Dampyr in Bollywood: le urla nel cinema muto

Dampyr in Bollywood: le urla nel cinema muto

Giorgio Giusfredi e Michele Cropera portano il Dampyr Harlan Draka sulle tracce del vecchio nemico Alexis Musuraka, in una Hollywood da incubo.

Bloodywood, il numero 204 di Dampyr, si ricollega alle vicende di un antagonista storico della serie, il maestro della notte Alexis Musuraka, regista e vampiro.
Capiamo fin dalla bella cover di Enea Riboldi –come di rado succede in Bonelli, senza personaggi – che il tema centrale è il metacinema, una riflessione sul “gemello diverso” del fumetto.

L’Hollywood underground dei vampiri, infatti, usa anche il bisturi per sfornare meravigliosi immortali identici ai vip del passato, facendoci pensare a un gioiellino di Robert Zemeckis come La morte ti fa bella, dove troviamo satira della chirurgia e tema sovrannaturale.

Nella storia di Giorgio Giusfredi – soggetto e sceneggiatura – il metacinema si intreccia così col metafumetto, come evidente nella pagina con il titolo, dove vediamo le vicende passate di Harlan Draka, il Dampyr, nella mise en abime dello schermo cinematografico.
Ad esempio, nell’introduzione ambientata nel 1949, il ruolo della vampira seduttrice è affidata a una copia perfetta di Louise Brooks: diva degli anni Venti e Trenta, modello della Valentina di Guido Crepax e della Petra Cherie di Attilio Micheluzzi.

I disegni di Michele Cropera, tradizionali ma efficaci, ricordano in qualcosa lo stile del compianto Steve Dillon, e contribuiscono a evocare un’atmosfera vagamente antiquata, come una vecchia pellicola; l’impostazione di tavola nel senso della tradizionale gabbia bonelliana contribuisce a questo effetto retrò, intenzionale o meno che sia.

La trama prosegue così ripercorrendo con consumato mestiere i luoghi comuni un po’ usurati della Hollywood Babylon di Kenneth Anger, accompagnati da un inevitabile tripudio di citazioni filmiche.  Abbiamo la visita al giornalaccio (e, tramite il sottoposto ciccione, si cita in modo forse un po’ gratuito il New Frontiersman di Watchmen), la festa in maschera vagamente alla Eyes Wide Shut, e così via.

La mescolanza di due luoghi comuni come il fascino del cinema retrò e il disgusto del film snuff (i due estremi con cui viene citato più frequentemente il cinema, all’interno del fumetto horror) produce la componente più genuinamente disturbante della storia.
Jack Foley, il giovane emulo di Musuraka, ha un nome che deriva dal primo grande maestro degli effetti sonori (si parla infatti di Foley Artist, per antonomasia): ironia che sottolinea la differenza cruciale tra cinema e fumetto, forse più ancora che la differente sequenzialità, mobile e immobile.

Lo scontro finale si conclude con i fuochi d’artificio di un tripudio di rimandi e situazioni cinematografiche, indulgendo maggiormente a spettacolari splash page rispetto al resto della trama; viene anche introdotto qualche elemento nuovo per la caratteristica continuity dampyriana. In conclusione, un albo efficace nel catturare una scintilla della magia delle star della vecchia Hollywood e portarla nel “cinema su carta” di prattiana memoria, anche grazie all’eterno funzionamento dell’effetto nostalgia.

Abbiamo parlato di:
Dampyr 204 – Bloodywood
Giorgio Giusfredi, Michele Cropera
Sergio Bonelli Editore, marzo 2017
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 3,20 €
ISSN: 977159000200270204

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *