Della materia di cui sono fatti i sogni: la Tempesta di Shakespeare e De Luca.
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Della materia di cui sono fatti i sogni: la Tempesta di Shakespeare e De Luca.

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La tempesta (1610 c.) di Shakespeare è considerata l’ultima opera del massimo autore inglese, in qualche modo con anche una valenza di testamento spirituale. Nell’ambito dell’adattamento fumettistico, specialmente italiano, La tempesta è anche il primo di tre adattamenti shakespeariani realizzati da Gianni De Luca, un maestro del fumetto italiano che andrebbe forse riscoperto.

De Luca era nato a Gagliato, nei pressi di Catanzaro, nel 1924, si trasferisce a Roma con la famiglia nel 1933. Frequenta poi l’artistico e quindi avvia architettura, per poi interrompere e dedicarsi all’illustrazione e al fumetto. Nel 1947 inizia la sua collaborazione col Vittorioso, storico giornale a fumetti di ispirazione cattolica; nel 1953 inizia a collaborare anche col Giornalino, che negli anni seguenti raccoglierà il testimone del Vitt diventando la principale testata a fumetti di quell’area. Forse il fatto di operare pressoché esclusivamente in quest’ambito contribuì a una certa marginalizzazione dell’importanza di De Luca nell’ambito del fumetto italiano: ed è un peccato, perché il suo lavoro è di indubbia, seminale rilevanza.

La tempesta appare sul Giornalino il 5 ottobre 1975. Autore della sceneggiatura è Raoul Traverso (1915-1993), sceneggiatore genovese (qui una ampia scheda del suo lavoro) che lo firma con lo pseudonimo di Sigma.

Il suo nome è in parte stato eclissato da quello di De Luca nella fama di quest’opera, anche perché a De Luca si attribuisce, fin dagli esordi, il merito di aver creato una innovativa impostazione di tavola al di là delle indicazioni dello sceneggiatore (si veda ad esempio quanto si dice qui, sull’Amleto, citando una recensione critica coeva al fumetto, di Gianni Brunoro)

Nell’intervista che precede sul Giornalino la pubblicazione dell’opera, condotta dal direttore Tommaso Mastrandrea, è del resto De Luca a rispondere sulle questioni di adattamento visivo, come scelte sue, mentre Sigma parla in termini più generali e letterari.

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Emergono subito alcuni spunti importanti. Innanzitutto, la centralità del riferimento al teatro: De Luca si dichiara consapevole di adattare un’opera teatrale, non puramente letteraria. In questo, la scelta dello sceneggiatore pare andare in un senso lievemente diverso, perché decide di dipanare gli eventi della fabula in ordine cronologico, invece di seguire passo passo l’intreccio. La variazione è notevole in questo caso, perché la gran parte degli eventi, nella Tempesta, sono già accaduti quando inizia il dramma, con il secondo naufragio dei nemici di Prospero, e vengono rievocati dai vari personaggi nel dipanarsi dell’opera.

Se da un lato riconosce e studia lo specifico teatrale, De Luca però compie anche una significativa rivendicazione di uno specifico del fumetto rispetto al teatro, senza alcuna sudditanza culturale (“parliamo di alcuni pregi del fumetto rispetto al teatro”). In particolare, De Luca rivendica la forza dinamica, da “sequenze cinematografiche” del fumetto (oggi diremmo, il suo essere arte sequenziale), mentre la scelta di rottura della griglia tradizionale della striscia è esplicitamente ricondotta alla volontà di riprodurre il palcoscenico e il gesto attoriale.

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Il fumetto inizia quindi, come preannunciato, come una serie di grandi splash pages, al cui interno i personaggi si muovono come se fossero attori che deambulano sulla scena teatrale. Anche quando la scena non è unitaria, come nel caso soprastante, si cerca di ricondurla a una sorta di unità grafica, se non strettamente spaziale.

La cosa è particolarmente adeguata non solo al teatro, riproducendo come ha detto l’autore una scena teatrale di carta sulla tavola; ma anche al teatro shakespeariano in particolare, e massimamente alla Tempesta, in quanto la scansione in vignette della tavola di fumetto è funzionale a darci la scansione del tempo (vedi gli studi di Scott McCloud), e nell’annullarla, pur restando leggibile, l’autore sembra cancellare in fondo un comune senso di processione temporale. Un effetto quasi subliminale, ma perfetto a rendere l’atmosfera onirica tipica soprattutto di quest’ultima opera del bardo inglese.

Oltre questa radicale innovazione nella composizione di tavola, funzionale alle esigenze narrative del testo teatrale e rivoluzionaria sulla scena del fumetto italiano, colpisce infatti come la fedeltà alla trama non nasconda gli elementi che renderebbero La tempesta uno dei testi meno adatti per il Giornalino dei Paolini (essendo oltretutto vastissima la scelta di opere altrettanto note e valide dell’autore).Essa infatti è l’opera in cui il sottotesto alchemico e astrologico di Shakespeare è più evidente. Intendiamoci: in Shakespeare, ciò non contraddice il suo inserirsi in un contesto comunque cristiano (ben ribadito nell’introduzione del Giornalino, tra l’altro); ma la cosa è compatibile, nella cultura rinascimentale, con un apprezzamento della cultura esoterica. Quindi non fa problema che Prospero, l’eroe positivo del dramma, sia l’archetipo stesso del Mago del Rinascimento, esplicitamente dedito alle “scienze occulte”: il suo nome, beneaugurale, è affine a quello del Faustus di Marlowe (“fausto”, ovvero “propizio”, già nella magia romana) e poi di Goethe. Del resto il Giornalino ospitava – fino agli anni ’80 inclusi – una rubrica con l’oroscopo, abbandonata solo più tardi; e De Luca aveva esordito, nel lontano 1947, sul Vittorioso, adattando Il mago Da Vinci (opera oggi introvabile, di cui è difficile valutare quanto il misticismo di Leonardo, poi sfruttato ai nostri giorni da Dan Brown, fosse o meno una pura figura retorica).

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L’uso ordinario, nella narrazione, di questa splash page teatrale, come potremmo definirla, ingenera un curioso paradosso: che una scena drammatica è sottolineata, in De Luca, dal passaggio a una scena fumettisticamente suddivisa, come nel finale della prima puntata, dove il la drammaticità del primo naufragio, quello di Prospero, è reso evidente dal taglio orizzontale a lunghezze diseguali, concitato. Avviene così l’opposto dell’odierno uso bonelliano della splash page, che con la sua rarità sottolinea la forza di una singola scena.

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La consapevolezza nell’uso della sequenzialità del medium è resa evidente dal fatto che la scansione verticale ritorna in occasione del secondo naufragio, di nuovo a spezzare una lunga sequenza di splash pages (ovviamente, il peregrinare degli “attori disegnati” sulla scena rende segmentabili queste tavole in potenziali vignette; ma De Luca trova sempre il modo di sottolinearne anche la forte fusione grafica). Anche il fatto che Prospero – avvolto dal mantello astrale del mago – tagli le sequenze acquista ancora più forza, essendo la scansione in vignette rara (la cosa sottolinea implicitamente la sua statura sovra-naturale che ha acquisito con lo studio delle arti occulte).

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La scansione in vignette a taglio orizzontale ritorna solo più nel finale, quando Prospero rinuncia del tutto ai propositi di vendetta e scioglie benevolmente tutte le vicende, ponendo fine alla “tempesta” simbolica del dissidio famigliare. In un giornale cattolico per ragazzi, appare singolare la scelta della sua raffigurazione: Prospero sembra quasi cristologico nel taglio della barba, dei capelli, nelle posture benedicenti e ieratiche, nella centralità che assume nelle due vignette (in parallelo con un albero posto similmente in posizione fortemente simbolica).

La potenza del linguaggio messa in scena da De Luca è di una forza sorprendente; non vi è una singola tavola che sia assimilabile alle griglie classiche italiane e francesi cui anche il Giornalino, a grandi linee, si adeguava. L’innovazione prodotta è però “fuori scala” e non verrà recepita da altri autori, restando un tratto eccezionale di De Luca. Solo in tempi più recenti, in qualche modo, le innovazioni del linguaggio da lui proposte stanno trovando terreno fertile nel fumetto “popolare” (uso il termine per una distinzione di tipologia editoriale di prodotto, non come indicatore di minore o maggiore qualità).

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Un omaggio a De Luca appare ad esempio in Mater Dolorosa, l’albo del trentennale di Dylan Dog, ad opera di Roberto Recchioni per i disegni di Gigi Cavenago. A De Luca è ispirato lo stilema della doppia splash conclusiva, dove il movimento del corpo di Dylan (ma anche quello delle donne da lui amate, così simili) ricorda le movenze dei personaggi shakespeariani della Tempesta. Siamo del resto anche qui nel ‘600, e una tempesta sta per far naufragare un mago e la sua famiglia, avviando una serie di eventi che si chiuderanno solo in un altro “naufragio”, che porterà ad una alchemica riconciliazione (volendo, tutto il fumetto di Dylan Dog è rinchiudibile in questa “tempesta” che ne è l’alpha e l’omega, vicenda iniziale e finale).

E questo omaggio a De Luca, in fondo, è una testimonianza di quanto la Tempesta e tutto il suo ciclo shakespeariano siano ancora oggi un’importante riferimento per il fumetto, italiano e non solo.

*

Questi nostri attori erano spiriti, e tutti si sono dissolti nell’aria, nell’aria sottile come loro. E come il fragile edificio di queste tavole, si dissolveranno un giorno le torri orgogliose che toccano con la loro cima le nubi, gli splendidi palazzi e i templi solenni – si dissolverà lo stesso globo immenso della terra, con tutta la vita che contiene. E come questo spettacolo senza realtà che ora è svanito, tutto il mondo scomparirà nel nulla senza lasciare dietro di sé neppure il vapore di una nube. Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, e la nostra breve vita è conclusa da un sonno.

7 thoughts on “Della materia di cui sono fatti i sogni: la Tempesta di Shakespeare e De Luca.

  1. Tutti gli adattamenti fatti da De Luca dell’opera del grande Bardo sono straordinari (sono sicuro che ci tornerai sopra). A proposito de “La tempesta” mi permetto di ricordare un’altra versione totalmente diversa, con i testi di Norberto Buscaglia e i disegni di Cristina Breccia. In Italia venne pubblicata su Comic Art qualche anno fa.
    Sul suo blog dell’autrice qualche tavola.

    http://cristinabreccia.blogspot.it/2014/08/la-tempestad.html

    Tanto per ribadire quante forme diverse può assumere la materia di cui sono fatti i sogni.

    1. Grazie del tuo contributo sempre prezioso.
      Sì, questo è il primo di una serie di tre, e concordo sulla loro eccezionalità: sono a mio avviso le opere fondanti dell’adattamento letterario “moderno” nel fumetto italiano. Sembra interessante anche la versione di Buscaglia e C. Breccia; la potenza di Shakespeare e del grande teatro è forse anche in questa grandissima apertura all’interpretazione. Di Buscaglia ho in programma di parlare, prima o poi, dei Miti di Chtulu, disegnati sempre da Breccia, ma Alberto.

  2. Sono molto contento di questo articolo, anche io nel mio blog ho affrontato il Romeo e Giulietta di De Luca e sono convinto che tutta la serie debba meritare molta più attenzione.
    Complimenti per il blog sempre interessante

    1. Grazie, molto interessante anche la tua recensione. Concordo, De Luca è un autore da riscoprire; a breve conto di affrontare anche gli altri due adattamenti shakespeariani. Molto bello anche il tuo blog letterario, aggiunto tra i preferiti!

      1. Attendo il commento sugli altri adattamenti dove forse De Luca ha spinto ancora più il piede sull’acceleratore. E’ un piacere e un onore sapere che ci segui. A presto!

  3. Hai proprio ragione, Lorenzo, quando affermi che purtroppo solo in tempi recenti il lavoro di De Luca pare avere “attecchito” nel terreno del fumetto popolare italiano.
    “Nemo propheta in patria”, avrebbero detto i latini, anche se è di consolazione sapere che un grande del fumetto statunitense come Frank Miller proprio alla lezione del De Luca shakespeariano (e di seguito, del Commissario Spada) abbia guardato per realizzare un’opera come Elektra Lives Again e che un critico di fama come il britannico Paul Gravett gli abbia dedicato un articolo molto interessante che può essere letto qui: http://www.paulgravett.com/articles/article/gianni_de_luca_hamlet

    1. Grazie mille, ottimo contributo! Sì, è curioso che per riscoprire De Luca ci siano voluti 40 anni, e quasi più passando, per certi versi, tramite il recupero di Frank Miller. Davvero interessanti, ovviamente, le considerazioni di Paul Gravett.

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