di Joann Sfar
001 Edizioni – 192 pag. b/n bros. – 21,00euro
Julius Pinkas, detto Pascin, pittore bulgaro che ha camminato tra i grandi artisti a cavallo della fine dell’Ottocento a Parigi, alcolizzato, grande amatore, anti-moralista ma posseduto da una morale tutta artistica e anarchica, è raccontato da Sfar nel volume Pascin attraverso una serie impietosa e splendida di episodi di vita verosimili. L’invenzione dell’autore francese, qui al massimo della forma, è quella di non raccontare una vera biografia del pittore ma di inventare episodi di vita che catturano lo spirito e l’indole del pittore stesso. Una prova che spesso sembra partire dai dipinti di Pascin, di cui Sfar, senza alcun intento didascalico, riproduce scene che diventano istantanee di vita. Il tratto di Pascin era lontanissimo da quello dei suoi contemporanei più celebri, pur riprendendone per certi versi la ricerca sintentica, ma è vicinissimo a quello di Sfar che, attraverso un vero e proprio processo di mimesi tecnica e psicologica, ne sembra fedele prosecutore. I temi affrontati sono la sessualità, l’intimità con le donne e con la propria madre, la rivalità e l’amore per il padre (scopi meglio di tuo padre!), l’arte, l’affermazione di sé, l’alcolismo. Pascin morirà suicida, dopo una vita sregolata e totalizzante. Sfar ci restituisce con forza l’immagine di un artista e di un periodo culturale e sociale irripetibili, che sono passati come una meteora lasciando una scia lunghissima. (Guglielmo Nigro)

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