Dylan Dog & Dampyr: attenti a quei due!

Dylan Dog & Dampyr: attenti a quei due!

Possono un cacciatore di non morti e un indagatore dell’incubo non essersi mai incontrati? Ci hanno pensato Recchioni e Boselli con il primo crossover di casa Bonelli.

In un passo di una lunga e corposa intervista rilasciata a Lo Spazio Bianco alcuni anni fa, Mauro Boselli parlando di Dampyr diceva:

«Tra le sue mille componenti, Dampyr ne ha due di base. La prima è quella realistica, cioè il fatto che è calato nel nostro mondo. Si deve dare l’illusione, a differenza di quello che succede in Dylan Dog, che quella di Dampyr è la nostra realtà.
Un dettaglio tecnico su cui insisto sempre con gli aspiranti soggettisti è il seguente: in Dylan Dog è legittimo che avvengano cataclismi di ogni tipo, Londra viene sommersa dalle acque oppure c’è un terremoto o un ‘invasione di zombie. In Dampyr ciò non può capitare: quello che succede nella serie è ciò che succede attorno a noi. Se una città come Praga nella serie viene sommersa da un’inondazione, è perché è accaduto veramente. Noi fingiamo che quello di Dampyr sia il nostro mondo, non uno alternativo.»

Stante un’affermazione del genere, era davvero improbabile ipotizzare che il primo crossover pubblicato dalla Sergio Bonelli Editore avrebbe avuto come protagonisti Harlan Draka e l’indagatore dell’incubo. Laddove per primo crossover si intende una storia che inizia su una testata (Dylan Dog #371) per poi concludersi su un’altra (Dampyr #209), e non il semplice incontro tra due eroi della casa editrice, perché di questi rendez-vous più o meno ufficiali ce ne sono già stati tanti, a cominciare da quelli tra lo stesso Dylan Dog e Martin Mystere negli anni ’90 del secolo scorso fino ai più recenti tra Dragonero e Zagor. Senza contare i meno noti ma importanti, cameo dei vari eroi nelle pagine degli albi dedicati ai loro “colleghi”, come Mister No che fa capolino negli albi #2 e #8 di Martin Mystere.

Due come loro: così simili, così diversi

A prima vista, due personaggi come Dylan e Harlan sembrano fatti apposta per incontrarsi, vista la materia orrorifica con la quale hanno a che fare nelle loro avventure. Eppure, la discriminante posta da Boselli e riportata all’inizio è fondamentale per capire tanto l’estrema diversità del contesto dentro il quale si muovono i due eroi quanto per analizzare la presente storia che li ha per protagonisti.

A fronte di una contemporaneità “quasi” identifica che fa da sfondo alle loro avventure, il realismo dentro il quale è immerso il mondo di Dampyr, la stretta continuity narrativa della serie, il reale scorrere del tempo per i protagonisti e la natura degli antagonisti sono tutti elementi che segnano una forte distanza dal contesto a cui ci hanno abituato le storie di Dylan Dog.

D’altro canto, la stessa struttura narrativa della serie dell’indagatore dell’incubo – sin dalle prime storie scritte da Tiziano Sclavi – ha sempre mostrato varie sfaccettature e molteplicità di toni e tematiche, nonché di interpretazioni. Questo continua a sentirsi anche nell’attuale gestione che fa capo a Roberto Recchioni, seppure ci sia stato un maggiore occhio di riguardo a una certa continuity interna che prima era quasi del tutto assente.

In Dampyr, l’ininterrotta presenza fin dalla nascita della testata di Boselli nel ruolo di curatore, nonché creatore del personaggio insieme a Maurizio Colombo, ha fatto assumere alla serie un ritmo narrativo coeso e unico, anche quando alle storie si alternano autori diversi. La voce e il polso di Boselli si sentono in ogni numero ed è lui a riservarsi la scrittura delle storie fondamentali per i numerosi intrecci della continuity principale del personaggio.

Arriva il Dampyr… a Londra

Come detto, la storia si apre su Dylan Dog #371 scritto da Roberto Recchioni e Giulio Antonio Gualtieri su soggetto del primo, con i disegni di Daniele Bigliardo. La presenza a Londra di Lodbrok, Maestro della notte e avversario di Lord Marsden – acerrimo nemico del Dampyr – fa sì che Harlan, Kurjak e Tesla si rechino nella capitale britannica dove si imbattono in Dylan Dog. Egli è coinvolto a sua insaputa nelle trame imbastite da Lodbrok e da John Ghost che ci viene rivelato avere una conoscenza e una frequentazione continua con la stirpe dei Maestri.

Questa prima parte funziona, a tutti gli effetti, come un lungo prologo degli eventi che poi si sviluppano e giungono alla conclusione sull’albo di Dampyr. Peraltro, l’impostazione stessa della storia assomiglia molto a quelle tipiche che hanno per protagonista Harlan Draka, più che alle avventure dell’indagatore dell’incubo. Si nota la presenza di una digressione storica e di una sequenza narrativa statica ed esclusivamente dialogata nella quale si fornisce al lettore una serie di elementi per la piena comprensione della vicenda.

Detto ciò, è altrettanto evidente che i due sceneggiatori utilizzano l’episodio anche per portare avanti le trame e i piani della serie. A cominciare da un piccolo evento di retrocontinuity come l’introduzione di una cantina sotto la casa di Craven Road (sotterraneo sempre esistito, a cui era stato anche accennato ma mai mostrato finora), efficacemente inserito, peraltro con naturalezza, all’interno della vicenda. Elemento che può essere annoverato tra quei “precetti recchioniani” che avrebbero (dovuto avere) lo scopo di offrire spunti inediti per storie nuove e diverse ai vari sceneggiatori.

Dylan è senza dubbio più centrale nello sviluppo degli eventi rispetto a Dampyr e soci, cosa che – come vedremo – avverrà anche nella seconda parte. Tra l’altro vediamo un Dylan più centrato, meno fracassone e più “raffinato” (mi si passi il termine) rispetto al Dylan a cui ci ha abituato Recchioni. Questo fa pensare che l’apporto di Gualtieri alla sceneggiatura sia stato importante.

Soprattutto i dialoghi, meno ricchi del solito di frasi e battute a effetto, risultano più ragionati ed efficaci, seppure soffrano – come spesso accade in questi frangenti – di una certa macchinosità che li rende un po’ pedanti, specie negli scambi tra le due compagini di eroi. Assolutamente riuscito – e lasciateci dire finalmente – Groucho, quello che si trova più a proprio agio anche nell’interazione con gli “ospiti” della storia.

La caratterizzazione e l’uso di Harlan, Tesla e Kuriak restano invece alquanto superficiali o comunque legati più all’aspetto “muscolare” del terzetto che, pur essendo una componente importante dei personaggi anche nelle storie della loro testata, non è l’unica. Harlan è in primis uno studioso (di professione fa il libraio), profondo conoscitore di miti e folklore (figlio di tanto padre, viste le passioni di Boselli) e questa sua caratteristica si affianca sempre al suo “dovere” di cacciatore di non morti e Maestri della notte.

Questo aspetto più intellettuale del Dampyr non viene fuori dalla caratterizzazione data da Recchioni e Gualtieri, mentre le scene d’azione sono invece efficaci e ben coreografate.
Così come resta fuori l’ambiguità morale dei Maestri della notte – in questo caso di Lodbrok – che restando sempre gli antagonisti di Harlan, spesso sono spinti da motivazioni che trascendono la morale umana e il concetto di malvagità a essa applicato.

Appare invece efficace e ben centrato il personaggio di John Ghost, anche nel suo rapporto con Lord Marsden che si scopre in questa storia. Recchioni regala al suo personaggio quella ambiguità che manca a Lodbrok, dimostrando una volta di più che la più recente nemesi di Dylan è tra le note più positive della gestione dell’autore romano e meriterebbe una presenza più costante e approfondita sulla testata.

Daniele Bigliardo, dal punto di vista dei disegni, svolge un ottimo lavoro con un uso sapiente ed efficace dei grigi e un’ottima resa dei personaggi ospiti della testata, Harlan su tutti e in special modo nei primi piani – forse in numero troppo elevato – dove rimanda ai lineamenti di Ralph Fiennes, l’attore sul cui aspetto venne all’inizio modellato il personaggio.
Limite di Bigliardo, che però può anche essere rimandato a precise scelte di sceneggiatura, è la raffigurazione di Dampyr e dei suoi due soci in pose “battagliere” slegate completamente dal contesto narrativo di quei passaggi (come durante il dialogo-confronto nello studio di Dylan). Ulteriore sintomo di un uso semplicistico di detti personaggi.

L’indagatore dell’incubo nel folklore

In Dampyr #209 Mauro Boselli sposta l’azione e i protagonisti da Londra a un’isola dell’arcipelago scozzese delle Ebridi.
Come suo solito, lo sceneggiatore milanese cala la storia all’interno dei miti e delle leggende del folklore locale, arricchendola di particolari storici che rendono l’avventura più complessa e stratificata rispetto alla prima parte. Anche Boselli – come gli autori della prima parte – riesce a legare il racconto al quadro più generale dell’affresco narrativo dampyresco, usando l’avventura per portare avanti alcuni fili di trama senza però dimenticare la particolarità di questa avventura data dalla presenza di Dylan Dog.

Ed è proprio l’ottimo e riuscito uso che l’autore fa di Dylan e, ancora di più, di Groucho, a segnare lo scarto di questo segmento conclusivo rispetto alla prima parte della storia. Boselli è completamente a suo agio nella caratterizzazione dell’indagatore dell’incubo e del suo assistente: sfrutta le caratteristiche psicologiche dei due personaggi per farli diventare protagonisti fondamentali per il movimento dell’ingranaggio narrativo, senza ridurli a semplici meccanismi.

Lo sceneggiatore calca molto la mano su un paio di caratteristiche di Dylan, quali la sua insicurezza di fondo e la sua estrema buonafede e fiducia nelle persone, o mostri che dir si voglia. Da qui deriva l’agire “ondivago” del personaggio soprattutto verso il finale del racconto, dibattuto dal dubbio sulle vere intenzioni di Lodbrok. La particolarità che Boselli riesce poi a donare a Groucho, rispetto ai poteri dei Maestri della notte, è un piccolo tocco da maestro, perfettamente coerente con il carattere e le caratteristiche del personaggio che, come nella prima parte della storia, appare riuscito come raramente è dato di leggere.

A ciò si aggiunga, tra le note positive, la solita capacità dell’autore di creare un cast di comprimari efficace, variegato e mai banale, la padronanza con la quale rende Lodbrok un personaggio profondo e complesso e l’invenzione di trasformare le “armi di distruzione di massa” in mano a quest’ultimo in un qualcosa di inaspettato ma al contempo di assolutamente coerente con il significato che a esse può essere attribuito. Tra le note negative c’è la solita prolissità e verbosità che in alcuni passaggi si impossessa della mano boselliana e che appesantisce un po’ troppo alcune sequenze.

Tutto ciò fa della seconda parte, se non la più riuscita del crossover, certo la più interessante. A ciò contribuisce senza dubbio anche il segno di Bruno Brindisi (che fa di questa doppia storia, dal punto di vista grafico, una creatura della cosiddetta “scuola salernitana”), anch’egli efficace nell’uso dei toni di grigio e bravo nell’assecondare le scelte di sceneggiatura di Boselli, alcune non semplici come la doppia splashpage contenuta nell’albo. Brindisi illustra la sequenza in questione con una maestria che rende perfettamente il pathos e la tragedia che quel passaggio narrativo vuole trasmettere.
Passaggio che, se letto alla luce delle parole che aprono questa recensione, pare quasi un gioco meta testuale di Boselli (di più non diciamo per non togliere il gusto della lettura).

Il crossover tra Dylan Dog e Dampyr è dunque una storia che senza dubbio può essere apprezzata dagli appassionati di quest’ultimo, essendo come già detto una storia molto più vicina agli stilemi dampyreschi piuttosto che dylandoghiani in entrambe le sue parti. Ma i lettori dell’Indagatore dell’incubo possono comunque godere dell’avventura anche se, all’asciutto del mondo di Dampyr, non possono cogliere a pieno tutti i riferimenti presenti nella seconda parte. In compenso, proprio in essa, possono trovare una bella interpretazione di Dylan e Groucho e la capacità di Boselli di lasciare la porta aperta a un seguito.

Resta il dubbio che forse una maggiore interazione tra gli autori coinvolti (perché John Ghost scompare completamente nella seconda parte della storia? Dal punto di vista narrativo legato al particolare della storia raccontata, ha poco senso), avrebbe reso ancora più riuscita un’avventura comunque ben scritta e realizzata.

Abbiamo parlato di:
Dylan Dog #371 – Arriva il Dampyr
Roberto Recchioni, Giulio Antonio Gualtieri, Daniele Bigliardo
Sergio Bonelli Editore, luglio 2017
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 3,50 €

Dampyr #209 – L’indagatore dell’incubo
Mauro Boselli, Bruno Brindisi
Sergio Bonelli Editore, agosto 2017
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 3,50 €
ISSN: 977159000200260209

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