio, nove mesi dopo il lungo blackout dell’87 a New York. Ecco pensa quanti bambini nasceranno tra agosto e settembre del 2013!!
Miss Tendo
: (Beh, dai, così è molto meglio, mi hai fatto prendere un colpo!)
Io sono a favore della fine del mondo, sto anche accendendo un cero a Cthulhu!
Seriamente, alla fine totale, al nulla assolto, io non ci credo e secondo me neanche gli altri. Com’era? Nulla si distrugge e/o crea, tutto si trasforma?
Credo che per molti aspetti se ne stia parlando così tanto perché c’è proprio bisogno di un cambiamento.
È una “fine catartica” quella che attendiamo. Purtroppo sono scettica solo per una cosa: ai cambiamenti miracolosi, venuti dal cielo, non ci credo troppo, mi sa che questa “fine” in qualche modo ce la dobbiamo meritare.
Magari è proprio questo che la gente dovrebbe capire, invece è lì che aspetta e spera.
Agli uomini è sempre piaciuto di più raccontare storie…

Miss Tendo

Akab: Negli ultimi anni sempre più autori stanno scegliendo la via dellunione, dello scambio. Il vostro blog (che adoro) si basa proprio sul continuo dialogo a distanza tra voi due. Vi va di parlarmi un po di come è nato?
Miss Tendo
: È nato come una necessità, quindi in maniera molto naturale. Non c’è stato nulla di troppo ragionato. Cerchiamo solo di porre rimedio al fatto che non possiamo più avere tutto il tempo e gli spazi che avevamo vivendo insieme o comunque molto vicino.
È la nostra casetta sull’albero.
Il luogo dove mettere le budella per darci dentro con un bastoncino.
Io ed Eugenia (o Darkam) abbiamo sempre condiviso tutte le esperienze che man mano abbiamo accumulato negli anni, come amanti di alcune forme espressive-narrative. Abbiamo passato tantissimo tempo a disegnare insieme e a confrontarci vicendevolmente sui progetti a cui si stava lavorando in singolo. Il confronto ci ha dato coraggio nei momenti in cui ti viene voglia di darti all’ippica piuttosto che continuare, ma ci ha aiutato anche a tirare fuori al meglio ciò che era già un buon punto di partenza. A volte ci siamo fuse troppo in un unica mente, un mostro a due teste o una testa a due mostri, vedi tu come pensi sia più orripilante.
Credo che questa distanza, 1200 km, sia difficile ma anche necessaria e questo blog sia un giusto compromesso tra la simbiosi e il mutuo soccorso.
Darkam
: Nonostante seguissimo appassionatamente parecchi blog, e individuassimo parecchi “format” riuscitissimi in giro per il web, credo che per noi come singole sia sempre stato un problema l’idea di scrivere su un blog in cui inevitabilmente parli ad un interlocutore X, ad un pubblico nascosto. Ecco io a quel signor X non sapevo proprio cosa dirgli.
Credo che se avessi avuto un blog tutto mio mi sarei limitata a postare immagini, non sarei riuscita a fare niente di più.
Avevamo bisogno di raggirare la dimensione intimistica del blog che gli dà la forma di un diario.
Ora, in realtà il risultato non cambia, la dimensione intimistica in realtà c’è eccome nel nostro blog, però la struttura epistolare è servita a toglierci da quell’empasse.
E poi è stato il continuo, più tecnologico, di una cosa iniziata durante il mio Erasmus a Barcellona, ovvero una corrispondenza a fumetti.Comunque “un giusto compromesso tra la simbiosi e il mutuo soccorso” è perfetta!
Potrebbe diventare il sottotitolo del blog! Ahahah!

Lombardi

Akab: Capisco perfettamente la questione. Per carità, certi monologhisti sono anche bravi. Ma non è il mio. Non mi basta lanciare una pallina contro il muro. Mi serve proprio giocare con un altro essere umano. Credo sia la base della comunicazione. Detto questo parliamo un po del libro. THE END IS THE BEGINNING è uscito sotto forma di collaborazione tra voi e X-Lab di Berlino. Ditemi un po di come è stato da un punto di vista produttivo… è la vostra prima autoproduzione? L’intenzione è di farne altre? Siete contente del risultato?
Darkam
: The end is the beginning è un esperimento partorito insieme a X-Lab, contenitore che ha sempre avuto un’attenzione particolare per un genere di arte prevalentemente underground e viscerale.
Da qui l’Apocalisse come tema della rivista, perché poteva sposarsi bene con il gusto del laboratorio e in particolar modo con il lavoro di Paola, che è in copertina. Questa per me e Miss Tendo è stato il primo esperimento di autoproduzione (Paola aveva avuto altre esperienze con Kaos e con le produzioni di cataloghi per X-Lab) La prima cosa che abbaglia dell’idea di autoproduzione è la libertà totale, l’assenza di un reticolato e dei confin;  in realtà poi c’è tutto il resto, il budget di cui disponi, i limiti di stampa.
Io fino ad ora sono sempre stata abituata a stare dall’altra parte del tavolo da disegno, per cui il fatto di coordinare il lavoro di altri disegnatori era qualcosa di totalmente nuovo e suonava anche un po’ spaventoso.
L’ho presa un po’ come un gioco di ruolo e sono contenta del risultato finale.
Forse però l’autoproduzione in se è ancora un’altra cosa, e mi fa pure strano parlarne con te che ti puoi ritenere un militante, se ti piace il termine. L’autoproduzione è stato tema di innumerevoli discussioni con Miss Tendo, dai tempi in cui andavamo a scuola con disegnatori che da grandi volevano fare i disegnatori di Bonelli o di Kappa e noi non avevamo idea di che disegnatori volevamo essere da grandi.
Senza scomodare il vero significato atavico di autoproduzione o “do it yourself” che dir si voglia, penso che adesso abbiamo le possibilità tecniche per andare oltre la fanzine fotocopiata e graffettata senza dover necessariamente avere bisogno di una casa editrice. Il che è una libertà grossa, per cui è altrettanto pericolosa. In questo momento chiunque, a livello di mezzi, può fare e dire tutto facilmente, per cui la domanda che mi obbligo a pormi è “qual è il senso”, se ne ho davvero bisogno.
Miss Tendo: Io in realtà non ho nulla da aggiungere, se non che vorrei capire a livello pratico, e quindi con un secondo esperimento, che cosa è una rivista autoprodotta. Per me non è solo un modo per autopromuovere in piena libertà ciò che hai voglia di mostrare della tua produzione (anche se in Italia ormai è un esigenza non da poco).
Questo tipo di supporti cartacei a più pagine potrebbero essere un laboratorio dove far confluire molte esperienze. Il difficile rimane sempre buttare giù il muro della definizione (autoproduzione è uno, mi piace poco anche rivista, magazine, fanzine, graphic novel, fumetto popolare-elitario e così via) e ricordarsi che si parte tutti dalla medesima cosa, fondamentale: la presa bene per il disegno che racconta storie e la passione per ciò che questo significa per ognuno i noi. Trovare, giocando, il modo migliore per palesarlo. Uniti (c’è veramente tanto da lavorare, I know).
Aggiungerei una critica-spunto. Siccome il vero lavoro sta dietro, nel riuscire a creare connessioni tra le persone che partecipano, gli “autori” dei lavori, sarebbe bello fare in modo che la curiosità dilaghi e che tutto possa essere messo in discussione per la volta seguente. Ma io questo non so ancora se sono capace a farlo. Posso provarci però.

Darkam

Akab: Stavo pensando che escludendo rare occasioni, mi emoziono sempre con cose idiote. Forse sono io, o forse sono le emozioni che fanno presa su una parte bassa di tutti noi. Vi chiedo: a voi cosa emoziona? Vi vengono in mente tre fumetti a testa che vi hanno emozionato? E perché?
Miss Tendo
: Ne ho veramente troppi, ci vivo di piccole cose che mi emozionano. Allora, cerchiamo di selezionare. Chiedo scusa a me stessa per tutti quelli che ho dovuto omettere, mi sento già in colpa, credo che stanotte non ci dormirò.
A me emoziona prima di tutto il disegno. Il modo di sporcare o meno il foglio. Gli errori di calligrafia. I tremolii della mano. Le nebbie dei colori sciolti. Le macchie casuali. Spesso mi trovo a preferire i racconti muti, o con testi veramente brevi e/o dialoghi asciutti. Mi colpisce il ritmo, il modo di dosare parole e immagini, soprattutto quando è il disegno a prendere il sopravvento sulla comunicazione.  Anche prendendo solo i disegni più intensi e viscerali faccio fatica a selezionare, adoro le mani di tanti autori.
Sottocartella: quelli che hanno lasciato più segni dentro di me. Quelli che mi hanno fatto riflettere sulla possibilità di pensare al disegno come una calligrafia complessa con la quale comporre un proprio personalissimo sistema alfabetico.
Anke Feuchtenberger, in qualunque fase della carriera ma specialmente in Somnabule o Ludovic Debeurme, in particolar modo in “Cefalus”. Poi ti direi The Arrival di Shaun Tan, altro capolavoro. Bella la storia e ho trovata azzeccata la regia, il ritmo. Un bel modo di giocare con le ripetizioni, o con le zoomate.
Mi sento male, tre son troppo pochi, dai.
Darkam
: Direi  “Le bibendum celeste” di De Crecy perché è arrivato in un momento in cui la mia lampadina si era fulminata e quello è stato come una torcia potente puntata in avanti.
Poi due fumetti che non prendo in mano da tempo ma sono state le fondamenta su cui poi si è poggiato tutto. “Pompeo” di Pazienza perché mi ha fatto vedere quanto in profondità poteva andare il fumetto e il raccontare storie in generale, quanto si potesse disegnare con le budella sul tavolo. “Anita” di Stefano Ricci e Gabriella Giandelli, che mi ha insegnato che il fumetto potrebbe essere anche altro e che anche dalle macchie e dalle croste di colore può nascere una storia.

Akab: Ora un’inevitabile domanda per la quale mi odierete. Ma necessito di farvela in una maniera un po’ superficiale. In generale le donne non sanno disegnare come i maschi. Questo chiaramente non vuol dire che non sappiano disegnare, ma è come se nei disegni fatti da fanciulle ci sia uno strano comun denominatore. Sto delirando? È un problema contro cui vi siete scontrate? Esiste un pregiudizio o inevitabilmente c’è del vero?. Avete 3 mesi di tempo da adesso per rispondermi. O per insultarmi.
Miss Tendo
:  Occazzo, ci è impazzito Akab.
Vuoi sapere se almeno una di noi due in realtà ha il pene?
No dai, a parte gli scherzi, che cosa vuoi sapere in realtà?
Fammi i nomi almeno delle donne disegnatrici di cui non ti torna il lavoro. Almeno lo confronto con le sottoscritte.
Io avrei un paio di nomi di donnine brave ce le avrei…

De Cristofaro

Akab: Vuoi dire che la domanda non è chiara? Vi chiedo cosa ne pensate della differenza tra un segno maschile e uno femminile. Se mai ci avete fatto caso. Ovvio che ci sono autrici bravissime, ma in genere sono rarissime quelle che non tradiscono la propria (come posso dire) femminilità. Ad esempio, io credo che voi due siate su questa strada, ma in genere guardando un disegno senza sapere nulla sono in grado di stabilire se è fatto da una donna o da un uomo. In cosa si potrebbe trovare questa differenza?
Miss Tendo
: No in effetti prima non ti seguivo, ora è più chiara. Grazie!
Sì, è ovvio che ci siano delle differenze. Non so se siano dovute ad un fattore culturale, di educazione, per sensibilità diverse (di appartenenza) o se ci nasci o ci diventi. Penso che sia una questione di archetipi. Anima e animus e quelle cose là.
Fatto sta che uomini e donne uguali non sono e lo si vede anche nel disegno. Io dico che il segno è calligrafia pura e ogni singolo individuo ha la sua, propria e unica. In quanto tale si potrebbe far analizzare un di-segno da un grafologo, il quale ti farebbe avere una mappatura delle caratteristiche di colui che ha lasciato tali segni. In genere nel disegno non faccio molto caso a queste cose. Mi interessa solo l’emozione. Credo che se l’autrice non va ad esplorare il suo lato più rude e maschile o l’autore il suo lato delicato e femminile sicuramente produrrà qualcosa che mi emoziona meno (ma ho usato già troppo il mio cervello per oggi, mi sta sanguinando il naso per la fatica, non va bene per niente).
Darkam: Mi sa che vado fuori tema perché questo tema non mi piace. O meglio non è che non sia vero, anzi.
Ci sono differenze sostanziali tra il lavoro di una disegnatrice e di un disegnatore. La calligrafia del segno di cui parla Miss Tendo è il termine perfetto. Semplicemente però vorrei che non fosse lì il punto.
Parlo di me come lettrice di storie e mentirei se dicessi che leggendo un libro o un fumetto vedo solo l’opera e non l’autore, mi interessa molto l’autore, ma quello che mi immagino in testa, quello che mi si crea automaticamente nella mente. Non quello vero.
Poi in realtà capisco bene quello che dici, più volte mi è capitato, creando questo meta-autore nella mia testa, di dare per scontato il sesso della persona, e le rare volte in cui i fatti mi hanno smentito ci sono rimasta piacevolmente stupita. Ma di nuovo non perché il sesso facesse differenza, ma perché la realtà si distanziava dalla mia immagine.
Avevo la stessa sensazione fastidiosa quando, prima di internet, le facce degli autori te le immaginavi e basta. Da ragazzetta evitavo di leggere le edizioni dei libri con la foto dell’autore sulla costa. Dei miei preferiti stavo attenta a non incrociare mai una foto, ma quando inevitabilmente succedeva era sempre una delusione e l’autore che avevo in testa sfumava i suoi contorni nella foto e si rovinava tutto. Tutto ciò per dire che, per quanto mi riguarda, il punto non è la differenza di sessi ma quello che passa di te, come autore, attraverso la tua opera, quello che viene filtrato e va a costruire la tua immagine nella testa del lettore.
E più è lontana dalla tua “fotografia” meglio è, secondo me.
Per quello che poi certi tipi di autobiografismo diretto e scarno nel fumetto, mi fanno lo stesso effetto di quelle foto sulle coste dei libri.
Ma questo poi è un altro discorso.

Akab: Ed ora, qualcosa di completamente diverso: su quale personaggio popolare a fumetti vi piacerebbe lavorare? Dando per scontato che avreste totale libertà anche nello stravolgerlo.
Miss Tendo:
Posso anche andare fuori dal panorama italiano, vero?
POPEYE!!!!!!

Akab: Ok. Ma cosa ci faresti? voglio dire, come sarebbe la tua versione?
Miss Tendo
: Eh, nu mument. Fammici pensare, son lì con la testa. Devo capire solo se c’ho più voglia di disegnare i co-protagonisti, il magnifico mangiapanini o il babbo imbriacone… c’ho la passione per i personaggi collaterali (è la prima volta che penso a quest’eventualità, comunque, non è che sono troppo portata per i “remake”).
Storie di quotidianità? Vediamo quante volte nella giornata ricorre all’uso degli spinaci per ogni sciocchezza. Che ne so, per spostare i mobili dentro casa. Poi togliamoglieli con un’abile colpo basso di sceneggiatura e vediamo come se la cava senza trucchetti. Facile dire “sono quel che sono” così, son buona anche io! Tu dici che gli vengono le crisi d’astinenza? Senza spinaci potrebbe avere anche dei grossi problemi di stitichezza. Magari potrei voler vedere cosa succede al suo colon. Il fallimento di Popeye rovinerebbe tutti gli equilibri su cui si reggono le storie degli altri comprimari, sai che casino!
Però dopo che ho disegnato Popeye e famiglia posso ritornare a disegnare le fanciulle perseguitate come prima?
Mi sa che mi vengono meglio (tanto per ritornare alla domanda precedente… eheh).

 

Darkam: Io direi Peanuts invece. E li vorrei vedere adulti, che continuano a condividere lo stesso quartiere. Tutti tranne Linus, lui se n’è andato dopo essere diventato uno scrittore di successo con il suo mondo di burropardi e rospi smeraldini, una volta superata la perversione della coperta. Magari ci sarebbe un Charlie Brown arreso, ancora più indeciso e in cura dall’analista. E ci sarebbe una Lucy che ora gestisce un vero “chiosco psichiatrico” e guadagna più di 5 centesimi a consiglio. Uno Snoopy vecchio e con l’Altzeimer che ripropone le saggezze di un tempo sconnesse e spezzettate. Magari avrebbe un figlio, nato da una scorribanda di gioventù, schifosamente diverso da lui.
Poi forse la casa produttrice del telefilm di Friends mi farebbe causa per plagio!!
So che non vale, ma mi piacerebbe sapere anche la tua risposta a questa domanda divertente.

 

Miss Tendo: Evvabbè, stiamo parlando di niente… lui ‘ste cose le sa fare e già le fa! C’avrà ‘na lista infinita.

L’ispettore Manetta secondo Akab

Akab: Ahahah!! No, no. In realtà ci stavo pensando…
In genere pi
ù gli anni passano più questi vecchi personaggi dell’infanzia tendono a riaffiorare. Temo siano prime forme di rincoglionimento. Comunque mi viene abbastanza naturale (ri)pensare come li farei io ora. Dopo tutto mi pare sia un buon esercizio per essere attivi nei confronti di molte idiozie che siamo stati costretti a subire in maniere troppo spesso passiva. Mi viene più spontaneo pensare ad una rilettura di qualcosa che mi fa schifo. Che senso avrebbe un remake o remix di un bel film o di una buona canzone? Ieri sera pensandoci mi è venuto in mente che mi piacerebbe disegnare Manetta. Lo sbirro di Topolinia. Mantenendoli animali antropomorfi ma tirandoci fuori una storia hard-boilled tra Indagini su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e Il cattivo tenente. Le miserie di una Topolinia nera in un estate deserta dannatamente appiccicosa e gialla. A questo punto ci tocca disegnarli e chiudere qui degnamente il tutto. No?
Darkam
: (ma tu non vuoi veramente che disegniamo queste cose vero? che ne sarà delle fanciulle perseguitate?)
Miss Tendo
: (gulp!)

Akab: Allora è deciso. Andiamo in pace.

 

Abbiamo parlato di:
The end is the beginning
AAVV (Miss Tendo, Darkam, Akab, Stef Lenk, Rocco Lombardi, Alice Socal, Angelo Mennillo, Alessandra De Cristofaro, Arianna Vario, BLO. Copertina fotografica Paola Verde)
Autoproduzione, 2012
52 pagine, brossurato, colori – 10,00€

Per ordini:
Italia (3€ di spese postali): franpo3@yahoo.com
Estero (5€ di spese postali): info@xlaboratory.org

taccuinoviaggiatore.blogspot.com

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