A.D. After Death: curare la morte uccide la vita

A.D. After Death: curare la morte uccide la vita

A.D. After Death è una trilogia scritta da Scott Snyder e disegnata da Jeff Lemire: un’ occasione mancata per un’opera dalle importanti premesse, con molte idee, altrettanta poesia ma poca struttura.

Prima di raccontare di Vampiri Americani e Pipistrelli a Gotham City, Scott Snyder riscuote un certo successo con la raccolta di romanzi brevi Voodoo Heart, viene notato da Stephen King con il quale inizia una proficua collaborazione e insegna scrittura creativa alla Columbia University.

A.D. After Death, miniserie Image proposta in Italia da Bao Pubblishing, è il tentativo di creare un ponte tra i due media con cui l’autore statunitense si è misurato negli ultimi dieci anni. Pagine di prosa si alternano equamente a pagine di fumetto, concentrandosi da un lato sugli eventi passati, dall’altro sul presente distopico: un mondo nel quale è stata clinicamente trovata la Cura per la morte.

Lo sceneggiatore sceglie l’espediente narrativo del diario per raccontare in prima persona la vita di Jonah Cooke, tormentato protagonista di una vicenda prevalentemente interiore che si dipana dall’adolescenza a un’infinita età adulta, esplorando le drammatiche ragioni che lo hanno spinto a sottoporsi alla Cura, fino al successivo rifiuto della stessa.

Le parti in prosa sono indubbiamente le migliori per qualità della scrittura; tuttavia la lettura è costretta a subire un flusso di coscienza troppo spesso diluito con divagazioni funzionali non tanto alla trama quanto alla definizione di personaggi inevitabilmente destinati a prevalere su un intreccio a tratti confuso.

Perdita, fuga e memoria sono il fulcro delle lunghe digressioni di Jonah Cooke, costretto ad annotare i momenti chiave del suo passato perché consapevole che prima o poi sarebbero andati persi nell’infinito tempo a sua disposizione.
È la consacrazione del potere salvifico della scrittura, custode della memoria e dunque della propria identità: “Non ho mai capito se i ricordi siano qualcosa che possediamo o qualcosa che abbiamo perso. – scriveva Bepi Vigna nel n° 29 di Nathan Never – I ricordi sono la nostra vita”.

Torna in Snyder l’idea della morte come momento chiave per definire il senso dell’esistenza stessa: un processo che, come nella poetica sclaviana, passando dalla paura giunge alla serena accettazione, all’urgenza della fine di tutte le cose.

Suddiviso in tre atti, il racconto propone molteplici elementi, anche visivi, che trovano ragione e spiegazione nell’ultimo capitolo: una circolarità tra passato e presente a tratti soddisfacente, ma spesso caotica e lacunosa, frammentaria. Come ricordi lontani, verrebbe da dire, ma non c’è un alcun esplicito proposito meta-narrativo.
Potrebbero per altro essere ascrivibili al tentativo di sciogliere questi snodi, altrimenti macchinosi, alcune importanti ingerenze della traduzione sul testo originale, d’altra parte confermando la dichiarazione di intenti dello stesso Michele Foschini: fondamentale non tradire le intenzioni del testo originale, ma altrettanto importante non costringere mai chi legge a domandarsi “Cosa diavolo voleva dire?”.1

È accennato di sfuggita, lasciato quasi sottointeso, l’impatto della Cura sul tessuto sociale, un aspetto che meritava di essere approfondito per meglio contestualizzare la geografia del mondo post-mortem in cui Jonah Cooke si ritrova a lottare.

Jeff Lemire è il solito Jeff Lemire: nelle pagine a fumetto il suo tratto è indie, essenziale, spigoloso e nervoso. Le linee dei volti, come sempre, sono espressive ed empatiche. Questa volta lo si vede particolarmente a suo agio con una paletta cromatica estremamente variegata, su pagine macchiate e ingiallite dal tempo.
Sono invece pleonastiche le illustrazioni che accompagnano le parti in prosa, poiché in esse il disegnatore canadese si limita a visualizzare il racconto senza nulla aggiungere.
Anche in questo caso si ha la sensazione che sembra essersi sprecata l’occasione per poter dire qualcosa in più.

Perché davvero è difficile restare indifferenti alle potenzialità del soggetto che i due autori avevano in mano: un’infinita opportunità di spunti etici e filosofici su cui indagare, l’occasione per raccontare l’individuo nella società e affondare il coltello nella deriva delle prospettive esistenziali.
Eppure, inspiegabilmente, hanno scelto di essere innocui.

Abbiamo parlato di:
A.D. After Death
Scott Snyder, Jeff Lemire
Traduzione di Michele Foschini
Bao, Novembre 2017
256 pagine, cartonato, colori – 22,00 €
ISBN: 9788865439302


  1. “Tradurre le emozioni – A beginner’s guide” di Michele Foschini, dal blog di Bao Publishing, itipidibao.wordpress.com/2017/03/02/tradurre-le-emozion-a-beginners-guide  

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